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Tokyo Twilight Ghost Hunters – Who you gonna call? Gate Keepers!

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Se Ghostbuster avesse una controparte nipponica ambientata al giorno d’oggi, probabilmente condividerebbe molte similitudini con Tokyo Twilight Ghost Hunters. Sviluppato da Arc System Works per PS3 e Vita e distribuito da NIS America, il titolo si premura di continuare a sostenere una portatile Sony sempre più incline ad un pubblico di nicchia, nonché a fomentare ulteriormente la console regina per gli amanti dei JRPG, proponendo un intrigante ibrido tra un gioco di ruolo tattico dalle meccaniche inusuali, e una visual novel interattiva altrettanto bizzarra. Inquietanti apparizioni, fenomeni occulti, combattimenti al buio e imperscrutabili flag: sarà questa la nuova ricetta vincente dell’intrattenimento extrasensoriale videoludico? Scopritelo nella nostra recensione.

tokyo

QUA PUZZA DI ZOLFO…

Tredici capitoli di natura episodica, scanditi in due tempi ben distinti con tanto di opening ed ending a delineare l’inizio e la conclusione di ogni arco. L’infrastruttura di Tokyo Twilight Ghost Hunter riprende moltissimo dai canonici anime stagionali, e pure la storia sembra averne visti parecchi di slice of life a tema supernatural, quel filone talmente popolare in Giappone e ormai così sovrasfruttato da non avere più neanche un’identità ben precisa, che adotta in questo caso un approccio simil-novel, infilandoci nei panni di un protagonista privo di voce e fattezze, animato solo dalle nostre sporadiche decisioni. Il resto è facilmente intuibile: un incontro fortuito (e sgradevole per l’altra parte) con la solita “fiamma” lungo il viale dell’istituto in cui ci siamo appena trasferiti, e un successivo faccia a faccia non così casuale con le forze malvagie di turno all’opera in questa porzione del multiverso orientale e degli improvvisati eroi in borghese incaricati di sgominarle. Grazie al cielo non avremo a che fare con tappette palesemente tsundere e con chiari disturbi della personalità, fattore che rende l’ingresso tra i ranghi dei Gate Keepers più confortevole del previsto. Il nostro ruolo? Lavorare part-time presso la redazione di una nota rivista per i fan dell’occulto, prendendo all’occorrenza atto delle richieste di lavoro smistate sotto banco dal CEO, in cui saremo chiamati a esorcizzare spettri, spiriti maligni, poltergeist e quant’altro infesti il tranquil vivere dei cittadini. Le anime in pena seguono dei pattern ben definiti, si aggirano in specifici luoghi sempre e solo per un determinato lasso di tempo, possono passare attraverso oggetti e pareti, ma non se particolarmente spessi o di ferro, che rappresenta tra l’altro la loro principale debolezza, oltre alla tipica repulsione nei confronti del sacro, come acqua santa, talismani o incenso. Sconfiggerli tuttavia non è sufficiente per permettere loro di trovare la pace, ragion per cui prima di ogni sortita sarà necessario effettuare un sopralluogo, interrogando il committente o i testimoni e analizzando l’area incriminata in cerca di indizi, portando alla luce rancori o rimpianti che potrebbero aver legato il defunto al mondo terreno dopo la sua morte.

In termini di concept, il comparto narrativo del titolo Arc System non è certo dei più originali e la sua tendenza al melodramma è evidente, inoltre fa spesso ricorso a stereotipi per mandare avanti la baracca, ciononostante le lunghe fasi dialogiche si dimostrano tutto sommato scorrevoli e piuttosto godibili, merito di una caratterizzazione dei personaggi non così banale come sembra (almeno nel caso dei protagonisti, buona parte del cast dopo il reclutamento finisce nel dimenticatoio) e alcune vicende niente male, abbastanza elaborate da fornirci diverse conclusioni a seconda del nostro atteggiamento, sebbene sovente si avverta una forte sensazione di déjà vu. A tal proposito, il sistema di flag adottato da Tokyo Twilight è probabilmente tra i più criptici e randomici mai partoriti da mente umana. Generalmente, gli esorcismi che accompagnano la storyline principale sono lineari, andare o meno a fondo della questione è a discrezione del giocatore tramite le immancabili risposte multiple, tuttavia ciò non influenzerà minimamente l’epilogo. A farlo sarà infatti una e una sola azione compiuta nel corso delle indagini, non segnalata, tanto meno identificabile, mediante le “ruote sensoriali” schiaffate occasionalmente a schermo. In pratica verremo messi innanzi a ben cinque icone, apparentemente prive di senso (visto che il gioco manco si premura di fornirci spiegazioni a riguardo), che indicheranno nella prima “trance” lo stato d’animo che vorremmo manifestare in quella circostanza, quindi rabbia, affezione, titubanza, affabilità o tristezza, e successivamente il senso (vista, tatto, quelli insomma) per farlo. Il risultato? Potremmo mordere affettuosamente un compagno di banco, annusare con mestizia il palco di un concerto, porgere l’orecchio con circospezione verso una tomba, o leccare rabbiosamente una presa elettrica, e la cosa incredibile è che nessuno sembrerà dargli troppo peso, eppure queste illuminate conclusioni a dispetto della loro casualità (e stupidità) saranno fondamentali per attivare il proverbiale sesto senso del protagonista e risolvere il caso nel migliore dei modi (per la cronaca, uno degli espedienti prima elencati lo è davvero NdR). Il problema come già accennato è che non avremo modo di sapere quando e come verrà attivato il “trigger”, ergo dovremo procedere a tentoni, rischiando di sprecare parecchio tempo nel rintracciarlo, dato che non è concesso salvare se non tra un intermezzo e l’altro, aspetto alquanto frustrante in una novel. Ovvio, possiamo farne a meno, però così facendo getteremo al vento dettagli preziosi, utili per comprendere la vicenda a 360 gradi, trofei, e persino potenziali acchiappa-fantasmi. Meh…

I DIDN’T SEE THAT COMING…

Conclusi i dovuti accertamenti, è il momento di scendere in campo ed esorcizzare l’invadente fenomeno paranormale di turno non appena deciderà di farsi vivo. Il battle system ricorda quello di un GDR tattico tradizionale, vissuto attraverso il minimale monitor del tablet ouija di Shiga, che ci fornirà indicazioni in tempo reale sugli spostamenti degli spiriti a piede libero, tuttavia le due parti in gioco non agiranno alternandosi come di consueto, bensì nello stesso istante, dopo aver pianificato le proprie mosse. Questo implica che per avere la meglio sugli spettri dovremo imparare a prevedere le loro tattiche, concentrando gli attacchi sulla posizione che crediamo verrà occupata al round successivo, grazie anche alle spie luminose che ci indicheranno se il bersaglio non ci ha ancora notato, è diventato aggressivo o sta battendo in ritirata, soluzione utile sia in attacco che in difesa, in quanto similmente potremo mettere al riparo i compagni feriti, o bloccare fisicamente pertugi e punti di warp (prese elettriche, rubinetti, etc.), ma si rivela un’arma a doppio taglio in caso il fantasma sia particolarmente tenace e decida di confonderci le idee, scorrazzando alla rinfusa o coprendo l’unico tile fuori dalla nostra portata (al limite di un keylogger). A causa di ciò, il livello di difficoltà soffre di picchi improvvisi e alquanto irritanti; gli scontri non possono protrarsi in eterno, dopo un certo numeri di minuti (leggasi turni) l’obiettivo svanirà nel nulla, costringendoci a tornare a casa a mani vuote. Non c’è pertanto tempo da perdere, eppure ogni singola manovra deve essere attentamente ponderata, tenendo in considerazione il risicato numero di punti azione a disposizione, direzione verso cui si è rivolti compresa, e i potenziali danni che causeremo all’ambiente attaccando alla cieca (chi rompe paga); fortunatamente è possibile aiutarsi piazzando prima della sortita gadget come trappole, sensori o barriere di contenimento, in modo da guidare i fantasmi proprio dove vogliamo, ma tutto ha un costo, e basta un attimo per finire sul lastrico.

Una volta presa dimistichezza con le meccaniche la pratica si dimostra piuttosto appagante e il grinding, necessario se si vuole sbarcare il lunario e non essere arati dai boss, agevole grazie alla brevità delle missioni secondarie (sebbene la superficialità dei tutorial renda le prime sessioni un trial and error dissacrante), tuttavia non appena si raggiunge il culmine dell’esperienza come Gate Keeper si tende inevitabilmente ad accorgersi della staticità della formula di gioco, restia ad evolversi nel corso della campagna; certo, il tasso di sfida progressivamente aumenta, e abbiamo accesso a una maggior varietà di skill, equipaggiamenti e terreni di caccia, ma la logica e le metodologie dietro gli esorcismi non si azzarderanno mai a deviare dai binari preimposti, né le caratteristiche dei fantasmi, la morfologia del terreno o le variabili dei combattimenti, e questo è un vero peccato, perché Tokyo Twilight vanta un sacco di frecce al suo arco, ma nessuna che sia sviluppata a dovere. È un discorso che si applica benissimo alla trama, al battle system, persino alla gestione del party o agli elementi di contorno; il sistema di crafting, la crescita del protagonista come ace del gruppo e redattore, la raccolta dei punti, i portafortuna vinti alla lotteria, il curioso gioco da tavolo, c’è tantissima roba su cui mettere le mani, e purtroppo ben poca per cui valga la pena tornarci su dopo un paio di assaggi, più che sufficienti. Una lacuna non da poco, che accentua il fattore ripetitività sulle lunghe e mina gli stimoli per eventuali new game+.

Dal punto di vista tecnico, la funzionale veste grafica di Tokyo Twilight svolge discretamente il suo lavoro, visualizzando chiaramente le informazioni e i testi a schermo (tranne alcune descrizioni un pelo minuscole) senza risultare troppo schematica; modelli poligonali ed effetti speciali di sorta latitano, ma poco da lamentare, trattandosi in fin dei conti di una visual novel; in compenso gli artwork parzialmente animati, realizzati mediante l’engine proprietario dall’azzeccatissimo nomignolo Ghost, sono ben disegnati e ricchi di dettagli. Curiosa l’assenza del doppiaggio, limitato a una manciata di brevi esclamazioni; del tutto inaspettata invece la rockeggiante colonna sonora, che include numerose tracce molto orecchiabili e stranamente in linea con le atmosfere, dagli scanzonati momenti di quiete a quelli più drammatici. Provare per credere!

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