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Le tecniche di sopravvivenza non sono altro che la vita quotidiana di chi popolava queste terre mezzo milione di anni fa. Accendere un fuoco soltanto con dei rami e una pietra, scolpire una punta di freccia, curare una ferita, dormire in una capanna: non sono esclusivamente attività per marines e boyscout, ma un modo realistico di verificare il comportamento degli ominidi che ci hanno preceduto. Qui è possibile imparare tutto ciò.
Da anni ormai è abbastanza comune studiare l'archeologia sperimentale nelle università, ma vi assicuro che entrare in una palafitta preistorica è un'esperienza sempre affascinante, dopo averle osservate per anni sulla carta dei libri. In questo caso è stato portato avanti un lavoro di studio e aggiornamento all'avanguardia. Infatti vengono riproposte diverse soluzioni per le epoche che si sono succedute: un giaciglio paleolitico, una capanna del Bronzo Antico, un'abitazione del Neolitico, una palafitta del Bronzo Medio, ed una casa etrusca. Le piante e i dati ricostruttivi sono tratti da alcuni tra i siti meglio conosciuti (Nola per il Bronzo Antico, Passo Corvo per il Neolitico, le terremare di Modena per il Bronzo Medio) mentre i manufatti e le suppellettili sono ispirate alle località della zona (Grotta Nuova per il BA, il lago di Mezzano per il BM), con un lavoro di continuo aggiornamento che ad esempio porterà a modificare il tetto di una costruzione, grazie a nuovi dati. La casa etrusca invece è stata ricostruita sui dati dell'abitato di lago dell'Accesa, vicino Massa Marittima. È in programma la costruzione di una capanna eneolitica tratta dal sito di Maccarese.
Ciò che colpisce di questa attività sono sostanzialmente due aspetti. Il primo è il lavoro meticoloso sia sul piano scientifico che dell'intrattentimento. Certo, farà storcere un po' il naso ai puristi dell'archeologia, ma bisogna cercare di capire le esigenze del pubblico soddisfacendole con il miglior lavoro scientifico che possiamo offrire. In particolare per l'archeologia della Preistoria è fondamentale offrire qualcosa che non sia solo i buchi di una capanna scomparsa da millenni o degli strumenti litici dietro una vetrina polverosa. Se il Musée de l'Homme di Parigi fa dieci volte i visitatori del Museo Pigorini di Roma, bisogna chiedersi perché (di cui solo un decimo pagante).
Il secondo aspetto è l'imprenditoria privata. Chi ha costruito fisicamente il parco ha operato privatamente, senza l'appoggio fondamentale di enti o istituzioni culturali. Non bisogna avere paura di creare Disneyland della scienza, ma anzi è necessario avvicinarsi al pubblico e offrire un prodotto culturale che soddisfi quella sete di sapere. Senza lasciare spazio (e pubblico) a Voyager o a chi intrattiene con l'esaltazione del nulla, quando la storia - quella vera - è ancora più affascinante. Inoltre il parco ha deciso di puntare concretamente sulla comunicazione digitale: oltre ad un recente blog trip a cui ho partecipato, hanno realizzato un ottimo sito web - ottimizzato anche per la navigazione mobile - e sono presenti sui principali social network. Speriamo che tutto ciò sia d'esempio per gli altri.
Nota: Una settimana fa ho avuto il piacere di partecipare a Wild Blogger, un viaggio organizzato per scoprire il parco archeologico Gli Albori, di cui avete letto poco sopra. Ero l'unico blogger che si occupava di archeologia: se avete voglia di approfondire potete leggere i post e le foto degli altri partecipanti, oppure dare un'occhiata a questo ottimo riassunto su Storify. Le foto sono di Francesca Turchi: qui tutto l'album.
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