Magazine Cultura

Treme [Do You Know What It Means To Miss New Orleans?]

Creato il 31 dicembre 2013 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Creata da David Simon (The Wire, Generation Kill, The Corner, Homicide: Life on the Street) per HBO, 36 episodi, dal 2010 al 2013.

Treme [Do You Know What It Means To Miss New Orleans?]
 
Treme [Do You Know What It Means To Miss New Orleans?]

Treme [Do You Know What It Means To Miss New Orleans?]
Treme [Do You Know What It Means To Miss New Orleans?]

Chiudo l’anno del blog parlando di una delle mie serie tv preferite, serie tv che si è conclusa domenica negli USA, in Italia è ancora inedita e probabilmente rimarrà tale. Scriverò tante cose che negli anni ho letto in giro, non perché voglio farle passare per mie, ma perché sono vere e non c’è modo più giusto per dire quello che dicono.

Ho letto che Treme è la serie migliore che non riesci a far vedere ai tuoi amici. E’ abbastanza vero. Per carità, c’ho provato negli anni a convincere qualcuno ad iniziarla e ci sono anche riuscita, ma non è una serie facile da “vendere”. Per il semplice fatto che è agli antipodi delle serie tv che vanno molto in questo periodo (serie tv che infatti non guardo, un po’ perché sono una snob demmerda, un po’ perché di alieni, vampiri, mostri, dottori, scandali, personaggi che hanno sempre qualcosa da nascondere, etc etc ne ho piene le scatole). Treme è una serie che si basa sui personaggi, non su una trama forte. Alcuni direbbero che non ha una trama e un po’ è vero. O meglio, la trama la creano dei personaggi magnifici ma terribilmente normali nel loro essere eccezionali, la trama è la vita, nulla più.

Ma di cosa parla Treme? Leggo sempre in giro che Treme parla di New Orleans, la vera protagonista della serie. E’ giusto pure questo. Tremé è una specie di quartiere di New Orleans, un quartiere a maggioranza afro americana e creola, un quartiere fatto di musica, di energia, di vita, ma anche di morte e di violenza (è il posto a New Orleans dove l’età media è più bassa, fate un po’ voi). Treme inizia tre mesi dopo l’uragano Katrina (2005) e ci presenta alcuni personaggi di vari colori, mestieri, culture, estrazioni sociali che tentano di ricostruire la propria vita (la propria casa, per Simon “home” è una parola fondamentale) e di andare avanti. Ecco, se dovessi dire di cosa parla direi che parla di persone che contro ogni avversità lottano con una volontà e una tenacia invidiabili, sempre sospinti da quella forza che solo l’ottimismo e la fiducia nella vita sanno darti. Simon ci piazza a New Orleans in medias res (come fa sempre, d’altronde), non ci sono introduzioni, spiegoni, presentazioni, mette il nostro sguardo dove vuole lui e ci dice di osservare, perché per capire non servono tante parole, basta anche solo guardare e ascoltare. Sì, è una serie da guardare e da ascoltare, la musica è parte preponderante della serie, la musica quella dei locali, delle bande, delle second line, della strada. E’ soprattutto jazz ma non solo. Guardate, a me il jazz non piace particolarmente, non riuscirei ad ascoltare un cd intero di solo jazz. Ma guardare la musica è diverso, e Treme te la fa vedere con un’intensità e un amore che i gusti che avevi prima vanno tranquillamente a farsi benedire.

I protagonisti sono persone normali. Una cuoca, una violinista, altri musicisti, un avvocato, la proprietaria di un bar, un attivista politico, un poliziotto, un dj un po’ matto, un capo indiano (gli indiani del Mardi Gras, per maggior informazioni click). Persone appunto, vi assicuro che difficilmente troverete dei personaggi così veri e simili a noi in una serie tv. Non esiste l’out of character, non ci sono comportamenti saltati fuori dal nulla o esagerati, non ti viene mai da dire “Ma dai, la gente normale non reagisce così”, proprio perché sono persone comuni, eccezionali nel loro piccolo ma comuni, come molti di voi. La trama? Queste persone appunto. La cuoca ha perso il ristorante dopo l’uragano, il capo indiano e la famiglia hanno perso la casa, l’avvocato ha la scrivania piena di reclami contro la polizia violenta e incivile, i musicisti suonano, vivono. Semplicemente.

Per alcuni questo è poco. Per me è tanto. Non lo so, dipende da voi. A me non interessano i colpi di scena, i cliffhanger, non mi piacciono le cose eccessivamente ritmate o adrenaliniche, non è quello che voglio e che cerco. Ho notato che gli spettatori di Treme si dividono in due categorie: quelli che l’hanno abbandonata a metà del pilota per noia e quelli che l’hanno amata profondamente da subito e hanno continuato ad amarla fino alla fine. E’ una serie da apprezzare con occhi, orecchie ma soprattutto con cuore. Sì, è una serie che ti entra nel cuore, o ti innamori o niente, faccio molta fatica ad intravedere mezze misure.

Ho letto in giro che a New Orleans nulla muore mai davvero, tutto vive e rivive. E’ vero pure questo. Sembra una città che non riesce ad essere fermata, come la sua musica, la sua forza. E infatti ieri ho accolto il finale (di cui non parlerò, per ovvi motivi) anche con questo spirito, tra le lacrime certamente, ma anche con il sorriso e con quella bella sensazione che Treme ti lascia sempre. E’ una serie che fa star bene, che rasserena. E che mi mancherà moltissimo.

Do you know how sometimes, you hear a song that you’ve heard a million times before, and maybe you’re even tired of hearing it… but this time… maybe because of something you’ve been through or maybe because of something you now understand, you hear that song again… maybe it’s a new version, maybe not… But you realize that there’s a fresh world in there to be heard? Yeah. Me, too.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines