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Trolls e orchi

Creato il 13 agosto 2011 da Patrizia Poli @tartina

I trolls (”vagabondi” nell’edizione italiana) sono presenti nell’opera solo perché facevano parte di The Hobbit.  Tolkien sembra incapace di rinunciare a qualche elemento del suo mondo secondario, tuttavia si rende conto che i brutti omaccioni di pietra non sono molto credibili perciò in The Lord of the Rings  ne limita “l’uso” a fugaci apparizioni.

Gli Orchi non hanno nulla a che vedere con gli orchi delle fiabe popolari, i quali, di solito, hanno mogli umane e si cibano di bambini grassottelli.  Quella di Tolkien è una razza prolifica, allevata tramite incroci genetici come macchina da guerra.  Paul Kocher, in Master of Middle Earth, del 1972, si sforza di dimostrare che gli Orchi non sono completamente malvagi.  Cercare di dimostrare ciò, significa snaturare il libro che mira alla rappresentazione del male completo, incarnato, operante.

  Nella conferenza Beowulf; the Monsters and the Critics, del 1936, Tolkien aveva rivalutato la figura mitica del drago in quanto potente rappresentazione di assoluta malvagità.  Come il drago, gli Orchi non sono “angeli caduti”, ma bestiacce schifose che è nobile e giusto uccidere.  L’assassinio di un orco suscita la stesso rimorso della soppressione di una zanzara.  C’è anzi una notevole dose di compiacimento nella descrizione di un massacro di Orchi.

Oltre ad avere rielaborato in modo personale le caratteristiche dei tipici personaggi fiabeschi, Tolkien li ha riempiti di contenuto umano.  Di solito, nelle fiabe, veniamo a sapere ben poco dei problemi e dei conflitti interiori della fata madrina di Cenerentola, del mago de Il libriccino magico, o dei nani di Biancaneve.  In the Lord of the Rings, invece, ogni personaggio, per quanto schematico, ha una sua psicologia.

 Gimli il nano rappresenta la sua razza ma anche se stesso.  ” Un “uomo” che matura durante il viaggio iniziatico, rinuncia ai propri pregiudizi, impara ad amare gli Elfi, rinnega la cupidigia dei suoi avi: “over you gold shall have no dominion” gli predice Galadriel.

Galadriel, la fata, non è una santa, ma una donna che combatte una lotta contro se stessa per non cedere alla tentazione di accettare l’anello che Frodo le offre.

I do not deny that my heart has greatly desired what you offer.  For many long years I had pondered what I might do, should the great Ring come into my hands (…) and now at last it comes.  You will give me the Ring freely!  In place of the Dark Lord you will set up a queen.  And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the morning and the night!  Fair as the sea and the sun and the snow upon the mountain!  Dreadful as the storm and the lightning!  Stronger than the foundations of the earth.  All shall love and despair! She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark.  She stood before Frodo, seeming now tall beyond measurament, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! She was shrunken.  A slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.  “I pass the test”, she said.  “I will diminish, and go into the west, and remain Galadriel.

continua…


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