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Troppo Amici: l’Importanza della Famiglia

Creato il 12 giugno 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Sabrina Portale 12 giugno 2013 Troppo Amici: l’Importanza della Famiglia

Cos’è al giorno d’oggi la famiglia? Esiste ancora? Ha senso parlarne? Come definirla? Queste le domande che hanno ispirato Troppo amici. Proprio la famiglia è il perno attorno a cui ruota la commedia scritta e diretta dalla “premiata ditta” Eric Toledano ed Olivier Nakache. Dopo Quasi amici scontato che venisse distribuita anche la pellicola precedente dei due registi francesi, realizzata nel 2009. Il titolo italiano è stato “aggiustato” ad hoc per catalizzare l’attenzione dopo il grande successo avuto dal lungometraggio del 2011 (infatti l’originale Tellement proches tradotto più letteralmente diventa Tanto vicini). In realtà i due film in comune non hanno nulla. Dunque al centro della sceneggiatura la famiglia, croce e delizia di ognuno di noi, fonte di gioia ma anche di divisioni, incomprensioni, stress; nella pellicola protagonista è una famiglia anomala, colorata, molto simile a quelle dei nostri giorni, “aggregazioni” in cui spesso dominano l’incomunicabilità, l’ipocrisia, la competizione tra i figli, tra i cognati, dove ci si preoccupa di piacere più agli altri che curarsi di se stessi; i due registi, ispirandosi alla propria tranche de vie quotidiana, ci presentano un nucleo familiare in crisi, status symbol di questi anni. Con quest’opera, Toledano e Nakache, proponendo situazioni spesso al confine del reale e volutamente estremizzate, mirano inizialmente a dissacrare questa istituzione, ma, nel corso del film, ne dimostrano l’importanza, ci spiegano che è tutto, che non se ne può far a meno e che parlando e condividendo certi interessi e situazioni, i dissapori e le ritrosie possono essere superate, perché il richiamo della famiglia è troppo forte.

Troppo Amici: l’Importanza della Famiglia

I Marciano sono i protagonisti di Tellement proches; Alain Marciano, il capofamiglia, è uno spiantato, un immaturo che non riesce a tenersi un lavoro. Insoddisfatto perché non ha potuto realizzare i suoi sogni, è sposato con Nathalie da cui ha avuto due figli, uno dei quali insopportabilmente iperattivo e snervante. Nathalie è indissolubilmente legata a suo fratello Jean-Pierre e alla sorella minore Roxane; questo legame infastidisce il marito il quale una famiglia vera non l’ha mai avuta e forse questa mancanza è alla base della sua “immaturità”. Alain ripete per ben due volte, nel corso di vari e urlati litigi con la moglie, che i tre fratelli son fin troppo parenti e dunque troppo amici, propone l’immagine della cozza attaccata allo scoglio perché i tre si aiutano a vicenda, intromettendosi a turno nelle vite degli altri. La situazione arriva all’estremo quando i due protagonisti vengono invitati a cena da Jean-Pierre, un avvocato frustrato che non ha fatto carriera, sposato con Catherine, una donna paranoica che cerca di essere ebrea, finendo paradossalmente col diventarlo; per l’occasione è ovviamente presente anche Roxane che scaraventa in mezzo ai parenti Bruno, un ragazzo di colore appena conosciuto.

Segue la parte più divertente, dove vengono presentati tutti i cliché relativi agli ebrei e alle persone di colore; Bruno, ad esempio, viene scambiato sempre per un infermiere e mai considerato un medico; da ricordare anche l’episodio che vede Nathalie nascondere in casa sua una famiglia di clandestini pakistani: la donna agisce per ripicca nei confronti del marito che è andato via dalla loro abitazione per rifugiarsi dal suo bizzarro padre. La vis comica, unita alla carica emozionale, è il punto di forza della pellicola. Nel finale emerge la sensibilità dei due registi; l’happy end è scontato, ma colpisce la resa del rapporto tra padre e figlio. Tutto si ricompone, si prende coscienza che «alla fine quando sposi una donna sposi tutta la sua famiglia». A rendere vincente il film è sicuramente un cast, ben assortito e convincente anche nei comprimari, in cui spiccano Omar Sy (Bruno), Vincent Elbaz (Alain), Isabelle Carré (Nathalie), François-Xavier Demaison (Jean-Pierre) e Audrey Dana (Catherine). In conclusione, una commedia brillante realizzata con ironia garbata, nulla a che vedere con i nostri “cinepanettoni” o “cineombrelloni”. Un’opera che offre più di uno spunto di riflessione da guardare, neanche a dirlo, insieme ai vostri parenti più cari.

Troppo Amici: l’Importanza della Famiglia


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