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True Detective #3 & #4

Creato il 11 ottobre 2014 da Paolo_ottomano @cinemastino

True-Detective-McConaugheySin dalla prima sequenza della terza puntata si respira un po’ di più, rispetto ai primi due episodi: l’atmosfera, infatti, si alleggerisce grazie al commento musicale che imposta il tono più scanzonato (passatemi l’espressione) di tutta la vicenda. Indagini, delitti, affreschi della scena del crimine sulle pareti di una vecchia chiesa abbandonata, predicatori vaganti.

Proprio così: il conflitto tra fede e ragione sembra essere una costante strisciante della serie e trova nei due personaggi principali due opposti alfieri. Rust ironizza sul quoziente intellettivo di chi sta dietro alle prediche del fanatico prete indipendente; Marty sostiene la necessità di avere una fede, un appiglio ultraterreno per fronteggiare un’esistenza di stenti senza uscire di senno. Rust considera un insulto all’intelligenza alimentare le fantasie e le illusioni di poveracci che non hanno mai imparato a difendersi, e non accetta il fatto che questa speranza vana sia considerata una virtù; Marty lo rimprovera per la sua arroganza, la sua saccenza, dimenticandosi però che non è il più onesto dei due. Più lavorano insieme, infatti, più i due si conoscono, non si sopportano ma hanno bisogno l’uno dell’altro. Quando l’amante di Marty, stufa della sua gelosia, confessa alla moglie i tradimenti del marito, solo Rust riesce a calmare la furia del collega disposto a riprendersi la sua donna con la forza. Molto efficace la scena in cui le immagini (1995) lo mostrano furioso con la nuova fiamma dell’amante, e la sua voce in ponte sonoro (2012) parla delle regole e della famiglia che Rust non ha, e che lui dovrebbe invece imparare a gestire. Quando Rust, invece, torna per una sera tossicodipentente infiltrato per smuovere le indagini, ha bisogno di qualcuno che gli regga il gioco. Marty.

L’impressione che abbiamo, riflettendo su questi quattro episodi, è che la serie funzionerebbe paradossalmente anche senza l’omicidio che l’ha fatta partire. È un pretesto ben congegnato per familiarizzare con i personaggi, imparare a pensare come loro. Immedesimarci e poi accoglierli, o rifiutarli. Il bello è che, pur odiando il tipo umano che incarna Marty, dobbiamo ammettere che talvolta ha ragione: quando addita Rust come ossessivo (e lui gli risponde che lo è, ma solo per il lavoro, diversamente dal collega) o quando lo sprona a non chiudersi troppo in se stesso e gli presenta una donna con cui rilassarsi. Ma in fondo che ne sa lui del suo passato, tragico all’inverosimile e nemmeno tutto dischiuso. Le contraddizioni umane: quando sono rappresentate onestamente restituiscono sempre il realismo e il piacere di farsi raccontare una storia.


Archiviato in:Serial (killer) Tagged: matthew mccounaghey, true detective 03, true detective 04, true detective recensione, woody harrelson

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