Magazine Racconti

Tu, scrittore

Da Marcofre

Chi io? Mah!

Non ho mai capito la differenza tra complemento predicativo del soggetto e quello dell’oggetto; e neppure adesso ho le idee chiare. Se qualcuno ha del tempo da buttare e me lo vuole spiegare lo ringrazio in anticipo. Dubito che capirei, ma provare non costa nulla, vero?

Scrivere non è mai stato qualcosa che mi ha conquistato, oppure che desideravo a tutti i costi: il mio sogno era guidare camion. O escavatori. Mai stati su quelle macchine?

Poi ho deciso di provare a scrivere, ma prima ho letto di tutto: classici latini, greci, autori russi, francesi… Ma da allora sono trascorsi oltre 25 anni. Ho sbagliato tutto perché pensavo che uno scrittore che si avvalesse di un editor fosse poco serio, e che bastassero le idee per costruire una storia.

Siccome non sono un’aquila, ho impiegato un mucchio di anni per capirlo.

Adesso svelo questo. Per cinque anni, non ho scritto nulla. Ho letto pochissimo: non solo. Ho gettato via libri: non due, o tre. Decine. Dovevo liberarmi della parola, farla finita con lei. Ero sicuro di riuscirci, di dire basta alla sua schiavitù. Tanto non ho talento, dicevo, e se anche ce l’avessi non è in quantità sufficiente.
Come si dice: “Aut Caesar, aut nihil”.

Se però la parola ti prende di mira, non ti molla più. Aspetta beffarda, e tu torni. E ricominci. E lei non diventa più gentile: perché dovrebbe? La montagna non può trasformarsi in pianura. Sei tu che devi arrampicare, devi adattarti a lei, non lei a te.

C’è solo lei, la parola, e tu un servo. Fine del discorso.

Scrivo. Racconti, non ho tempo per altro. Tre li ho pubblicati tempo addietro su Amazon, poi li ho tolti. Ho ancora da riscuotere l’assegno di 100 Dollari: prima o poi lo metterò in cornice, così avrò qualcosa di cui vantarmi.

Perché lo faccio? Perché mi piace. Non mi rilassa affatto, non mi diverte e inoltre sviluppa l’ulcera e rende di cattivo umore; però (lo ribadisco) mi piace. Non sono mai responsabile di quello che dico, e dico poco: preferisco scrivere.
Meglio ascoltare, e il silenzio è un ottimo interlocutore.

Pubblicare con un editore? Per come sta andando devo intuire che i miei racconti non sono buoni: non credo ai complotti. Non sono un genio incompreso, per me se un editore non risponde è perché le storie sono deboli, la scrittura fa acqua, eccetera eccetera.

Continuerò a scrivere perché mi piace. Leggo, cerco di capire come si costruisce un racconto, un dialogo, un’atmosfera. Poi pubblico le riflessioni su questo blog che ha pochi accessi; e si capisce. Qui non si attacca mai nessuno…

 

Tutto questo è stato provocato da un post di Daniele Imperi.

 


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