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Tucidide e il giornalismo

Creato il 02 aprile 2013 da Catreporter79
Tucidide viene unanimamente riconosciuto come il padre della storiografia moderna intesa come ricerca ed analisi secondo criterio scientifico, e a ben vedere lo è, molto più di Erodoto, la cui narrazione risulta inquinata e indebolita da un eccessivo ricorso ad elementi di natura mitologica, mistica ed escatologica. L’ateniese però non è soltanto il padre della storiografia, ma anche del giornalismo moderno; seguendo in prima persona la Guerra del Peloponneso, infatti, il nostro riuscì a consegnarci una ricostruzione “live” del conflitto, sincronica e non diacronica (l’elemento di confine tra giornalismo e ricerca storica). Possiamo quindi considerarlo come un inviato “ante litteram”. E’ grazie a lui che abbiamo la possibilità di sapere ciò che avvenne ai tempi del contenzioso armato tra Sparta ed Atene, ed è grazie agli inviati di guerra, quando non siano ” emebedded ” o prigionieri dei catenacci della “Sidle Commision”, che la democrazia e la storiografia possono nutrirsi di elementi e informazioni, costruendo il loro edificio. E’ grazie a loro che il cittadino sa cosa sta facendo il governo cui ha dato il voto, come sta impiegando il denaro dei suoi contribuiti e ste sta oltrepassando il perimetro della legalità. Accade però molto di frequente che mentre i militari, i Marò in quest’ultima frazione temporale, siano presentati come eroi al servizio del popolo (e non di interessi economici particolari e/o di “poteri altri”), gli inviati di guerra, come ad esempio Giuliana Sgrena o Enzo Baldoni, vengano bollati dal qualunquismo più odiosamente individualista e benaltrista come ostacoli, come escrescenze e vesciche del sistema, inutili e per questo motivo da estirpare. Si invoca il loro abbandono quando vengono catturati, ci si indigna quando viene pagato un riscatto per la loro liberazione e viceversa si gioisce quando vengono trucidati, dimenticando che è grazie a quegli elementi, indipendentemente dal colore politico di appartenenza, che noi e le generazioni a venire avremo la possibilità di sapere, di conoscere, di nutrire la nostra capacità critica e, soprattutto, è grazie a loro che possiamo disporre di un mezzo per difenderci dal potere, perché qui sta la linea di demarcazione tra società aperta e tirannia, tra libertà e sopraffazione.


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