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Tumore al seno: facciamo il punto

Creato il 29 gennaio 2015 da Michelotto
Tumore al seno: facciamo il punto La volta scorsa, come ricorderete ("Sosteniamo un importante progetto di ricerca alternativa sul cancro al seno!"), avevo parlato di un progetto assolutamente senza precedenti che, se venisse realizzato, come tutto lascia sperare, potrebbe diventare una pietra miliare nella (triste) storia della ricerca sul cancro. 
Infatti questa volta  non si tratta della solita ricerca deliberata e gestita dalle istituzioni mediche, da sempre impegnate a procedere coi  paraocchi dentro un vicolo cieco, prigioniere di un paradigma ormai palesemente superato, ma dell' idea di un' associazione di privati intenzionata a mettere a confronto i risultati di malati gravi di cancro che decidono di provare una dieta impostata secondo i principi della macrobiotica con quelli di chi si sottopone alle terapie standard.
Sarebbe un vero terremoto nell' ambiente medico poter dimostrare che una dieta adeguata può essere  più che un sistema per eliminare i chili di troppo o al massimo un mezzo di prevenzione, potendo avere addirittura una valenza terapeutica laddove i farmaci e le strategie tradizionali falliscono. Perchè, come purtroppo sappiamo, nonostante sia  dimostrata al di là di ogni dubbio l' esistenza di numerosi fattori promotori del cancro assieme ad altri protettivi,   la medicina ufficiale,pur essendo disposta ad ammettere che determinati nutrienti fanno "bene" in senso generico e a raccomandare certe scelte alimentari e stili di vita , nega ogni efficacia terapeutica a tutto ciò che non rientra nei suoi protocolli che mettono immancabilmente il farmaco al centro di ogni cura.
Questa volta però, se le cose dovessero andare come si spera, sarà molto più difficile da parte di Big Pharma mettere il bastone fra le ruote, come è solita fare in casi analoghi.
Dato l' interesse da me riscontrato col mio ultimo post, ho deciso così di ritornare a parlare di questo importante argomento, cercando di completare e aggiornare il contenuto di un mio precedente articolo ("Tumore al seno: istruzioni per l' uso").
E' stato infatti proprio mentre raccoglievo le notizie inerenti al succitato progetto che mi sono imbattuto in alcune fonti di informazione tra le più aggiornate ed attendibili, come Meredith McCarty, una nutrizionista olistica diplomata e la Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM), una organizzazione che promuove una medicina etica  basata sulla trasparenza dell' informazione e sulla prevenzione.
Nel primo caso si tratta di una insegnante-consulente che tiene conferenze internazionali fin dal 1977; è condirettrice della rivista Natural Health (quella che inizialmente si chiamava East-West Journal), è stata direttrice per 19 anni dell' East-West Center for Macrobiotics  ed ha conseguito un certificato senior nell' "Arte della cucina" da parte della East-West Foundation di Boston (la fondazione di Michio Kushi); inoltre è autrice di tre libri di cucina, tra cui Sweet and Natural, vincitore di un importante riconoscimento nel 1999.
Ebbene la nostra Meredith nella sua esperienza trentennale ha avuto a che fare con numerosi casi di donne con tumore mammario trattate con varie combinazioni di terapie convenzionali e rimedi naturali, come dieta, erbe cinesi, un rimedio erboristico conosciuto come  ESSIAC e agopuntura, essendosi quest' ultima  rivelata molto utile per alleviare sintomi come dolori e nausea, che sono ricorrenti in questa malattia.
Ma a proposito, come siamo messi attualmente? Beh, di sicuro non c'è proprio da stare allegri, perchè le cifre parlano da sole: il tumore al seno è la forma di cancro più diffusa tra le donne in USA, Europa occidentale, Australia e Nuova Zelanda (cioè, guarda caso, i paesi più industrializzati) e la terza nel mondo, con una incidenza globalmente in continua crescita. Secondo i dati forniti dalla suddetta organizzazione PCRM, nel 1960 le probabilità per una donna di contrarre questa patologia erano di 1 a 20; negli anni '70 erano già saltate a 1 a 14 e nel 1997 sia il National Cancer Institute che l' American Cancer Society stimavano questo rapporto in 1 a 8, almeno  per quanto riguarda gli USA, e che fra le donne colpite dalla malattia una su quattro ne sarebbe morta.
Le donne di razza bianca e nera sono le più colpite, mentre le coreane, le vietnamite e le donne dei nativi americani (i cosiddetti "pellerossa") sono le meno soggette. La più alta incidenza al mondo si riscontra nella Baia di San Francisco (California), con un tasso doppio rispetto all' Europa e 5 volte superiore a quello del Giappone.
Quanto in particolare all' Italia, ecco qui un quadro riassuntivo della situazione datato 2014, da cui si capisce che siamo fra i paesi a più alto rischio (ricordo benissimo che dalla fine degli anni '90, quando ha avuto inizio il famoso Progetto DIANA, il primo grande studio epidemiologico sul cancro al seno, al 2013, quando ho parlato della situazione allarmante in un mio post, si era già passati da 30.000 a 40.000 casi all' anno).
Secondo la medicina ufficiale i principali fattori di rischio sono individuabili nella familiarità (cioè la presenza di altri casi simili fra i parenti più stretti), la storia riproduttiva (menarca precoce, tarda menopausa, prima gravidanza portata a termine dopo i 30 anni), obesità (il solo riferimento indiretto alla dieta), alcolismo, nulliparità (la condizione di chi non ha avuto prole) e residenza urbana.
Un altro fattore di rischio molto sopravvalutato è la componente genetica, e cioè la presenza del gene BRCA-1, implicato solo in una percentuale che va dal 5 al 10% dei casi. In realtà però affinchè i geni cancerogeni si esprimano sono necessarie le giuste condizioni ambientali ("Mastectomia preventiva? No, grazie"), come evidenzia anche il PCRM. Sono queste infatti i fattori determinanti. Lo dimostra il fatto che donne giapponesi (che nel loro paese d' origine hanno un tasso fra i più bassi del mondo) quando emigrano negli Stati Uniti e adottano le abitudini alimentari locali finiscono col manifestare la stessa vulnerabilità che si riscontra in quel paese. E  considerazioni simili valgono anche per altri tipi di cancro e altre malattie.
E a proposito di abitudini alimentari, la scienza ha accertato nell' eccesso di grassi, proteine, carboidrati raffinati e zucchero assieme al regolare consumo di alcolici le principali cause.
E quando si parla di grassi e proteine fatalmente si chiamano in causa i cibi animali, in particolare carni e latticini. Per rendersi conto dell' importanza di controllare strettamente l' assunzione di grassi si tenga presente che, a parte ogni altra considerazione, in essi si concentrano sostanze potenzialmente cancerogene come estrogeni, radicali liberi (che notoriamente danneggiano qualsiasi struttura cellulare, compreso il DNA e quindi il sistema di controllo della moltiplicazione cellulare) e soprattutto i pesticidi usati in agricoltura e altri insidiosi inquinanti ambientali. Da questo punto di vista i cibi animali sono quelli maggiormente a rischio perchè in cima alla catena alimentare (gli animali cui essi provengono concentrano così nei loro tessuti le tossine già presenti nei vegetali dei quali si nutrono).
Non per niente anche i sostenitori della paleo-dieta, in cui, come si sa, è contemplata una non trascurabile quota di cibo animale, sottolineano l' importanza fondamentale di scegliere solo cibo selvatico o biologico proveniente da animali nutriti ad erba , e non d' allevamento (che oltretutto vantano anche una composizione chimica molto più favorevole).
Tuttavia i grassi peggiori in assoluto sono i cosiddetti "trans", che si ottengono industrialmente mediante idrogenazione dei grassi vegetali e si trovano in margarine, creme, prodotti di pasticceria, biscotti, merendine, piatti pronti ecc. Attenzione dunque alle etichette.
Anche troppe proteine (e i cibi animali ne sono tutti ricchi) rappresentano un fattore di rischio, ma invece di indicare i quantitativi raccomandabili in grammi o calorie è molto più utile  e pratico specificare che una porzione al giorno di legumi (2 o 3 cucchiai), tofu, tempeh, oppure carne, pesce o un uovo, se si opta per un cibo animale,  può bastare.
Carboidrati raffinati e zucchero comune, oltre ad essere alimenti nutrizionalmente molto poveri, stimolano eccessivamente la secrezione di insulina, ormone anabolizzante che favorisce ogni tipo di crescita, compresa quella delle cellule cancerose. Inoltre lo zucchero ha un effetto devastante sul sistema immunitario (leggi qui).
Fra i fattori  non alimentari ci sono i raggi X e prodotti chimici come gli inquinanti ambientali (si tenga presente che sono 85.000 quelli presenti nel nostro habitat, che molti prodotti importati in USA hanno un contenuto di residui di DDT del 5.000% superiore agli standard legislativi americani e che nelle donne con tumore al seno  tali residui sono del 50-60% più alti della media) e vari farmaci, fra i quali le pillole per il controllo delle nascite e gli immuno-soppressori usati nella chemioterapia. Anche sulla cosiddetta "terapia ormonale sostitutiva" (HRT), nonostante i pareri discordanti, sembra ci siano forti dubbi sulla sua assenza di rischi.
Per fortuna sono altrettanto numerosi i fattori protettivi e molti di questi sono stati messi in luce dal Progetto DIANA, ormai archiviato dopo 5 edizioni con risultati più che positivi. Risultati del resto condivisi da altre fonti ugualmente autorevoli, come il Block Center for Integrative Cancer Treatment, un centro fondato dal dr. Keith Block che unisce le terapie convenzionali meno invasive con  il meglio degli approcci complementari, ponendo alla base di tutto una appropriata pratica dietetica, o come The Truth About Cancer, una fondazione che si propone di dire le verità sul cancro che non ci vengono dette dagli organi ufficiali  promuovendo approcci naturali alternativi. 
Perciò non mi rimane che citare brevemente almeno i principali di questi fattori protettivi:
  • I fitoestrogeni, ed in particolare gli isoflavoni contenuti nella soja e in altri legumi che, come il nome stesso suggerisce, sono sostanze aventi una struttura simile a quella degli ormoni estrogeni di derivazione endogena, ma allo stesso tempo il loro effetto è almeno mille volte inferiore. Perciò, se presenti in sufficiente quantità, tenderanno ad entrare in competizione con gli ormoni (che, come si sa, sono implicati nei tumori al seno) prendendo il loro posto. Attenzione però, con la soja non è il caso di esagerare: ai vari prodotti commerciali e voluttuari moderni sono decisamente da preferire quelli tradizionali ottenuti dalla sua fermentazione, come miso, tempeh, natto e salsa di soja.
  •  Le crucifere, la classe di vegetali cui appartengono tutti i tipi di cavolo, broccoli, rapa, ravanello, rucola, crescione, senape ecc. Esse sono ricche di polifenoli, glucosinolati, antiossidanti e vitamine che a vario titolo proteggono dai tumori.
  • Tra le verdure sono da segnalare anche carote, cipolle, radice di daikon (ravanello bianco gigante) e di burdock.
  • Funghi shiitake e maitake per il loro accertato potere rinforzante sul sistema immunitario.
  • alghe marine, per il loro straordinario potere chelante nei confronti delle più svariate tossine e per quello alcalinizzante.
  • Cibi fermentati, come quelli già citati a proposito della soja, ma anche altri come i crauti o semplicemente il pane a lievitazione naturale, perchè contribuiscono in modo naturale e determinante a creare un ambiente intestinale ideale, che a sua volta ci protegge da carcinogeni e altri fattori patogeni.
  • Acidi grassi essenziali omega 3. Questi  nutrienti importantissimi per tante funzioni sono decisamente scarsi nelle diete moderne, troppo ricche invece di omega 6 (si trovano soprattutto negli oli di semi industriali, come olio di mais, di girasole, di soja, di arachidi, di cartamo, che sono dunque da evitare). Il rapporto corretto dovrebbe essere compreso tra 2 e 4 omega 6 x 1 omega 3. Rapporti troppo a favore degli omega 6 favoriscono fra l' altro gli stati infiammatori che sono il terreno ideale per lo sviluppo di ogni tipo di cancro. Gli omega 3 si trovano in abbondanza nell' olio di semi di lino sotto forma di ac. alfa-linolenico, precursore di altri acidi grassi della stessa serie (EPA e DHA), che sono poi quelli che il nostro corpo utilizza. Può dunque essere utile, se non necessario, introdurre quest' olio nella nostra dieta se essa non contiene pesce, dove gli stessi EPA e DHA si trovano già preformati e in abbondanza (ma solo se non è d' allevamento). Le fonti vegetali di omega 3 sono infatti molto scarse e, a parte il suddetto olio di lino (che è  anche la più importante fonte di lignani, altre sostanze preziose che fra l' altro influenzano positivamente il metabolismo degli estrogeni), quantità molto più limitate si trovano nelle noci (e nel loro olio), in alcune verdure a foglia verde, nella soja e in alcune alghe, come le verde-azzurre. Altri oli raccomandabili sono quello di oliva (coi suoi omega 9), di noci e di sesamo. Da tener presente che l' olio di lino è facilmente deteriorabile, quindi va preso crudo e fresco e conservato al riparo dal calore e dalla luce.
Ciò che l' insieme di queste informazioni  ha di particolarmente interessante è che i suggerimenti che  scaturiscono partendo da una serie di dati analitici emersi dai più recenti studi scientifici vanno tutti a convergere nelle direttive che i maestri macrobiotici indicano già da molto tempo prima di queste ricerche. Ecco perchè io rinnovo l' invito ad aiutare con una donazione il Kushi Institute nel progetto sul cancro al seno di cui ho già ampiamente parlato (chi è intenzionato a farlo può utilizzare questo link).
Per concludere propongo un video della mia amica Elena Alquati, fondatrice dell' associazione L' Ordine dell' Universo e che ha svolto un ruolo importante nello svolgimento del Progetto DIANA
    
Michele Nardella

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