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TURCHIA: Bombardamento sul Kurdistan, trentacinque morti

Creato il 30 dicembre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

TURCHIA: Bombardamento sul Kurdistan, trentacinque morti

Aerei da guerra turchi nella notte hanno ucciso almeno 35 persone in un attacco nel sudest della Turchia, vicino al confine iracheno, apparentemente scambiando dei contrabbandieri per militanti curdi. Lo ha riferito oggi a Reuters un funzionario locale. In un secondo tempo i vertici militari hanno riferito di avere sferrato raid aerei contro presunti militanti curdi nel nord dell’Iraq, vicino al confine, e di stare verificando la notizia delle 35 vittime.

Quello tra Turchia e Pkk, il partito comunista combattente curdo, è un conflitto di cui non si parla. Eppure si tratta di una guerra vera e propria, con soldati in marcia, mezzi blindati e aerei che bombardano. Dove? Nel Kurdistan iracheno, anche chiamato Regione autonoma del Kurdistan, un’entità federale e autonoma nel nuovo Iraq post-Saddam, internazionalmente riconosciuta, che dispone di un proprio minuscolo esercito: le “Guardie regionali curde” (Kurdish Regional Guards), chiamate anche Peshmerga, dotate di solo armamento leggero. Troppo poco per contrastare i guerriglieri del Pkk – ai quali il governo curdo dell’Iraq del Nord ha sempre guardato con favore. Almeno questo è il parere di Ankara.

Ecco che per ovviare alle lacune dell’esercito iracheno, nell’ottobre scorso ventidue battaglioni d’élite turchi hanno passato il confine dando il via a una grande operazione via terra. Raid aerei intanto bombardano le montagne e i campi d’addestramento curdi.

Il partito turco della minoranza curda, Btp, annuncia proteste di piazza e denuncia come la guerra agli estremisti del Pkk sia più di una questione di sicurezza interna. Poiché se è lecito difendersi dagli attacchi dei terroristi del Pkk, la reazione violenta di Ankara dimostrerebbe un nazionalismo minaccioso nei confronti delle minoranze residenti in Anatolia.

Interessanti sono poi i risvolti in politica estera: la guerra al Pkk si combatte infatti sul suolo iracheno, un Paese sovrano (almeno in teoria) che si è visto “invaso” da un esercito straniero. Il governatore dell’Iraq del Nord, Murat Karaylan, ha sempre paventato il rischio dell’invasione dichiarando, già nel 2010, come Ankara cercasse solo la scusa buona “per poterci attaccare”. Ecco che da parte irachena l’intervento turco si profila come un atto di guerra.

Una guerra che ha il benestare americano e che si avvantaggia dell’impossibilità di reazione degli altri attori della scena politica mediorientale, con Siria ed Egitto troppo intenti a gestire il dissenso interno. Con Israele già ai ferri corti con Ankara e con un Iran che, proprio in funzione anti-israeliana, non vede male l’espansionismo dell’alleato turco.


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