Magazine Diario personale

Tutto il dolore del mondo

Creato il 25 gennaio 2015 da Povna @povna

Mr. Mao, il loro Mr. Mao, colui che quest’anno è arrivato primo alle selezioni per le Olimpiadi di Matematica, in tutta la loro provincia e in quella limitrofa (stra-battendo anche, non-chalant, i fighetti dei licei, e tutti i loro ultra-fighetti professori), è in crisi profonda. Non vuole più studiare, è diventato apatico, ha smesso di venire a scuola. Non stesse tra i Merry Men, si sarebbe già perso. Per fortuna, invece, loro, goffamente lo proteggono (come con chiunque sia ammesso dentro il cerchio). Sgarrupati per natura, serenamente privi di dinamiche, sbuccioni, vagabondi, a loro volta loro stessi assenteisti – i Merry Men mantengono intatta la loro visione onesta sopra il mondo. Mr. Mao è, di loro, il miglior cervello: che non vada all’università, non è pensabile (furono loro, nella piccola città, tre anni fa, in visita a Hogwarts, a ricordargli sorridendo: “Qui è dove tu studierai, tra qualche anno. E noi ti verremo tutti a trovare”); che smetta a tre mesi dall’esame, non esiste; che non prenda il diploma, men che meno. Sono così riusciti a superare (almeno in parte) la sua diffidenza di comunità (che spesso è tanta): Mr. Mao è l’unico cinese della scuola che esce con i compagni di classe, qualche volta, il sabato; che viene in gita; che prova a partecipare.
Così, quando i giorni di assenza sono diventati troppi (per lui), e la ‘povna ed Esagono sono passati all’attacco (“Chiamalo tu, ‘povna, mi pare meglio” – le ha detto il suo coordinatore venerdì scorso), tutti i compagni erano pronti a dare una mano, per aiutare.
“Ecco il numero di Mr. Mao” – la ha detto il Taciturno durante l’ora di Scrittura del Territorio (alla quale oramai la ‘povna partecipa per due ore alla settimana, di diritto).
“No, chiami direttamente dal mio telefono, professoressa, io sono una delle persone cui più risponde” – le porge il cellulare Rebecca.
Così si fa. E anche se la chiamata è persa, la ‘povna ci aggiunge un sms, che sempre figura mandato da Rebecca. A sua volta, poi, Soldino si impegna, nel pomeriggio, a provare a richiamare.
Il complotto riesce. E, nonostante l’assenza di risposte scritte, Mr. Mao ieri era a scuola, con gli occhi bassi.
“Devo recuperare il compito di storia” – sussurra. Non aggiunge “Non ho studiato”, ma è solo ovvio.
La ‘povna una volta di più benedice mentalmente i suoi uomini del bosco, perché sa che quello che sta per dire vedrà le loro reazioni solo unanimi.
“Non te lo faccio fare, oggi”.
“Certo che no, Mr. Mao, sei appena tornato” – prorompe il sorridente Panda (che pure lo scorso lunedì ha padellato il compito proprio perché costretto a farlo on the spot, dopo l’assenza strategica del sabato).
La ‘povna lo guarda, riconoscente. E chiosa: “Anzi, facciamo così, lo fai giovedì prossimo”. Mr. Mao non favella. “E direi che potrei anche farlo recuperare al Panda e alla Pesciolina, che hanno fatto una schifezza”.
Loro sorridono, non se lo aspettavano, ma colgono l’occasione al volo (non sono per nulla sciocchi).
“Inoltre” – la ‘povna è un carro armato (e li guarda) – “direi che potreste…”
E loro colgono al volo, con la generosità spontanea che gli è pratica:
“… potremmo studiare insieme, Mr. Mao, alla 6^ ora di martedì e di mercoledì, direttamente qui a scuola, con gli appunti di Rebecca”.
Mr. Mao, messo all’angolo, si arrende. La ‘povna decide che è ora di cominciare la lezione, e cambia argomento. L’intervallo, poi, la vedrà portare Mr. Mao da Esagono, per un discorso a cuore aperto, e occhi lucidi, con questo ragazzo smarrito di vent’anni.
Poi è la volta della Pesciolina, che li aggiorna sulla sua situazione familiare (da incubo diurno). Infine, al termine della quarta ora, la custode Argento Vivo si affaccia sulle scale:
“Prof., ha un minuto, c’è il babbo di Riccia”.
Anche Riccia, tra i Merry Men, fa tante assenze. E anche lei è appesa sul filo di una situazione familiare complessissima, la voglia di studiare che corre via, sempre il rischio di andarsene.
“Ho visto le troppe assenze di mia figlia, sono venuto a scusarmi” – la voce è tenue, le parole escono a fatica, da un corpo piegato su se stesso, per il quale respirare è conquista.
Il babbo di Riccia ha la sclerosi multipla, ed è l’unico patente munito, e lavoratore, di una famiglia semi-analfabeta, che vive arroccata tra le colline di un non-paese sperso lassù per la provincia.
La ‘povna spiega, si raccomanda, sorride e incoraggia. Saluta e augura “buon fine settimana”; stretta di mano; e porta.

“Per la seconda volta in due giorni ho pensato a tutto il dolore di questo mondo che vediamo a scuola, per il quale sembra sempre di fare tutto invano, mai abbastanza” – scriverà a sera tardi a Esagono, per aggiornarlo anche su questo incontro.
E, dopo, può solo aggiungere (allo sceneggiatore, a lui, a se stessa):
“Speriamo bene”.


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