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Un olandese a Milàn

Creato il 04 gennaio 2015 da Scribacchina

La mia amica Nora (nome di fantasia) è una persona tra le più piacevoli che conosca. Con lei puoi fare di tutto: shopping, parlare di libri, andare al cinema, passeggiare, mangiare, bere, soprattutto bere insieme una bottiglia di vino sapendo che lei ne apprezzerà il contenuto in tutte le sue sfaccettature (rarissimo trovare, nel mio piccolo mondo, una donna che apprezzi il vino in maniera così sottile ed intelligente).
È anche pittrice e appassionata d’arte con alle spalle anni di studio e una incontenibile, innata, esclusivissima passione per tele e colori.
Insomma, una donna da sposare, non fosse per quell’unico difetto: in cucina non se la cava benissimo.
Eppure, Nora è perfetta così.

Oggi ho abusato della immensa cultura artistica di Nora, chiedendole di visitare insieme la mostra di Van Gogh.
Erano mesi che non tornavo a Milano.
Da fine luglio, se la memoria non m’inganna.
Devo dire che mi ha fatto un enorme piacere trovare una città più raffinata, più accogliente e – in definitiva – più bella rispetto a come la ricordavo.
Piazza Duomo di sera è una bellissima donna nuda, ricoperta per intero di gioielli – i lampioni, le mille luci di Natale, e quell’enorme abete tutto luminoso che pare lo scettro di una regina. Se chiudo gli occhi, mi pare di essere ancora lì, insieme a Nora, col naso all’insù e una grandissima voglia di abbracciare questo spicchio di mondo che per metà giornata ha arricchito il mio, di mondo.

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Van Gogh, invece, non mi è piaciuto quel gran che.
A mio avviso, mancavano i lavori più belli. Di quelli esposti, solo 4-5 mi hanno regalato delle emozioni (abbastanza tiepide, per la verità); il resto delle cinquanta opere non mi ha detto molto. Tanto che, arrivata al bookshop – senza ammetterlo esplicitamente neppure con me stessa -, mi sono sentita sollevata.

Durante il nostro percorso all’interno della mostra, ho fatto beatamente a meno dell’audioguida e mi sono affidata completamente a Nora – non è la prima volta che mi fa da cicerone in una mostra. Tra un quadro e l’altro, Nora mi raccontava delle lettere che Van Gogh scriveva al fratello Theo, preziosa e insostituibile testimonianza della vita e dell’opera del pittore olandese. Ne parlava con voce commossa; diceva che in quelle pagine aveva imparato a conoscere l’uomo Van Gogh nella quotidianità, con tutti i suoi problemi, le sue difficoltà, i piccoli crucci e le gioie. Alla fine, diceva, Van Gogh diventa come un amico, perché impari ad amarlo per quello che è davvero, non per come appare.
Al bookshop c’era la raccolta di tutte queste lettere, un tomo di quasi mille pagine; Nora si è fermata ad accarezzarlo con le dita e con gli occhi, mentre io, con la rapidità di un rapace, facevo mie le memorie di un mercante d’arte (non chiedetemi il titolo esatto perché in questo momento non l’ho sottomano, è ancora in borsetta).
Mentre Nora si coccolava le lettere di Van Gogh, forse chiedendosi se fare la piccola follia di prenderlo, io pensavo con un sorriso che quelle lettere di Van Gogh al fratello Theo possono essere considerate un blog ante litteram.
Con un unico lettore, sì, ma con lo stesso intento di un blog: raccontarsi.
Mi piace l’idea che chi legge questo blog si sia fatto una personalissima idea di Scribacchina; dal lato esterno, ma soprattutto dal lato interno.
Quello invisibile agli occhi.


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