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Una laureata in Sociologia con la passione per la pasta: “Non trovavo lavoro: ecco come ho aperto la mia bottega”

Creato il 02 agosto 2014 da Elisadibattista @laureartigiani

la paesana pastificio

Con un mercato del lavoro saturo, specialmente per neolaureati in materie umanistiche, c’è chi trova terreno fertile nell’artigianato enogastronomico, puntando sul recupero della tradizione locale. È il caso di Eufemia Bassolino, detta Betty, 30enne di Frattamaggiore (Napoli), laureata in Sociologia e pastaia all’interno del proprio laboratorio di pasta fresca e gastronomia, La Paesana.

Betty, dopo la laurea hai provato a inserirti nel mondo del lavoro sfruttando il tuo titolo?
«Ogni studente che si laurea esce dall’università carico di aspettative ,di ottimismo, di speranza ma poi ci si raffronta con il duro mondo del lavoro, la maggior parte delle volte non è facile trovare qualcosa in linea con il proprio settore di studi. Nel mio caso è stato ancora peggio perché purtroppo la Sociologia, come altre facoltà, non crea figure professionali ben definite. Di fronte a questo scenario ho deciso che sarei stata io stessa l’artefice del mio destino, una self-made woman: mi rimboccai le maniche e con l’indispensabile supporto del mio fidanzato Luigi che mi ripeteva sempre di trasformare la mia passione di vita in un lavoro, e armata di forza e coraggio e tanta ma tanta determinazione aprii il mio laboratorio di pasta fresca e gastronomia».

Dove nasce la tua passione per questo settore?
«La mia passione per la pasta e per la cucina non mi ricordo precisamente quando è nata perché ero talmente piccola quando ho iniziato, ma mi ricordo che a trasmettermela è stata mia nonna. La domenica mentre impastava gli gnocchi per tutta la famiglia, io mi mettevo in ginocchio sulla sedia e la osservavo, poi lei staccava un pezzo d’impasto – sotto mia insistenza lo devo ammettere – e mi diceva di seguirla nei movimenti, di ripetere le sue azioni, e già allora quei movimenti rituali, delicati ma sicuri al tempo stesso mi donavano serenità».

la paesana pastificio

E dopo, in che modo questo “gioco” è diventato il tuo mestiere?
«Crescendo ho iniziato a sperimentare da sola le varie ricette culinarie, seguendo consigli e cercando tra vari ricettari, le mie cavie erano ovviamente i miei familiari. Poi quando ho deciso di trasformare la passione in lavoro ho iniziato a seguire corsi professionali, perché un conto è preparare la pasta in casa, un conto è farla in un laboratorio, sì artigianale ma con un altro tipo di lavorazione e con quantità notevolmente differenti».

Quali difficoltà hai incontrato per avviare la tua attività?
«Aprire un laboratorio alimentare – non so se nel resto d’Italia è la stessa cosa, ma parlo per la mia esperienza in Campania – è un percorso tortuoso in campo burocratico, è cosi complicato che se non fossi stata cosi caparbia e determinata avrei da subito abbandonato il progetto. Innanzitutto la prima cosa da fare è cercare un locale idoneo che abbia tutte le certificazioni a norma, spazio a sufficienza, un buon livello di aerazione, e che si trovi in un buon posto commerciale senza però spendere troppo in termini di affitto, voce molto importante nella lista di spese morte di un’attività, ovvero tutte quelle spese fisse che ci sono a prescindere dall’andamento economico dell’attività quali acqua, luce gas, telefono e tasse varie. Altro step importante è la ricerca di ditte professionali che devono eseguire i lavori di adattamento dei locali, poi c’è la ricerca delle aziende che ti dovranno fornire i macchinari di lavoro, le attrezzature, gli arredi e in contemporanea bisogna far partire la mastodontica e ingarbugliata macchina burocratica con tutte le sue infinite richieste di carte al fine di fornirti le licenze sanitarie e i permessi comunali. Quindi bisogna munirsi del libretto sanitario e del sistema di controllo haccp. Nel mio caso dall’idea alla realizzazione vera e propria ho impiegato ben due anni perché era un mondo per me assolutamente ignoto e se non fossi stata una tipa tosta non so come me la sarei cavata».

In termini di investimento economico quanto occorre preventivare?
«L’investimento economico è stato notevole, intorno ai 100.000 euro, di cui una parte proveniente da aiuti familiari ed una parte da prestiti bancari da estinguere in 10 anni. Non sono riuscita a accedere ai fondi regionali perché il percorso di approvazione era lungo e io ne avevo bisogno in termini relativamente brevi, ma spero di accedervi nel caso di ampliamento della mia attività».

La tua laurea ti torna utile in qualche modo?
«Avere una laurea ti consente di sdoganare la figura dell’artigiano, che nell’immaginario collettivo in una scala di prestigio sociale occupa la fascia più bassa poiché si ritiene, a torto, che essendo un lavoro manuale e non richiedendo particolari e spiccate doti intellettive, è alla portata di tutti. Questa è una grande forma di presunzione e di ingiustizia sociale in primo luogo perché l’artigiano è colui il quale trasforma la materia prima in un prodotto finito ed essendo l’Italia il più grande Paese manifatturiero al mondo tanto da crearne un brand Made in Italy, si deduce facilmente che il cuore pulsante dell’economia italiana sia proprio il piccolo artigiano, ed è proprio l’artigiano la risposta e la soluzione alla crisi economica dei nostri tempi. In secondo luogo l’artigiano è un creativo, un artista, migliora l’aspetto delle cose così come un pittore o uno scultore, trasferisce parte della sua anima nel suo prodotto dandogli vita, e nel mio caso ed in quelli analoghi al mio la laurea riconferisce grande dignità e prestigio alla figura di Artigiano».

Quanto eri all’università avresti mai immaginato che avresti fatto la pastaia di mestiere?
«Se qualcuno me l’avesse detto gli avrei sicuramente riso in faccia, dato il percorso di studi intrapreso: prima il liceo classico e poi l’università. La vita invece ti mette in situazioni che mai avresti immaginato, e questa cosa mi è di forte stimolo, adoro l’evoluzione, le mutazioni, l’adattamento a nuovi scenari: ti mantengono viva, in movimento,lontano dalla monotonia e dalla staticità del vivere quotidiano».

Come fai conoscere la tua attività?
«Accanto a metodi tradizionali di marketing mi promuovo tantissimo con la Rete, soprattutto con i social (qui la sua pagina Facebook), perché è semplice, pratico, molto economico e divertente, ti permette di interagire direttamente con clienti potenziali e acquisiti, scambiare opinioni, consigli e idee».


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