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Una mancata irruzione ovvero un fatto di cronaca nella Nardò di primo ‘700

Creato il 05 novembre 2012 da Cultura Salentina

di Riccardo Viganò

tribunale

Frontespizio calcogr. firmato “Furck fec.”, particolare. Da: Hermanni Vulteji jc. “Tractatus de iudiciis etc.” – Cassellis : typis Salomonis Schadewitz : impensis Sebaldi Köleri, 1654

Il giorno 9 agosto del 1747 il notaio Giovan Vincenzo Nitti e Lazzaro Presta, rispettivamente mastrodatti (1) e sostituto camerlengo della corte ducale di Nardò, furono testimoni di una fallita irruzione in casa preparata dalle autorità ducali neretine ai danni del ricercato Vito Fontefrancesco il quale, poi, risultò in essa asserragliato. Sempre i due uomini, inoltre, testimoniarono in merito alla mancata comparizione del canonico don Saverio, figlio del Fontefrancesco, che custodiva le chiavi del portone d’ingresso della casa paterna e il quale, nel frattempo, si era rifugiato presso il signor Don Francesco Maritati, un “notabile” della stessa università. La decisione di far irrompere i militari, con sfondamento del portone d’ingresso, nella casa del Fontefrancesco era la risposta del governatore Bartolomeo De Stifanelli al quale don Saverio, malgrado reiterati inviti bonari, aveva sempre negato l’accesso. Vito, dopo i fatti di giorno 9, era scappato da una porta segreta per andare a rifugiarsi nel vicino Convento dei Padri Riformati e da qui, poi, andò volontariamente al carcere neretino per costituirsi. Intanto quel “notabile” che aveva ospitato don Saverio Fontefrancesco, prendendo sia le parti sia del canonico che quelle del ricercato, aveva apertamente minacciato sia le forze dell’ordine che lo stesso governatore asserendo che i modi in cui si stava per compiere l’irruzione notturna avrebbe potuto procurar loro gravi incidenti e persino la morte di qualcuno.

Il 18 di agosto i due pubblici ufficiali, ossia i testimoni Nitti e Presta, deposero la loro testimonianza davanti ai giudici della corte ducale e alla presenza di testimoni “Litterati”. I fatti in questione furono registrati dal dottor De Carlo Oronzo Ippazio, notaio regio ed apostolico, il cui documento originale è depositato presso l’Archivio di Stato di Lecce. In esso si legge:

Costituiti personalmente nella presenza li Mag:(nifici) Not:(ai) Giovan Vincenzo Nitti della terra di Copertino , commorante in questa Città di Nardò, attuale Mastrodatti di questa Ducal Corte, e Lazzaro Presta Gaberlengo Sostituto di questa detta Città, li quali spontaneamente avanti di Noi, e non per forza, dolo, ò inganno alcuno, ma per ogni miglior via, attestorono, confessorono, e dichiarorono, siccome con giuramento avanti di Noi totti scripturi, attestano, confessano, e dichiarono cioè che il suddetto Not(aio) Giovan Vincenzo Nitti Attesta, Dichiara, come sotto il nove del corrente mese D’Agosto, fu chiamato da sua casa dal signor Governatore Don Bartolomeo De Stifanelli verso l’ore quattro della notte de detto giorno, il quale andava unito con il suddetto Gaberlingo. Don Pasquale Patera Curiale (2), e con tre soldati militari, che disse avesse accodito presso di lui, ed infatti si portorono in Casa di Vito Fontefrancesco per carcerare il medesimo, dove giunti, e sconegar tutti li tre soldati, il detto Signor Governatore ordinò al detto Gaberlengo, che avesse bussato la porta di detta casa, come già detto Gaberlengo battendola, s’intese una voce di Donna di dentro, che dimandò, chi era, ed il medesimo li rispose, ch’era la corte Ducale, è che però avesse aperto la detta porta, qual donna di dentro li replicò che non poteva aprirli, per causa che la medesima era stata serrata colla chiave dal sacerdote Don Saverio figlio di detto Vito Fontefrancesco, e che avessero quello fatto chiamare, mentre era andato in casa del Magnifico Signor Don Francesco Maritati pochi passi distante dalla medesima, à questo il Signor Governatore ordinò, che avesse andato a trovare detto Don Saverio, e che poco doppo ritornato, disse al suddetto Governatore che già aveva ritrovato detto Don Saverio, e richiesto di quanto l’avea ordinato, e come che lo ritrovò assieme con detto Don Maritati, questo l’avesse detto, che il detto Governatore avesse favorito dal medesimo, alla quale ambasciata invece esso costituito Not(aio). Giovan Vincenzo, che disse detto governatore di non poterla servire per allora; onde nonostante ordinò il detto Governatore che avesse ritornato di nuovo detto Gaberlengo da Don Saverio, e con effetto lo facesse venire à dargli la chiave di detta porta, perché altrimenti la farebbe aprire per forza, essendovi di nuovo portato da Don Saverio detto Gaberlengo, poco doppo si vidde ritornare il medesimo accompagnato con detto Don Maritati il quale essendo gionto in detto l’uogo, e fermatosi un poco, disse, che leggerezze son queste di notte tempo di violentare le porte, dove si stà dormendo, e vi sono delle zitelle, mentre con tal rumore in simile ora vi potrebbero nascere degli inconvenienti, al chè repplicò detto governatore che mai di inconvenienti potrebbero nascere, ed il detto Don Maritati rispose, che l’inconvenienti sarebbero , o dell’omicidi o altro, e realmente detto Costituito Not(aio). Giovan Vincenzo già l’avea tali inconvenienti prevenuti, e giudicati, stante sopra della porta di detta casa vi era la lamia, seu astrico di detto fontefrancesco da dove si potrebbe offendere; ed à riflesso costituito sempre stea discosto da detto astrico, e m’avea anche avvisato detto signor governatore; indi seguitò à dire il medesimo Signor Governatore, che dovea carcerare con effetto detto Vito Fontefrancesco, poiché ne era ordine dell’eccellentissimo (sic), al che rispose detto signor Maritati tener lui ordine in contrario, e che però l’esecutori devono aver modo, e prudenza nell’eseguire, e non già assalire una casa di notte tempo con modi violenti, e strepito mentre in tal modo si stà nel pericolo di seguire inconvenienti, e nel mentre ci può restare V(ostra) S(ignoria) o jò, onde a tali affermazioni il signor Governatore, richiamò detti soldati; e nel mentre stevano per licenziarsi detti signori ministri, stante ivi vicino vi era la chiesa de P.P. Riformati s’intese sonare il campanello di detto convento, e la voce di detto Vito Fontefrancesco, il quale se ne era fuggito d’altra porta secreta, ch’egli avea; onde verso la mattina poi si intese e vidde esso costituto, che con ordine di detto Signor Maritati avea fatto esibire spontaneamente detto pleggio alle carceri, dove al presente si ritrova: Ed Il Detto Magnifico Lazzaro Presta Gaberlengo sostituto attesta nel modo, e di forma come di sopra si è attestato, e dichiarato da detto Not(aio) Giovan Vincenzo Nitti, a riserba della prevenzione, e giudizio,che detto Notabile Nitti avea fatto, degli inconvenienti che potrebbero nascere da sopra all’astrico di detto Fontefrancesco, ed a riserba ancora delle parole, che detto Notabile Nitti disse aver intese, e sono, mentre in tal modo sempre si stà nel pericolo di seguire inconvenienti, e ci può restare o V (ostra) S (ignoria) o Jò, atteso che esso costituito Lazzaro disse, non averle intese, che detto Don Maritati disse al detti Signor Governatore, che potrebbero nascere dei inconvenienti, ed io sarò il primo, ed il Signor Governatore replicò, e disse che inconvenienti sarebbero questi , il detto Signor Maritati rispose, qualche omicidio; e di tutto ciò essi costituti dichiarano averne fatto deposizione nella Detta curia Ducale, alla quale; et sic profanti veritate attestati sunt, et Juraverunt facti scripturi … (3)

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Note:

1) Il mastrodatti (derivante dal Latino Magister actorum) originariamente era, nella burocrazia del Regno di Napoli, un funzionario addetto alla redazione ed alla custodia degli atti pubblici e privati. Presente in ogni Corte locale ed in ogni Università, in seguito assunse anche funzioni giudiziarie, provvedendo alla istruttoria delle cause e raccogliendo le informazioni necessarie per il pronunciamento del giudice. L’ufficio della mastrodatti era ricoperta generalmente da un notaio ma, specie nelle comunità più piccole, anche da barbieri, sarti, calzolai. L’ufficio veniva affittato ai privati tramite asta pubblica, i quali rimanevano in carica per un massimo di quattro anni ma dovevano essere, come nel caso del Giovan Vincenzo Nitti, non residenti nell’Università.

2) Curiale: sostanzialmente era un avvocato o un componente della curia Ducale.

3) Archivio di Stato di Lecce, Sezione notai di Nardò, prot. n. 66/17, notaio De Carlo Oronzo Ippazio, Anno 1747 cc. 60 v, 61 r/v, 62 r/v

BIBLIOGRAFIA

Raffaele MACINA, “Viaggio nel Settecento”, Ed. Nuovi Orientamenti, Modugno 1998, p. 52

AA.VV., “L’amministrazione della giustizia in Morra tra XVII e XVIII secolo”, sta in « Voce Altirpina » A. IV, giugno 1982, p. 7

G. M. GALANTI, “Della descrizione geografica e politica delle Sicilie”, a cura di F. Assante e D.  Demarco, Edizioni ESI, Napoli, 1969, p. 177.

Cfr. A. DE SARIIS, “Istoria del Regno di Napoli e Codice delle leggi”, presso V. Orsino, Napoli 1792


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