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Una storia di case popolari

Creato il 27 settembre 2010 da Abattoir

Durante la trasmissione “Le Iene”, Giulio Golia ci ha fatto vedere  un po’ cosa succede ultimamente a Palermo in quel quartiere chiamato “Zen2″, verso il quale molti palermitani provano schifo, forse perché non lo conoscono, forse perché sono molti i palermitani a passarsela bene, e magari preferiscono giudicare senza capire.

Prima di dire la mia, vi racconto una storia, la storia di Michele e di Rosalia, entrambi del ‘33, genitori di sei figli, lui operaio al cantiere navale, lei casalinga. Erano altri tempi e si nasceva e cresceva nello stesso letto della madre anche quando eri sposato. La nonna era la mamma-grande, e i giocattoli dei “morti”1 il 3 novembre scomparivano fino all’anno successivo.
Nel ‘71 Michele e Rosalia avevano già una figlia fuiuta2 e quindi la più grande in casa era Rosaria di 16 anni, la più piccola era Patrizia di solo un anno, quando ricevettero l’assegnazione di una casa popolare a Borgo Ulivia, un posto vicino Falsomiele, periferie inesistenti, le cui prime pietre posate erano quelle di queste case. 
A costruzione quasi ultimata, quando ancora mancavano gli infissi di porte e finestre, “gente di Ballarò”3 arrivava con i camion pieni di mobili per  occupare le case, anche la casa di Michele e Rosalia, i quali si organizzarono con gli altri assegnatari  in ronde che giorno e notte sorvegliavano i palazzi affinché nessuno li occupasse abusivamente.
La domanda nasce spontanea, perché non occuparono le case anziché dormire in auto? Perché si rischiava la denuncia e il diritto alla casa assegnata. Se la casa non è tua, te ne freghi se la polizia ti butta fuori, ma se la casa è assegnata a te, non puoi rischiare.
Borgo Ulivia era un piccolo borgo in costruzione e non c’erano negozi nè c’erano servizi, nulla, ma, in un certo senso, forse c’era tutto: le case.
La famiglia di Michele e le altre famiglie difesero il diritto a quelle case coi denti e alla fine le ottennero, ma non senza tranquillità: non ci si poteva allontanare per qualche giorno senza la paura che ti aprissero casa e si infilassero altre persone: infatti, questa è una pratica non solo diffusa, ma tollerata per le case che gli assegnatari non curano.

Oggi nel 2010, a quasi 40 anni dalla storia che vi ho raccontato Borgo Ulivia si chiama ZEN, ZEN2, Borgo Nuovo, CEP, Sette cannoli, e non potete immaginare quante altri quartieri di Palermo, e quella di Michele è la storia di altrettanti palermitani che non possono permettersi una casa e per averla devono lottare.

La loro lotta è svolta tra pari, tra poveri, tra quelli che non sono poveri ma hanno l’iPhone, o l’iPhone forse se lo faranno dopo, per sopravvivere nella società dell’apparenza, una volta soddisfatta però la sopravvivenza dell’esistenza.

Chi ha visto il video delle Iene, pensa di aver visto la mafia nella faccia degli occupanti o in chi dice che a casa sua non ci entrano perché c’è la “flotta” a proteggerla, e io vi dico che non sono loro: loro sono solo i frutti malati, le vittime, della mafia, di quella struttura di potere che li vuole deboli e impoveriti nelle tasche e nello spirito, pronti a sbranarsi l’uno con l’altro per un diritto che dovrebbe essere naturale, la casa. Non li sto giustificando, ma prima di giudicarli proviamo a capire. E delle persone delle istituzioni intervistate che non vogliono occuparsi del problema che ne pensate? No, questo giudizio, tenetevelo per voi, noi abbiamo famiglie troppo “fesse” per farci querelare.

ps: Rosaria, la figlia di Michele e Rosalia, è mia madre.

1 I giocattoli ricevuti in dono per la commemorazione dei defunti.

2 Fuggita: con la “fuitina” una coppia di giovani innamorati scappa di casa perchè le rispettive famiglie accettino il loro rapporto.

3 Ballarò è un quartiere storico di Palermo

foto:flickr

 

Una storia di case popolari

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