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Urlo di Allen Ginsberg

Creato il 24 agosto 2011 da Nasreen @SognandoLeggend

Allen GinsbergAllen Ginsberg;

Nacque a Newark nel New Jersey nel 1926 da una famiglia ebraica. Fu uno dei maggiori esponenti della Beat Generation. Fra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo : La caduta dell’America (Mondadori 1996), Jukebox all’idrogeno (Guanda 2001), Saluti Cosmopoliti (1996), Parigi Roma Tangeri (2001), Morte e Fama (2009) editi da Il Saggiatore. Morì il 5 aprile 1997 nell’East Village di New York City per una complicazione dell’epatite dovuta al cancro al fegato.

 

Urlo di Allen Ginsberg
Titolo: Urlo 
Autore: Allen Ginsberg
Edito da: Il Saggiatore
Prezzo: 10,00 €
Genere: Poesia
Pagine: 136 p.
Voto:
Urlo di Allen Ginsberg

Urlo di Allen Ginsberg
Urlo di Allen Ginsberg

Trama: «Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte da pazzia, morir di fame isteriche nude strascicarsi per strade negre all’alba in cerca di una pera di furia.»

Con questi versi, letti da Ginsberg stesso il 13 ottobre 1955 alla Six Gallery di San Francisco, si apre Urlo, diventato presto un testo fondamentale della Beat Generation. Una ballata psichedelica, un grido di dolore e protesta contro l’America, feroce matrigna. Ma Urlo è anche colmo di tenerezza e umorismo: nei versi rapidi che incapsulano decine di esistenze e personaggi, nell’invito a non dimenticare ciò che è santo e vero nella vita. Insieme a Urlo, Kaddish, il bellissimo lamento funebre per Naomi, la madre morta in manicomio, in cui il dolore individuale si scioglie nella totalità dei dolori.

 

Recensione:

di Ran Yuu

“Urlo” è forse il poema più conosciuto di Allen Ginsberg poeta simbolo della Beat Generation. E proprio dal titolo vorrei partire con la mia recensione. Se dovessi trasformare in immagini il senso di angoscia che ho provato mentre lo leggevo, lo paragonerei al dipinto di Munch “L’urlo”, non tanto per l’associazione di parole, quanto per il senso di smarrimento e l’impotenza di fronte all’autodistruzione. Uno sfondo psichedelico, un fiume di parole che si intrecciano e confondono, un mare di cruda verità che soppraffà il lettore.

La poesia, dedicata a Carl Solomon conosciuto da Ginsberg in un istituto psichiatrico dov’era ricoverata la madre, grida al mondo la situazione degradante di chi ha deciso di perdere il contatto con la realtà spingendosi oltre il confine, quello da cui non si torna indietro e di cui l’autore stesso fa parte assieme agli amici di sempre, a molti artisti e alla gente comune che ha conosciuto nel corso della sua vita.

Una notte mentre osserva la Torre del San Francis Drake Hotel sotto l’effetto degli allucinogeni la struttra si trasforma in un mostro, il Moloch, che non rappresenza una singola bruttura, ma un insieme distorto e deforme, un esempio che rispecchia la società in cui vive, un catalizzatore su cui puntare tutta l’insoddisfazione per la sua nazione, gli Stati Uniti. Nella terza e ultima parte della poesia affida le sue paure e le sue speranze all’amico Solomon «Son con te a Rockland dove siam scrittori sulla stessa tremenda macchina da scrivere». I suoi sogni e i suoi ideali e la sua voglia di libertà. Uno struggente finale che si riallaccia con la nota a piè pagina decisamente più ottimistica e caratterizzata dalla ripetizione mantrica di “Santo!”

La seconda poesia del libro, intitolata “Kaddish” racconta il lento declino psico fisico della madre Naomi, morta in manicomio. Il titolo, nella religione ebraica, è una glorificazione a Dio che viene recitata per accompagnare la sepoltura dei defunti. In questi versi la sofferenza per una perdita così sentita viene vista da Ginsberg come un tramite per ogni dolore vissuto fin da bambino; un punto da cui si dirama il suo passato e lo attraversa con violenza e con tutta la forza del suo linguaggio carico di significati profondi.

«La chiave è nella finestra , la chiave è nella luce del sole alla finestra-Io ho la chiave-»

Ridurre la poesia di Ginsgerg a forma di protesta minimizza la grandiosità di questo autore. Ginsberg è stato un precurosore dei tempi e li ha adattati a se stesso. E’ stato uno dei capi saldi della Beat Generation, quella generazione che viveva in modo decadente a tempo di jazz ribellandosi al conformismo e alla massa senza sapere se ci sarebbe stato un domani, quella generazione che grazie al talento di chi vi ha aderito vivrà per sempre nelle pagine di capolavori assoluti.

Non posso non consigliare la lettura di “Urlo”, e mentre ne divorate ogni singola frase pensate a questa domanda “Non è forse così attuale ?”


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