Magazine Cultura

“Valperga”– Mary Shelley XXXV

Creato il 07 maggio 2012 da Marvigar4

la-congiura-dei-lampugnani

Mary Shelley (1797-1851)

VALPERGA

o

La vita e le avventure di Castruccio, Principe di Lucca

Traduzione integrale di Marco Vignolo Gargini dall’originale in inglese Valperga; or the Life and Adventures of Castruccio, Prince of Lucca

uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

Capitolo 35

Eutanasia si unisce alla congiura. Tripalda ne è membro.

Durante questa festività a Lucca, tutto aveva il volto del dolore e della depressione a Firenze. L’unica circostanza che li sollevò dalla loro rovina fu il commercio cittadino, poiché, grazie ai mercanti, il grano fu importato dagli stati vicini e i magistrati lo distribuirono ai poveri contadini.

Eutanasia aveva ascoltato malvolentieri le notizie del trionfo di Castruccio, le sembrò l’ostentazione del suo funerale e temette che la sua persona, esposta per la durata della cerimonia, fosse sotto tiro di alcuni dei suoi più audaci nemici. Ma questi agivano con un piano più preciso.

La marea delle sensazioni s’abbassò quando quel giorno di festa finì senza conseguenze, però nei racconti di quello sfoggio e del successo, quando sentì che il principe era incolume, trovò nuovi motivi per rattristarsi della mancanza da parte sua di quella sensibilità delicata e decorosa che sopra tutte le altre virtù d’Eutanasia caratterizzavano la sua mente.

Ma, se era disgustata dall’orgoglio basso che Castruccio manifestò nel trattamento di Cardona, i suoi sentimenti d’orrore e d’odio furono rinfocolati dagli avvenimenti che seguirono. Quattro giorni dopo il primo incontro Bondelmonti entrò nel suo appartamento: i modi erano bruschi, il volto pallido, non riusciva a parlare. Quando si riebbe un po’, le sue prime parole furono un torrente di imprecazioni contro Antelminelli.

«Oh, smettila!» urlò Eutanasia, «lo odi e lo vorresti distruggere, ma non maledirlo!»

«Dammi piuttosto la possibilità di aggiungere un’amarezza dieci volte più forte alle mie deboli maledizioni, ma tutte le parole che si possono pronunciare sono poca cosa. Se prima era stato un angelo ora ha fatto ciò che lo ha macchiato e sfigurato per sempre. È il peggiore dei tiranni, il più crudele e atroce disgraziato che respira! Ma la terra si sbarazzerà presto del mostro. Leggi questo!»

Mise nelle mani di Eutanasia un fogliaccio di carta su cui lei decifrò queste parole:

«Per il sacro cuore di Gesù, salvatemi! Mia madre non manda il riscatto. Sono stato torturato questa mattina. Verrò torturato ancora giovedì se non inviate seicento fiorini d’oro.

Per pietà, il vostro Francesco Bondelmonti.»

Il foglio le cadde dalle mani. «Questo è del mio cugino Francesco», disse Bondelmonti, «gli altri sono nella stessa situazione. Quelli che non sono stati riscattati vengono gettati nelle più ripugnanti prigioni e lui li fa morire di fame e di torture per stimolare la loro sete di libertà. Deve regnare uno così?»

«No», urlò Eutanasia con le guance rosse d’indignazione e le labbra tremanti per l’eccessiva pietà. «No, non deve regnare. È indegno di vivere se non si pente. Bondelmonti, ecco la mia mano. Fai di me quel che ti pare. Che sia salvo, ma che gli venga tolto il potere che usa più come un demone che come una creatura umana.»

«Grazie, cara cugina, per questo pensiero generoso: ora ti riconosco. Riconosco la mia Eutanasia, che s’era dimenticata di sé per un po’ solo per risvegliarsi con nuovo vigore. Richiama tutto il tuo spirito, Madonna, raccogli tutto ciò che di nobile, saggio e coraggioso il tuo eccellente padre ti ha insegnato. Questo non è uno scherzo o la soluzione di uno sdegno momentaneo, è il fermo proposito di chi vede un male inimmaginabile pieno di distruzione e orrore. La tua pronta offerta merita la mia massima fiducia, e l’avrai. Stanotte ti rivedrò. Ora devo cercare di prendere i soldi per liberare Francesco. La mia borsa è stata svuotata dal riscatto dei miei tre fratelli, e sua madre ha soltanto trecento fiorini.»

«Posso fornirti il resto», disse Eutanasia. «Poveretto, mandaglieli subito, che possa essere riscattato nel minor tempo possibile dal potere che ha meno rimorso della tortura di cui soffre. Stanotte ti rivedrò.»

Eutanasia passò le ore successive con grand’agitazione. Non venne meno al suo proposito: aveva dato la parola e non si sognava di ritirarla. Ma tutto nella sua mente era trambusto e confusione. Si immaginava le scene che sarebbero seguite, la caduta di chi aveva amato, la sua vita salvata solo dal suo intervento… e lui forse, venendo al corrente che anche lei s’era unita alla congiura per spogliarlo del potere che aveva faticato a ottenere, si sarebbe allontanato da lei con orrore.

Mentre pensava a questo poche lacrime caddero spontanee. Guardò il cielo con i suoi profondi occhi azzurri e cercò di raccogliere tutta la forza. Venne la notte e l’ora in cui aspettava Bondelmonti, ma tutto era tumulto e inquietudine nel suo cuore: a tutti gli altri rimpianti aggiunse il forte dubbio se non stesse lasciando in quest’occasione la via dell’innocenza per quella intricata e difficile dell’errore. Allora s’inginocchiò e pregò con forza perché il senno e il giudizio la guidassero bene.

Eutanasia ora era proprio nel fiore della vita. Erano passati dieci anni dalla prima volta nel suo castello di Valperga in cui aveva scambiato le promesse con Antelminelli, ma la sua mente era così giovane che, per così dire, rinnovandosi sempre nel suo inesauribile tesoro di saggezza e sentimento, non riposava mai sul passato, dimentica dei cambiamenti avvenuti intorno a lei. La sua personalità era migliorata, aggiungendo di continuo qualche nuova acquisizione o rafforzando quelle già in possesso, allargando così per sempre la sua sfera conoscitiva e percettiva. Spesso sentiva di non essere la stessa di pochi anni prima; spesso s’immaginava d’ottenere solo da questo o quel periodo una vera intuizione dei casi della vita ed essere avviata alla vera saggezza; ma questi momenti erano in mutamento continuo, perché giorno per giorno acquisiva una nuova facoltà, la scoperta di una nuova luce che la guidava nel labirinto, mentre un altro dei mille veli piegati che celano il sole della realtà dallo spirito ardente della gioventù cadeva davanti al suo sguardo acuto. Il cambiamento avvertito nelle sue facoltà tuttavia era più grande di quello che realmente avveniva. Era soltanto la rivelazione di un altro petalo della rosa in sboccio, ma il bocciolo già conteneva il germe di tutto ciò che appariva come se fosse appena creato.

Con questo giudizio maturo e profondità di sentimento Eutanasia era chiamata a svolgere una parte difficile in un’impresa assai dubbia e pericolosa. L’entusiasmo che la caratterizzava l’aveva sempre indotta a riporre una grande fiducia nelle sue sensazioni e nella decisione improvvisa in ogni punto incerto. Adesso non esitò a decidere di far parte della cospirazione: il suo rifiuto non avrebbe fermato il progresso della congiura, il consenso le avrebbe permesso di giudicare e regolare le sue misure. Non amava più il principe, la sua crudeltà lo aveva degradato persino da quel piccolo spazio che ancora conservava nel suo cuore. Ma era tale la forza del sentimento antico che lei desiderava ripristinare il suo affetto, qualora fosse tornato gentile e umano come le apparve quando lo conobbe la prima volta. L’avversità forse avrebbe arrecato questo mutamento.

Bondelmonti comparve e con un volto pieno di soddisfazione e persino di gioia nel rivendicare la promessa del mattino. Eutanasia la ripeté solennemente, mentre il suo aspetto serio e la modulazione commovente della sua voce dicevano come sentiva dal profondo del cuore la portata e la forza dell’impegno che si era presa. Bondelmonti entrò poi in dettaglio sulle condizioni della congiura.

La famiglia Quartezzani era stata quella che aveva assistito di più Castruccio nella sua scalata al potere, e gli era stata accanto a lungo fedelmente. Però Castruccio, divenuta più salda la sua tirannia, temette il loro potere più che compiacersi del loro sostegno e sospettò che lo considerassero soltanto uno mezzo momentaneo per le loro lotte e poi metterlo da parte alla prima occasione. Cambiò atteggiamento nei loro riguardi, dall’amicizia alla più fredda diffidenza, e colse l’opportunità più ghiotta per esiliare il loro capo da Lucca. Disgustati da quest’ingratitudine, si ritirarono da corte e istigati dagli emissari di Bondelmonti, si unirono in una congiura contro di lui insieme agli Avogadii, suoi nemici giurati, per privarlo del potere, forse della vita.

Bondelmonti spiegò ad Eutanasia tutti i punti del progetto ideato per avere la città nelle loro mani. L’attuale governatore di Pisa, che ricordava e odiava il principe per il tradimento che aveva fomentato nei suoi confronti, stava avanzando ostile verso Ripafratta e, mentre il dispiegamento delle forze avrebbe attirato da quel lato Castruccio ed il suo esercito, un reparto attraversava il colle di San Giuliano e raggiungeva immediatamente la città, le cui porte gli sarebbero state aperte da uno dei cospiratori. Le forze fiorentine se ne stavano sulle rive del Guisciana e, prendendo vantaggio dalla confusione prodotta dall’attacco a Lucca, avrebbero passato il fiume e marciato diretti verso la città, proclamando la libertà ai contadini e attaccando solo i seguaci del tiranno. Re Roberto di Napoli aveva pronta una flotta nel golfo di Spezia che, alle notizie della breccia causata dalla congiura, avrebbe fatto sbarcare i suoi soldati sul territorio lucchese e si sarebbe così aggiunto alla confusione generale.

Questo era l’abbozzo del progetto, c’erano molti aspetti più piccoli che Bondelmonti passò in rassegna. Lui poi fece i nomi dei congiurati. Nello scorrere la lista menzionò Tripalda. Gli occhi di Eutanasia s’infiammarono di rabbia ad udire quel nome.

«Tripalda!» gridò, «Battista Tripalda! È uno dei vostri complici? No allora, mi dispiace davvero d’essere ora tra voi.»

«Perché questa reazione, cugina mia? Tripalda è un uomo d’infinito talento: i suoi consigli sono stati per noi vantaggiosissimi. Non credo che il nostro piano sarebbe mai maturato se non fosse stato per lui. Che importanza può avere la virtù o il vizio di un uomo in un’occasione del genere? I mezzi estremi sono quelli che vogliamo, interessa poco il nome cattivo con cui possono essere bollati.»

«Ragioni male, amico mio, e se insisti prevedo il fallimento del nostro piano e la rovina di quelli che ne sono coinvolti. Ho promesso il mio aiuto, né mi ritiro dal compito che mi sono imposta, ma non posso più aver fiducia nel nostro successo se uno così infido e senza scrupoli come Tripalda è ammesso a condividere le nostre opinioni. Un incidente mi ha fatto conoscere in tutta la sua estensione i suoi misfatti. È la conoscenza di questi che ha causato la sua cacciata dal palazzo e dalla compagnia del principe, solo i suoi misfatti lo spingono ad unirsi in questa congiura e dovrebbero anche indurci a respingerlo. Non può non essere che cattiva una causa che richiede l’aiuto di una persona così malvagia come questo prete infedele.»

«Mi sembra che tu sia piena di strani pregiudizi contro quest’uomo», replicò Bondelmonti, «ma certamente, mia cara cugina, è proprio per quello che è che noi dobbiamo tollerarlo. Non solo lui è al corrente di ogni aspetto della congiura, ma ne è stato l’elemento più attivo. Molti dei nostri seguaci più valorosi sono stati procacciati solo grazie a lui. Lui è il legame che tiene stretti quelli che sono personalmente in contrasto fra loro e il sostegno che sorregge gli indecisi.»

«E allora questa è la trappola in cui stiamo per cadere? Quest’uomo odia il principe perché Castruccio conosce perfettamente tutta la sua iniquità. Per la stessa ragione lui odia me…»

«Questa tua frase», la interruppe Bondelmonti, «dimostra l’eccesso del tuo fraintendimento. Lungi dal detestarti, lui ti stima e ti ammira, e fu per sua sollecitazione che per prima t’ho riportato il nostro progetto.»

«Tutto quello che dici purtroppo aumenta la mia sfiducia. Ma se, come credo, ho fatto bene a promettere il mio sostegno, il timore non mi tratterrà dall’esercitare i miei poteri e dal donare tutto il mio cuore all’impresa. Mio caro Bondelmonti, sei il mio amico più antico, tu eri amico di mio padre, io credo molto nel tuo giudizio e confido tantissimo nel senso del bene che la natura ha impiantato nel mio cuore. Mi auguro che nessuna visione errata, nessuna passione velata mi inganni adesso, quando desidero più d’ogni cosa agire per il bene, giustamente verso gli altri e me stessa: la catastrofe è nelle mani di quel Potere irresistibile che ci guida tutti e, se falliamo, nessuna debolezza, nessun vano rimprovero o peggiore tradimento macchierà la mia sconfitta. Abbi fiducia in me fino alla morte.»



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine