Cogliendo al volo la concomitanza con la concomitanza della retrospettiva riservata a Chagall, in un'unica giornata milanese ho gustato una mostra dai toni favolosi e quest'altra che, pur presentandosi molto più concreta e realistica, ha lo stesso, intimo legame con la personalità e la vita dell'artista.
L'uomo e la terra, curata da Kathleen Adler, si presenta divisa in sei sezioni allestite grazie alla collaborazione con musei come il Kröller-Müller Museum di Otterlo, il Centraal Museum di Utrecht e con diversi privati che hanno aperto le loro collezioni.
Accolto all'ingresso da un piccolo ma particolarissimo ritratto di Van Gogh datato 1887 in cui il tono composto cittadino è tradito da un baffo ribelle, lo spettatore si trova immediatamente immerso nelle campagne grazie alla contrapposizione fra dipinti di soggetto contadino e un'ampia serie di bozzetti a gessetto nero che attestano il costante e continuo lavoro dell'artista nella resa del lavoro e della fatica. Della campagna egli riproduce le persone, le attività, le abitazioni e la sua tavolozza è scura, al punto che sembra fatta di terra.
Natura morta con patate (1888)
Particolarmente significativi, in questa parte della mostra, sono la tela del Contadino che brucia le erbacce assieme alla moglie (1883) e la litografia del noto dipinto dei Mangiatori di patate (1885): in ogni opera Van Gogh trasmette l'autentico desiderio di immergersi in un mondo di immediatezza e semplicità che, pur nella sua durezza, cela un significato positivo di devozione, raccoglimento e di un profondo legame con la natura. L'adesione a questo mondo puro e genuino è testimoniata dalle parole di Vincent all'amatissimo fratello Theo: «Mi emozionano le covate e i nidi - specie quei nidi umani, quelle capanne nella brughiera e i loro abitanti»; già in passato i dipinti di Van Gogh mi hanno suggerito accostamenti fra la visione di questo artista e la poetica pascoliana (ma, a tirar in ballo la letteratura, trovo anche una sorta di richiamo all'ideale dell'ostrica) e questa dichiarazione è la conferma di una stretta affinità nel guardare al mondo naturale e contadino.Contadio che brucia le erbacce insieme alla moglie (1883)
«Nell'amore come in tutta la natura c'è un appassire e un rifiorire, ma non una morte definitiva»Segue una piccola galleria di ritratti, dove, oltre al vivacissimo Donne bretoni ripreso da un originale di Émile Bernard, dove l'artista vagheggia la costituzione di una colonia d'artisti in Provenza, spicca il coloratissimo Ritratto di Joseph Roulin (1889), postino di Arles e grande amico di Van Gogh, che lo dipinge in moltissimi quadri, facendo trasparire una forte ammirazione e, nel caso di questo primo piano, un senso di forte intimità e condivisione.
Ritratto di Joseph Roulin (1889)
«Vorrei fare ritratti che fra cent'anni sembrino apparizioni»
Natura morta con statuetta di gesso e libri (1887)
Una ricca sezione della mostra è dedicata al genere della natura morta, che pone Van Gogh in diretto contatto con la cultura olandese, che in questo genere era all'avanguardia fin dal Seicento: nella sala che raccoglie le tele con soggetti inanimati si alternano visioni di cromatismo scuro e di ispirazione fiamminga, ma anche la bellissima esplosione floreale parigina di Rose e peonie (1886) e due opere che hanno tutto il sapore della tecnica dell'artista, oltre che una vivacità di colori che va connessa all'atmosfera parigina: Natura morta con statuetta di gesso e libri (1887) e Natura morta con cipolle (1889), realizzato dopo la celebre lite con Gauguin che portò l'artista a mutilarsi di un orecchio. In entrambi questi dipinti sono presenti dei libri, oggetti spesso protagonisti della nature morte del pittore olandese, ma, più in generale, nella sua vita, al punto che, sempre a Milano, è in corso Van Gogh: la passione per i libri, un evento ospitato a Palazzo Sormani fino al 25 febbraio che punta a far conoscere, attraverso edizioni dell'epoca, i testi più amati dall'artista.Natura morta con cappello di paglia (1881)
Rose e peonie (1886)
Natura morta con cipolle (1889)
Ma le tele più ampie e suggestive sono quelle di paesaggio, che appaiono dopo il superamento della sezione che raccoglie le lettere di Vincent a Theo: qui il visitatore si immerge nelle campagne francesi ed è catturato dai vortici di colore in cui si modellano vitigni, campi, alberi e distese di grano, con un percorso che parte da un sottobosco, si apre alla Veduta di Saintes Maries de la Mer (1888), con i suoi campi di lavanda e approda al Paesaggio con covoni e luna che sorge, una delle ultime opere (1889) in cui la luna, che evoca la fine di un giorno come quella della vita, è però simile ad un sole e segna la convinzione, da parte dell'artista, che un prossimo cambiamento sia imminente e che la sua arte debba rappresentarlo.
Veduta di Saintes Maries de la Mer (1888)
Paesaggio con covoni e luna che sorge (1889)
«A volte io desidero talmente dipingere un paesaggio, come uno anela a una lunga passeggiata per ristorarsi, e in tutta la natura, negli alberi ad esempio, io vedo un’espressione e un’anima»
C.M.