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VERSI – Anna Lamberti-Bocconi: una “signorina” senza filtri

Creato il 03 luglio 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

VERSI – La rubrica dedicata alla poesia

A cura di Anna Castellari e Chiara Rea

Dopo l’illustrazione, le librerie indipendenti e i libri per ragazzi, su Via dei Serpenti, da oggi, ci sarà anche la poesia. Inauguriamo la nuova rubrica VERSI con Anna Lamberti-Bocconi.

Chi è la signorina di Cro-Magnon? «Ma sono iooo!» direbbe, ammiccando al suo pubblico, una Anna Lamberti-Bocconi che non conosce filtri, nella vita, come sul palco, come su carta. In realtà, come scrive Gianni Montieri in Poetarum Silva, il vero filo conduttore di questo volume sono “la disperazione e la morte”.

«Anna Lamberti-Bocconi sta dalla parte di chi prova a tenersi in piedi, che resiste alle botte che la vita dà» prosegue Montieri. E noi non possiamo che provare che simpatia, nel senso di condivisione del pathos, delle cose belle della vita come di quelle nefaste. Lamberti-Bocconi interpreta la sofferenza di noi tutti, rendendoci il cammino meno penoso. E il volume, rilegato a mano dalle sarte Francesca Genti e Manuela Dago per Sartoria Utopia, ha una copertina che promette tutto ciò che Anna mantiene nelle pagine: inquietudine, senso di perdita, irrequietezza. E c’è una Milano fatta di bocciofile, fontane, dopolavoro, “sole d’estate che avvita i suoi raggi nell’anima”.

cro-magnon

Vi lasciamo qualche suo verso, il resto lo potete leggere nel libro La signorina di Cro-Magnon (Sartoria Utopia, Milano 2014), acquistabile scrivendo alle editrici: [email protected].

Guardare la disfatta evolutiva con tremendo distacco –
io, la signorina di Cro-Magnon, in piedi sugli acquedotti
romani, su dolmen e menhir – averlo dentro il futuro
tutto saputo già, scientifico, a calcoli astronomici
di sacerdoti – a fegato su marmo, caldo come gli agnelli
calata la lama – io signorina colma di nudità dritta al vento,
coi capelli scompigliati, i capitelli divelti,
colonne mozze, i capezzoli a freccia – conoscere l’attacco
e la fine, per nobiltà ancestrale, per il semplice fatto
che a mano libera la genetica mi disegnava nel tempo.

***

Amami dalle due lune del tuo profondo sentire
quella orientata male, che sbaglia a fare la vita,
e quella invisibile che veglia sotto la luce.

Vieni alla festa delle mie due morti
dove sono risorta poco alla volta
soltanto con un po’ di riso, un po’ d’olio,

capisci che voglio parlare con un serpente di corda
egli sale piano dal cesto all’aria
per dirmi che è mattina col flauto della ragione.

Vieni all’invito di Edipo e delle scimmie cugine
fra chi divenne uomo e chi rimase nella foresta,
l’oscuro succo dell’evoluzione.

Vieni.
Bevi.
Vieni.

***

Medico, prete, madre, letto, amante,

io sono il tuo ansiolitico, il tuo vino:
per tutta la stordita primavera
del lungo tempo dell’ubriacatura
ti porto a un sonno sempre più pesante
verso una sepoltura più leggera.


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