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Vinyls: “Perché è fallita la proposta Finambiente”

Creato il 20 dicembre 2012 da Cassintegrati @cassintegrati

Mentre andava in scena il teatrino di presentazione della chimica verde a Porto Torres – presenti il ministro (ancora per poco) Passera, istituzioni locali, Ugo Cappellacci e l’a.d. Eni Paolo Scaroni – pubblichiamo il racconto di Tino Tellini, ex operaio dell’Asinara. Ci spiega perché il progetto Finambiente-Pb Oil, che intendeva rilevare i lavoratori Vinyls, è naufragato. Illuminante per capire come possono finire le proposte industriali in Sardegna.

Vinyls: “Perché è fallita la proposta Finambiente”

Non possiamo pubblicare questa testimonianza senza prima rendere noti alcuni fatti. E’ vero che prima di sospendere la raffineria il 29 dicembre 2011, la Provincia di Sassari ha ammonito diverse volte Pb Oil sulle prescrizioni da rispettare: “Operavano con configurazione diversa da quella autorizzata”, ci spiega l’Ing. Zara. E’ vero anche che quando l’Arpas si è presentata a Dicembre 2011 nello stabilimento non era tutto a posto, perché fermo. Dall’altro lato è vero che ad oggi non c’è una analisi che affermi che lo stabilimento Finambiente abbia emissioni nocive, infatti ora l’Autorizzazione ambientale Aia è stata rilasciata. Ed è vero che i “fondi colonna” prima classificati da smaltire, con alti costi per l’azienda, sono poi stati classificati vendibili come bitume, come chiesto da Finambiente. Solo che tra rinvii ed incomprensioni sono passati 13 mesi, e l’azienda non ce la fa più, complice anche un debito di 7 milioni che Abbanoa (Società a partecipazione pubblica della gestione idrica sarda) ha verso Finambiente. Abbiamo ovviamente sentito entrambe la parti, e crediamo che la testimonianza sia importante per capire come vanno le proposte industriali in Sardegna, a prescindere dalle parti. Invitiamo comunque i soggetti in causa a ribattere e replicare, se lo ritengono necessario, sulle pagine di questo blog. Grazie.

“Entrai a far parte del gruppo Finambiente (Pb Oil), società che opera nella lavorazione e trasformazione degli oli esausti, il 19 giugno 2011, dopo l’esperienza della Vinyls e la lunga occupazione dell’Asinara. Mi diedero il compito di seguire le relazioni esterne e quelle industriali. Dopo qualche settimana alla società venne in mente di assorbire il personale della Vinyls con nuove attività industriali all’interno del petrolchimico di Porto Torres: la produzione di oli finiti, la rigenerazione degli oli esausti (blending), un impianto di imbottigliamento degli oli che usa come materia prima la plastica della differenziata, un impianto di bio-diesel, una raffineria ex novo di rigenerazione degli oli esausti in sostituzione di quella esistente.

I primi due investimenti erano previsti dopo sei mesi dalle autorizzazioni, gli altri entro due anni. Dopo vari incontri al Ministero dello Sviluppo, con presenti la dirigenza Eni (proprietaria del sito) e la Regione Sardegna, non si registrarono particolari problemi per l’investimento. Entra in gioco anche la Provincia di Sassari, che deve rilasciare importanti autorizzazioni come quella ambientale, indispensabile alla marcia della raffineria di oli esausti di  Porto Torres. In questo insediamento industriale operano circa 50 addetti, e Finambiente per ristrutturarlo ha già speso cinque milioni di Euro. Inizia un’interminabile trafila burocratica e un lungo braccio di ferro con gli uffici dell’Assessorato Provinciale all’Ambiente di Sassari.

A dicembre 2011, infatti Finambiente ha presentato un’offerta formale ai Commissari Ministeriali della Vinyls pari a 4,6 milioni di Euro, con fidejussione bancaria depositata agli atti, per i terreni liberi da vincoli in area Vinyls, dove dovrebbero  nascere i nuovi impianti. Nei primi due si dovrebbe utilizzare proprio la materia prima prodotta dall’impianto Finambiente di Porto Torres, quella soggetta ad autorizzazione della Provincia. Ma questa sospende l’autorizzazione alla marcia della raffineria di Porto Torres. Davvero incredibile. Mai una volta, da quando Finambiente è entrata in possesso degli impianti, è stato superato il limite delle emissioni stabilito per legge. L’impianto da settembre era stato fermato per investimenti e per aspettare l’Arpas (agenzia regionale protezione ambientale), che su 90 giorni di tempo per i campionamenti aveva dato la propria disponibilità solo per i giorni in cui l’impianto non poteva essere acceso per un mancato arrivo di materia prima (come attestavano i documenti, e avendo avvisato tempestivamente). Per cui la sospensione delle attività si è rivelata ancor più un provvedimento incomprensibile.

Ad aprile 2012 la Provincia concede a Finambiente l’autorizzazione ambientale, ma si tratta di un un’autorizzazione capestro: caso unico in Italia, vengono considerati rifiuti i “fondi colonna”, che l’azienda Finambiente vendeva a società sarde come additivi per combustibile, chiudendo un importante ciclo ambientale. Oltre al mancato guadagno Finambiente sarebbe costretta a smaltire fuori Sardegna i fondi colonna, ora considerati rifiuti, con ulteriore spesa di quattro milioni di Euro. Nell’isola infatti non esistono discariche apposite. Tenere l’impianto in marcia a questo punto avrebbe solo voluto dire un’enorme passività di esercizio. Ricomincia l’ennesima trafila con la Provincia, incontri, rinvii e campionamenti. Tutti ignorano che tenere un impianto fermo come quello di Porto Torres costa alla società 18.000 Euro al giorno. A settembre finalmente la Provincia rilascia l’autorizzazione nei termini industriali, economici ed ambientali compatibili, fra l’altro indicando in prima analisi gli oneri autorizzativi in 24.000 euro mentre al Ministero ne indicano 15.000. I fondi colonna “ridiventano” prodotti e non rifiuti. Ma è passato oltre un anno, un’enormità per qualsiasi attività manageriale.

Finambiente ci ha rimesso nel frattempo 4,5 milioni di Euro netti aspettando questo tipo di autorizzazione, pagando gli operai ad impianto fermo. A questo si aggiungono mancati introiti come quelli di Abbanoa (partecipata regionale che gestisce la distribuzione dell’acqua in Sardegna) che deve a Finambiente quasi sette milioni di euro, in quanto quest’ultima ne gestisce i fanghi di potabilizzazione in tutta l’isola. Ma Abbanoa sta affondando in un mare di debiti, quasi 200 milioni, e non è in grado di assolvere le spettanze. Una situazione complessiva insopportabile per Finambiente, un anno per ottenere un’autorizzazione dalla Provincia, errori e rinvii, 4,5 milioni di euro buttati, crediti per sette milioni di euro con una partecipata dalla Regione, e i  fornitori bussano alla porta. In questo contesto la dirigenza Finambiente è costretta a mettere dal 1 agosto 2012 tutto il gruppo in cassa integrazione, un provvedimento inevitabile. Tutti i progetti vengono momentaneamente accantonati, compreso del recupero dei lavoratori Vinyls.

Un investimento da 36 milioni di Euro gettato alle ortiche per questa vicenda. Ecco perché risulta, oltre che intollerabile, dannoso l’atteggiamento della Provincia di Sassari, ricordo la Presidente Alessandra Giudici quando si presentava in campagna elettorale con lo slogan “Prima il lavoro“. Tale slogan suona ora come una beffa. Come infrangere un sogno: la risoluzione della questione Vinyls”. Argentino Tellini.

di Michele Azzu | @micheleazzu

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