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William Gaddis, L’agonia dell’agape, Alet, il nostro libro del cuore della settimana

Creato il 14 ottobre 2011 da Atlantidelibri

È stato uno dei grandi romanzieri del Novecento americano, maestro di tanti autori postmodernisti come Don DeLillo.
Se le dimensioni de L’agonia dell’agape sono di certo minori rispetto a Gotico Americano e a Jr. , risulta essere però un distillato della sua sapienza e della sua arte, da sempre alla ricerca dei nessi che legano l’avidità del capitale e il fondamentalismo religioso, considerati i “demoni” della nazione americana. La sua ultima opera è un testo straordinario,  un racconto lungo in forma di ultime parole di un personaggio di certo molto simile all’autore stesso.
William Gaddis, L’agonia dell’agape,  Alet

L’ultimo libro di Gaddis.
Il distillato del pensiero di un grande maestro della letteratura americana.
“Qualunque scritto che valga la pena di leggere ha origine, come il suicidio, dall’indignazione o dalla vendetta”.
In una lettera del 1962, Gaddis scriveva a un amico che la sua “ossessione per la nostra società sempre più controllata e la crescente meccanizzazione delle arti” avrebbe potuto sfociare in una nuova opera: avrebbe potuto costituire “un passo in avanti, un nuovo impegno, anche una fuga dalla routine”. È L’agonia dell’agape, un’impresa che accompagnerà lo scrittore per tutta la vita e che verrà data alle stampe solo dopo la sua morte, per volontà dello stesso Gaddis.
La storia è quella di uno scrittore ormai anziano, alter ego di Gaddis stesso, che giace in un letto d’ospedale circondato dagli appunti di una vita, e tormentato dal bisogno di “spiegare tutto… riordinare e sistemare prima che tutto crolli”. Il nemico è l’entropia che divora il suo corpo in disfacimento e che al contempo “sta portando al collasso di tutto, dei significati, del linguaggio, dei valori, dell’arte”. Nel caos che domina la nostra epoca la tecnologia ha trasformato l’arte in passivo intrattenimento: quando, come, perché siamo arrivati a questo? Che cosa abbiamo perduto? Dov’è finita “l’accanita autenticità” che informava il rapporto tra lo scrittore e il lettore? È così che il protagonista, con una prosa incalzante e ritmica alla Thomas Bernhard, si lancia in un travolgente, disperato monologo, “una flebile voce che tenta di salvare tutto” che condensa i temi presenti in tutte le opere di Gaddis: il denaro, l’artista come falsario, e soprattutto quello che considera “il cuore di tutto”, la sua idea di agape: lo spirito del valore partecipativo e comunitario, condizione necessaria all’atto creativo che può avvenire solo tra spiriti “affini”. Perché è questa una delle verità che ci consegna questa “piccola fiamma dura come una gemma”: come dice un personaggio di JR che cerca di spiegare agli altri che cos’è l’agape, “i migliori di noi fanno tesoro degli amici”.



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