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Wyv And Keep: The Temple Of The Lost Idol – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi

Wyv And Keep: The Temple Of The Lost Idol – Rompicapo e platform bidimensionale

di Jacopo "ED64" Retrosi

Voglia di spremere le meningi, magari in compagnia? Wyv And Keep: The Temple Of The Lost Idol è la scelta perfetta allora. L’indie di A Jolly Corpse, rilasciato da qualche mese su Steam, propone una formula a cavallo tra un puzzle game in stile rompicapo ed un platform bidimensionale, sulla scia del primo Toki Tori; le meccaniche si basano su un unico, semplicissimo concetto, studiato per espandersi ed arricchirsi nel corso del gioco, offrendo così una sfida progressivamente più impegnativa, ragionata ed appagante, più l’irresistibile opportunità di coinvolgere un amico nell’impresa, anche online. Il team di sviluppo sarà forse riuscito a concretizzare le buone premesse del titolo? Scopritelo nella recensione.

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ROMPERE LE SCATOLE

Wyv And Keep: The Temple Of The Lost Idol si snoda attraverso 60 livelli di complessità crescente, di cui troviamo un’istanza in Normal Mode, concepita come difficoltà standard, e Easy Mode, che integra i medesimi puzzle ma con qualche variabile di disturbo in meno, semplificandone la risoluzione ma a costo dell’epilogo, la cui non visione non è disponibile in questa modalità. Sebbene il gameplay rivesta infatti un ruolo centrale, il filo conduttore che intercorre tra insidie e location segue le vicende dei due protagonisti, Wyv e Keep per l’appunto, a caccia di tesori in un antico complesso di rovine sperduto nella giungla; i pochi scambi di battute sono elargiti raccogliendo le pagine di diario sparpagliate in giro, sfoggiando tra l’altro un’impostazione votata allo humour che conferisce all’atmosfera un tono leggero, in linea con il motore grafico 16-bit che fa tanto Metal Slug, godibile, per quanto il più delle volte si è propensi a “skipparli” per non smarrire la concentrazione.

L’obiettivo ultimo di ogni livello è l’apertura della porta per la stanza successiva e la nostra valutazione una volta varcata la soglia si baserà sul tempo impiegato, il numero di volte che avremo fallito e ricominciato, e la percentuale di tesori raccolti (non temete, in caso si punti a valutazioni migliori, sarà comunque possibile riprovare in ogni momento); per compiere praticamente qualunque azione nel gioco avremo invece a disposizione un unico strumento, abbastanza basilare: scatole. Sì, niente gadget o abilità assortite, solo ed esclusivamente cubettose casse di legno. Potremo giusto spingerle in giro, tuttavia si rivelano ben più versatili di quanto si pensi: possono sanare un dislivello, fungere da trampolino, mantenere premuto un interruttore, restringere il territorio di un nemico, proteggere dalle frecce, creare un ponte sull’acqua… Anche così però il repertorio di per sé non sarebbe nulla di eccezionale, il tutto si potrebbe facilmente ricondurre ad un lavoretto di disposizione, comune nel settore; l’elemento che aggiunge pepe al gameplay è la presenza dei due protagonisti, controllabili separatamente. Una scatola che finisce in un angolo, o in dirittura di un vicolo cieco è una scatola persa, non potendo trascinarla a sé, piattaforme non raggiungibili con un normale salto da terra sono frequenti , o ancora  stage con una struttura a senso unico che richiedono di operare contemporaneamente su più piani, quindi per completare un livello è necessario non solo intuire come posizionare i vari tool, ma anche gestire al meglio Wyv e Keep, così da rendere fruibile tutta la superficie utile senza il rischio di bloccarsi da qualche parte. Gioco di squadra è la parola chiave, e gli sviluppatori sono riusciti a imbastire un’infrastruttura che sfrutta questa caratteristica in modo creativo e intelligente, offrendo un’esperienza stuzzicante e una curva di difficoltà calibrata alla perfezione, che accompagna il giocatore nei suoi primi passi per poi alzare gradualmente il tiro. Il level design che ne deriva è ingegnoso e mai scontato, e la sporadica introduzione di nuovi trabocchetti si amalgama con la progressiva espansione e stratificazione dei rompicapo, per la gioia dei fan del genere, sebbene si impieghi appena una manciata di ore per vedere tutto.

Da soli, complice l’ovvia necessità di cambiare costantemente il personaggio attivo, il ritmo stenta a decollare, impastandosi quando qualcosa non funziona o si sbaglia mossa e si è costretti a riavviare in continuazione, ripetendo gli stessi passaggi fino all’esaurimento (senza contare che i livelli si sbloccano in successione e non si possono saltare); discorso completamente diverso nel momento in cui subentra un secondo giocatore, vuoi aggrappato alla stessa tastiera o munito di un ben più comodo pad. Questa soluzione non solo rende i puzzle di gran lunga più immediati e divertenti, ma permette di approcciarli in modi altrimenti impossibili, a tratti quasi “disonesti”, inoltre aggiunge quel pizzico di rigiocabilità che la sola corsa agli high-score non è in grado di offrire (senza dimenticare i cappelli). Noi abbiamo testato a fondo la co-op locale, ma volendo è possibile farsi aiutare da un amico su Steam (cosa invece non abbiamo avuto modo di provare, poiché sprovvisti di contatti in possesso del gioco); una componente online con tanto di lobby, chat in-game e magari una modalità spettatore non sarebbe stato affatto male, ma considerato il budget del titolo anche un’implementazione così modesta è ben accetta. In quanto puzzle game Wyv And Keep ha davvero poco per cui essere rimproverato, se non cavilli che purtroppo vanno a minarne le ottime qualità, come la già citata mole di contenuti, che non giustifica il decisamente meno contenuto prezzo di lancio, e delle meccaniche forse fin troppo rigide, o più che altro l’assenza di feature “moderne” che avrebbero alleggerito non poco le sessioni, rewind in primis (ok, andrebbe in collisione con il conteggio dei riavvii, ma ha senso penalizzare le morti del giocatore in un trial and error?); con la pratica si impara a convivere con l’impostazione old-school, ma il dubbio rimane. Quanto al comparto tecnico… Pixel è bello, punto.


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