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X-LucaS: gli X-Men, il mio lavoro, la mia passione – Intervista a Luca Scatasta, prima parte

Creato il 09 ottobre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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X LucaS: gli X Men, il mio lavoro, la mia passione   Intervista a Luca Scatasta, prima parte X Men Star Comics Play Press Marco Marcello Lupoi In Evidenza Granata Press Fumo di China Franco Spiritelli

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Luca Scatasta nasce ad Ascoli Piceno nel 1964 e cresce, insieme al fratello, in mezzo ai fumetti del padre, rispettato  medico, scrittore e persona dalla cultura vastissima, nonché lettore onnivoro, fruitore del fumetto d’autore italiano e d’oltralpe. Quando Luca scopre l’Universo Marvel attraverso i primi albi Marvel-Corno, comincia a sognare di poter lavorare anch’egli un giorno in questo campo. Ci ha impiegato un po’ più del previsto, ma alla fine è riuscito a realizzare quel sogno infantile.

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Luca Scatasta

Puoi raccontarci qualcosa sull’inizio della tua carriera di curatore di testate a fumetti? Gli esordi alla Play Press e il successivo passaggio alla Star Comics?
Nel 1982 mi trasferii a Bologna per studi universitari e trovai, tutt’altro che casualmente, casa a meno di cinquanta metri dal mitico Alessandro Distribuzioni, negozio di fumetti in cui finii per trascorrere in pratica tutti pomeriggi, vuoi perché diventai amico dei suoi proprietari, vuoi perché m’invaghivo immancabilmente della cassiera di turno. Nel corso della mia frequentazione della libreria conobbi altri fan di comics americani e in particolar modo il sommo MML, Marco Marcello Lupoi, che nel 1984 si era già ritagliato una discreta notorietà come esperto italiano di fumetti americani e “consulente comics” della AD. Quando la new wave statunitense cominciò a essere lodata dai periodici esteri, Lupoi cominciò a scrivere articoli su quest’argomento per diverse riviste amatoriali italiche e in special modo per la fanzine Fumo di China (d’ora in poi FdC) che nel 1984 divenne una “prozine“, ossia una rivista semiprofessionale pubblicata proprio dalla AD, alla quale iniziai a collaborare, affiancando MML su recensioni e articoli inerenti la produzione americana.

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M. M. Lupoi

Nel giro di pochi mesi ci scoprimmo in sintonia per gusti e opinioni, dividendoci oneri, rubriche e lavori di vario tipo, poiché eravamo entrambi studenti e quello non era che un hobby piacevole che però toglieva a entrambi parecchio del tempo che avremmo dovuto dedicare allo studio. Per Marco poi divenne qualcosa di più serio nel 1986, prima collaborando con l’effimera Labor Comics, quindi contribuendo sostanzialmente alla nascita della Star Comics nel 1987. Tali nuovi impegni spinsero MML a lasciarmi ancora più spazio d’azione sia presso la AD (della quale divenni “vice-consulente comics” ), che nella redazione di FdC, dove approntai nuove rubriche e nel 1988 ebbi modo di curare assieme al suo direttore dell’epoca, Franco Spiritelli, una mostra a Falconara Marittima per festeggiare i  cinquant’anni di Superman e di altri eroi DC Comics, lavorando strenuamente al catalogo della mostra stessa. Lavoro parzialmente riutilizzato l’anno successivo per festeggiare i cinquanta anni di Batman, con un catalogo questa volta molto più professionale edito dalla AD.
Fu in particolare quest’ultimo che mi servì da passaporto per la Play Press nel 1989, insieme al fatto che nel frattempo avevo realizzato alcune traduzioni per la Star da solo e insieme a mio fratello Gino. All’inizio del 1989 la Play, casa editrice laziale fondata da Mario Ferri, cominciò a proporre quattro mensili a fumetti targati Marvel: DP7, Iron Man, Nuovi Mutanti e The ‘Nam. Tutti e quattro erano tradotti maluccio e da persone che non conoscevano i fumetti Marvel. Quale lettore indignato per la scarsa cura redazionale, scrissi alla Play Press e mi proposi come consulente o collaboratore, magnificando le mie pur scarse glorie e affermando di avere alle spalle uno staff redazionale affiatato e disponibile a occuparsi dell’intero pacchetto. Con mio grande stupore e grazie anche all’appoggio di Lupoi, la mia missiva colpì nel segno e neanche un mese dopo cominciai a lavorare per la casa editrice. Per essere esatti, iniziai a collaborare con Granata Press, agenzia editoriale, in seguito casa editrice fondata, dal grafico di FdC Roberto Ghiddi, assieme a Luca Boschi e Luigi Bernardi, grande guru del fumetto italiano, già editore e curatore della indimenticabile Orient Express, tra le altre cose. Proprio in quel periodo questi tre signori stavano allestendo una casa editrice e per partire avevano bisogno di mettere in cassa qualche soldino. Avevano giustappunto pensato di farlo in qualità di agenzia editoriale per altre case editrici e l’occasione fornita da me e dalla Play Press era proprio quello che la Granata cercava. E loro erano quello che io cercavo.

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The ‘Nam #3 – Ed. Play Press

Io così lavoravo per la Granata, che fungeva da redazione esterna per la Play Press, fornendo un prodotto completo e pronto per andare in stampa. La casa editrice laziale pagava molto bene per tale servizio e al sottoscritto veniva passata una piccola quota perché elaboravo programmi editoriali, proponevo nuovi progetti e poi li riadattavo alle esigenze, curavo direttamente le traduzioni degli albi o correggevo quelle fatte da altri, cercavo e portavo all’ovile nuovi traduttori (quasi sempre traduttrici, per la verità) e nuovi redattori, e redigevo un po’ tutti gli scarni spazi redazionali con articoli, introduzioni e quant’altro. All’inizio per me era davvero un piacere e mi sembrava di star vivendo un vecchio sogno che si realizzava, anche perché MML mi dava man forte e utilissimi consigli. Poi lui comprese di non poter tenere più il piede nelle staffe di due case editrici concorrenti e mi lasciò solo. Se posso dirlo, tuttavia, credo di essermela cavata bene per un principiante, visto che sul finire del 1989 la Play Press lanciò anche un assalto alla DC Comics ed io elaborai una serie di progetti che vennero premiati con un bel contratto. Di conseguenza, oltre a gestire un già nutrito novero di testate Marvel, mi trovai anche a supervisionare un pacchettino di serie DC che richiedevano un’attenzione e di un supporto ancor superiore, perché fino ad allora la produzione DC Comics era stata gestita in maniera molto confusa in Italia.

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Non potevo certo prevedere che negli anni successivi tale confusione sarebbe aumentata. So solo che quando progettai e poi supervisionai la prima edizione italiana di Crisis on Infinite Earths ero al settimo cielo e pretesi un impianto redazionale più espanso del solito, sapendo perfettamente che non mi sarebbe stato pagato. Ma non m’importava: avevo già fatto tante altre cose per il semplice piacere di farlo, che non mi rendevo conto di quanto stessi svendendo la mia competenza. Cominciai a capirlo quando l’ingranaggio si inceppò, ossia quando Granata divenne ufficialmente una casa editrice e si ritrovò a duellare con la Play per i diritti di alcuni manga, incrinando il rapporto di fiducia stipulato all’inizio del 1989. Mario Ferri, a quel punto, mi chiese se fossi disposto a collaborare direttamente con la redazione laziale, senza Granata come intermediario. Presi tempo, perché sulla mia testa pendeva la spada di Damocle del servizio di leva che all’epoca era obbligatorio. Avevo scelto il servizio civile, ma nell’estate del 1990 fui comunque spedito a svariati chilometri da Bologna. Potevo continuare a lavorare nel tempo libero, ma non è che ne avessi molto e quello che potevo trascorrere nella redazione di Granata era davvero risibile. D’improvviso mi ritrovai a combattere su tre fronti con le mansioni del servizio civile, il lavoro per Granata e lo studio. Dormivo quattro/cinque ore per notte (e un paio in treno) e tutti pretendevano da me il massimo. In tre mesi cominciai a dare i numeri, il mio ruolo in Granata fu ridimensionato e cominciai a riflettere un po’ sull’intera faccenda e sulle priorità della mia vita. E proprio in quel momento di riflessione MML mi offrì di redigere una rubrica per la Star e per il quindicinale Capitan America e i Vendicatori: la storia della Marvel in trenta puntate. Se la proposta fosse arrivata qualche mese prima, l’avrei respinta senza pensarci due volte, ma in quel momento ero stanco, confuso e deluso. Inoltre e soprattutto ero sconvolto dal fatto che per scrivere due puntate al mese di una rubrica, avrei ricevuto un compenso economico pari a quanto mi dava Granata ogni mese per una montagna inesauribile di lavoro. Sapevo di essere stato sottopagato fino a quel momento, e l’avevo accettato perché avevo tanto da imparare, ma non immaginavo di essere stato TANTO sottopagato. Feci notare la cosa al Bernardi e chiesi di avere perlomeno un piccolo aumento, mi fu risposto che non era possibile, ma che in futuro avrei potuto avere un qualche ruolo in redazione. Nulla di definito, solo una promessa per un ipotetico lavoro in una redazione che stava intraprendendo strade nelle quali la mia specificità di esperto del fumetto americano era inutile. A quel punto… beh, perché pensarci tanto? Due puntate al mese di una rubrica, molto più tempo per dormire, e un compenso pressoché identico. Accettai la proposta della Star e salutai Granata.

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Star Magazine #1 – Ed. Star Comics

Il giorno dopo Play e Granata ruppero, ed io mi ritrovai angosciato dai sensi di colpa e dalla paura di aver fatto una scelta sbagliata. Era un salto nel vuoto e lo sapevo, come pure ero cosciente del fatto che l’offerta di MML e della Star era stata fatta più che altro per infastidire la concorrenza, e che io ero una piccola pedina in un gioco più grande di me. E sapevo pure che, una volta che la bombetta fosse esplosa, la mia importanza tattica si sarebbe esaurita. A quel punto sarebbe spettato a me dimostrare se e quanto valevo. Prima ancora di finire il mio anno di servizio civile avevo conquistato il ruolo di collaboratore principale della rivista Star Magazine, e dopo qualche mese ero il co-supervisore dello stesso mensile assieme a MML e coordinatore de Gli Incredibili X-Men. D’altro canto, la Star mi ha dato tantissimo sia a livello economico (mai guadagnato tanto come nei quattro anni in cui ho lavorato per la casa editrice di Bosco), sia a livello di libertà d’azione e creativa. Tanto per giocare con le parole, alla Star l’editor era una “star” tanto quanto i personaggi e le storie a fumetti che apparivano in ogni albo e ogni albo era in qualche modo diverso e una piccola opera dell’ingegno. E il pubblico aveva modo di capire come e quanto un supervisore italiano come me, MML, Max Brighel o Francesco Meo contribuissero a rendere ogni albo qualcosa di unico e irripetibile, e di conseguenza prezioso.
Poi, nel 1994, arrivò Marvel Italia e le cose cambiarono drasticamente. Ma questa è un’altra storia.

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X-Marvel #1 – Ed. Play Press

Sia alla Play Press che alla Star Comics e, successivamente, alla Marvel Italia/Panini Comics ti sei sempre occupato di albi e storie sugli Uomini X, tanto da essere considerato da molti appassionati LucaS, Signore italiano delle testate mutanti! È stata sempre una tua scelta quella di essere curatore dell’universo degli X-Men?
Come ho già detto, la mia entrata in campo nel mondo dell’editoria fu dovuta in primis alla mia competenza in materia di DC Comics, oltre che Marvel anche se all’inizio mi trovai a curare i redazionali di Iron Man e DP7 per la Play Press e solo in seguito mi vennero affidate Wolverine e X-Marvel e tutto il pacchetto delle prime produzioni italiane DC Comics. Adoravo gli X-Men e il sottobosco mutante Marvel, sia ben chiaro, e fin da quando entrai nel campo “professionistico”, sognavo di potermi dedicare principalmente ai mutanti ma, se avessi potuto, mi sarei volentieri occupato di tutte le serie Marvel, DC e Image! Nel 1994, in effetti, avevo le mani in pasta su parecchie cose: curavo direttamente tutte le X-Testate della Marvel Italia, Marvel Miniserie, due mensili della linea Marvel 2099 e svariati speciali. Nello stesso periodo continuavo a lavorare anche per la Star Comics, continuando a supervisionare tre testate Image, Star Magazine e parte delle serie Ultraverse. Non limitavo il mio raggio di azione alle serie mutanti, insomma, e potevo farlo perché ero un pimpante single trentenne pieno di energie.
Ovviamente né alle alte sfere di Marvel Italia, né a quelle della Star andava molto a genio che io tenessi il piede in due staffe, e quando alla fine fui costretto a scegliere, optai per la prima, dato che la mia affezione per la produzione Marvel e i mutanti in particolare era decisamente superiore. Cercai ovviamente di strappare un contratto di esclusiva, ma la trattativa entrò in uno stallo durato fin quasi alla fine del 1994, quando cedetti per stanchezza e accettai un “contratto tipo” dalla Marvel Italia con la promessa di un compenso maggiorato non appena si fossero instaurate le condizioni adeguate. Inutile dire che tali condizioni non si sono poi mai verificate, ma è anche vero che da allora non mi sono poi dato molto da fare per esigere il rispetto di quell’accordo verbale. La mia fama di “ritardatario cronico” nacque proprio in quel periodo ed era più che motivata. Di conseguenza, dato che ero sempre in ritardo, non potevo certo pretendere più lavoro o degli aumenti, anzi accettai anche una lenta ma inesorabile riduzione della mole di lavoro, perché in questo modo potevo trascorrere più tempo con la mia “dolce metà”, Cinzia Broccatelli ( donna con cui ancora oggi vivo e convivo e con la quale nel 2014 taglierò il riguardevole traguardo dei vent’anni di relazione).

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Gli Incredibili X-Men #0 – Marvel Italia. Copertina di Pino Rinaldi

 Nel 1994 Cinzia era per molti versi il braccio se non destro, almeno quello sinistro di Lupoi, e certamente la persona con maggior esperienza professionale di tutta la “banda Marvel Italia” degli esordi. Senza di lei probabilmente la casa editrice sarebbe morta prima ancora di nascere, o subito dopo. Con lei le cose filarono invece a gonfie vele, però la mia anarchia e i miei ritardi finivano per influenzare la nostra relazione, e fu anche per evitarle problemi che dapprincipio mollai qualcosa a livello lavorativo. Quando poi le condizioni di salute dei miei tutt’altro che anziani genitori peggiorarono improvvisamente e mi ritrovai costretto a trascorrere settimane e settimane nella mia natia Ascoli per accudirli, fui costretto non solo a rifiutare il posto da “vice-Lupoi” che mi era stato offerto, ma anche a confinare il mio raggio d’azione e di sempre più ridotto “potere” al sottobosco mutante, materia della quale ero e forse sono ancora oggi, detto senza falsa modestia, uno dei maggiori esperti italiani.
Anche le roccaforti più robuste tuttavia sono soggette alle intemperie e al logorio inevitabile del tempo. E di conseguenza anche il mio piccolo baluardo editoriale è crollato un anno e mezzo fa, quando il mio cuore ha smesso di battere ed io sono stato in coma per una settimana, in bilico fra la vita e la morte, mentre il mio ex compagno di stanza dei tempi dell’università (oggi un apprezzatissimo, ma soprattutto bravissimo cardiochirurgo) sostituiva la mia valvola aortica con una minuscola protesi al titanio. Il semplice fatto che in questo momento io stia rispondendo alle vostre domande, suggerisce ampiamente che l’operazione sia andata a buon fine, seppure dopo due tentativi. Ma anche questa è un’altra storia.

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X-Omaggi. Magneto di Walter Trono

Leggendo gli editoriali sugli albi da te curati e avendo avuto l’occasione di parlare con te più volte, mi è sempre sembrata emergere una grande passione, da parte tua, per il mondo mutante. La tua professione ti ha permesso dunque di coniugare lavoro e passione hai sempre vissuto l’esperienza nell’editoria come un semplice lavoro?
Quando parlo del mio lavoro, il termine “professione” mi suona sempre un po’ strano, poiché, in effetti, non esiste un “albo dei professionisti del fumetto” al quale potrei iscrivermi. Io ero, sono e sempre (spero) sarò un appassionato di fumetti e per me operare in questo settore dell’editoria è quasi sempre stato più un piacere che un onere. Ovviamente non sono mancate le arrabbiature o i momenti di scoramento in cui avrei voluto mollare tutto per collera o per stanchezza e depressione. Però non sono mai riuscito a considerare la mia attività un semplice lavoro, salvo quando mi sono dovuto sforzare più del necessario per rispettare le deadlines, o quando mi becco dei gran “cazziatoni” per averne bucata qualcuna.
Fino a qualche anno fa reputavo anzi il mio impegno in campo fumettistico una specie di crociata, perché sono sempre stato un sostenitore del concetto che, un fumetto se non è forma d’arte, è almeno mezzo di comunicazione e di espressione al pari di letteratura e cinema. Poter poi adoperarmi tanto a lungo sull’edizione italiana dei mutanti Marvel per me è stato un onore, perché a mio avviso la lunga, sfaccettata e intrigante epopea di tanti individui ghettizzati e considerati diversi dalla società è una fantasiosa e triste allegoria di un mondo reale sempre più pieno di minoranze etniche e culturali e di persone considerate diverse per il loro orientamento sessuale o religioso, o semplicemente per il loro modo di vestire e/o i loro gusti musicali. I “diversi” sono fra noi, insomma, fin dal 1963, o dal 1939, se consideriamo il principe Namor, ma nel mondo reale continuiamo a guardare con sospetto o diffidenza chiunque non risponda ai nostri parametri di “normalità” che, oggi come oggi, risultano sempre più soggettivi.
Ben vengano quindi gli X-Men e le X-serie che vedono in azione personaggi che tutti considerano diversi, ossia pericoli pubblici, ma che suggeriscano sempre e comunque di guardare con maggiore rispetto solo e semplicemente gli altri. Che si tratti dei vicini di casa, o di quartiere. O di  compagni di scuola, colleghi sul lavoro o avversari in un campo sportivo. Per buona parte del tempo in cui mi è stato consentito di interagire con lettrici e lettori attraverso rubriche della posta, ho sempre cercato prima di tutto di comunicare questo messaggio di rispetto, che a mio avviso non va confuso con quello di tolleranza, perché quest’ultima presuppone una superiorità dell’individuo che “tollera”. E non deve essere così.
Questa perlomeno è la mia opinione, ma attraverso i miei interventi redazionali sugli albi, o le mie risposte, credo e spero di aver comunicato con almeno una generazione di lettrici e lettori. Ora temo di non avere più gli strumenti per comunicare all’ultimissima generazione di X-fan, ma la sfida è intrigante e spero sinceramente di vivere e lavorare abbastanza a lungo da avere la possibilità di comunicare qualcosa a tutte e tutti.

 

Fine prima parte – continua

Intervista effettuata via email e conclusa il 13/07/2013

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