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Z come… Zattera

Da Racheleceschin
zattera-rancore

“Il Buddha spiega in altra circostanza questa famosa similitudine in cui il suo insegnamento è paragonato a una zattera, utile per attraversare l’acqua e da non trasportarsi poi sulle spalle: “Bhikkhu, un uomo sta compiendo un viaggio. Arriva davanti a una vasta distesa d’acqua. Dalla sua parte la riva è pericolosa mentre dall’altra è sicura e senza pericolo. Nessuna barca però va verso l’altra riva, che è sicura e senza pericolo, né c’è un ponte per attraversare l’acqua. Egli allora pensa tra sé e sé: “Questa distesa d’acqua è vasta e la riva da questa parte è piena di pericoli, dall’altra parte invece è sicura e senza pericolo. Nessuna barca va verso l’altra riva e non c’è un ponte per attraversare l’acqua. Sarebbe quindi opportuno che raccogliessi erba, legno, rami e foglie per farne una zattera e che per mezzo di questa zattera attraversassi l’acqua per raggiungere l’altra riva, al sicuro, usando mani e piedi come remi”. Ed ecco che quell’uomo, bhikkhu, raccoglie erba, legno, rami e foglie e costruisce una zattera e con questa zattera attraversa l’acqua fino all’altra riva, al sicuro, usando mani e piedi come remi. Raggiunta l’altra riva, egli pensa: “Questa zattera mi è stata di grande aiuto. Grazie ad essa ho attraversato l’acqua fino a questa riva per essere al sicuro, usando mani e piedi come remi. Sarebbe bene che io portassi questa zattera sulla testa o sulla schiena ovunque vada”.
“Che cosa pensate, bhikkhu , se egli agisse in questo modo, agirebbe bene riguardo alla zattera?”. “No, signore.” “In quale modo allora egli agirebbe bene per quel che concerne la zattera? Dopo aver attraversato ed essere andato dall’altra parte, supponete che quell’uomo pensi: “Questa zattera mi è stata di grande aiuto.. Per merito suo ho raggiunto senza pericolo questa riva, usando mani e piedi come remi. Sarebbe bene che io tirassi a secco questa zattera sulla riva o che, pur lasciandola in acqua, la legassi e poi continuassi per la mia strada, quale essa sia.” Se si comportasse in questo modo, quell’uomo agirebbe bene riguardo a quella zattera.”

Queste parole mi colpiscono perché in modo molto semplice spiegano quello che facciamo la maggior parte delle volte: ci carichiamo di ricordi, emozioni, esperienze, pensando che ci saranno utili nel futuro, che un giorno ne avremo bisogno. Questo è vero soprattutto se pensiamo alle cose materiali ma non cambia se estendiamo lo sguardo anche alle relazioni o alle emozioni.

Abbiamo parlato di molti argomenti in questo psico-lessico, e volevo che la zeta fosse la degna conclusione. Qualcuno potrebbe anche dire che altrimenti avrei dovuto inventarmi qualcosa di intelligente scrivendo un posto su Zorro, Zovirax o Zebra. E forse avrebbe avuto ragione quindi, a parte avermi salvata da scivoloni stilistici, questo post mi aiuta a rafforzare un tema davvero molto importante: il peso del passato.

Sabrina ha 38 anni, una storia di anoressia alle sue spalle che ancora non si è risolta. Da 15 anni vive concentrata sul suo peso, incastrata da una mamma molto invadente e svalutante e dalla conseguente poca fiducia nelle sue capacità.
Nel corso della terapia emerge una forte rabbia nei confronti di questa mamma che, pur volendole bene, le ha rovinato la vita mettendo i suoi bisogno prima di quelli di Sabrina. “Non mangiare, svenire, dare preoccupazione” era l’unico modo che Sabrina conosceva per essere vista, ascoltata. Ora però Sabrina si ritrova a dover costruire tutto e con un pò di rassegnazione mi dice “se avessi lasciato andare prima”.

Lavorando in terapia Sabrina è riuscita a trasformare la rassegnazione in motivazione e un passo alla volta sta costruendo la sua strada lasciando andare, con fatica, quella quota di rancore e di rabbia che le impedisce di andare avanti.

Quindi proviamo anche noi a rispondere alle domande che si è fatta lei: di quel bagaglio che ci portiamo dietro, che ci rallenta e spesso rende il nostro cammino più faticoso e il nostro cuore pesante, ci serve proprio tutto?

photo credit: Koshyk via photopin cc



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