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- Interrail #10 -

Creato il 03 marzo 2011 da Kritica Della Ragione

Capitolo Decimo:
Felix- Interrail #10 -
Giovedì 14 Luglio 2005 ore 18, Gran Vìa, Madrid.
Cinque zaini escono dalla metropolitana. Sotto di loro cinque ragazzi salgono correndo la ripidissima e lunghissima scalinata, dopo aver vagato in un dedalo sotterraneo di corridoi che era pura fantascienza: una dozzina di linee per un centinaio di fermate. Forse quella di Madrid non sarà la più grande del mondo, ma la metropolitana della nostra città ha una linea sola. E questo era il termine di paragone. Ad essere sinceri la metropolitana a casa non l'ho mai presa. A Madrid a quell'ora era affollatissima. Persone ammassate sulle scale mobili. Un atto routinario per gli abitanti della capitale europea. Un momento di riposo dopo una giornata di lavoro. Da un lato loro e la loro noiosissima quotidianità. Dall'altro noi, entusiasmati più che mai, desiderosi di uscire allo scoperto e di assaporare finalmente qualcosa di quel posto. Quel posto che nelle nostri menti aveva assunto le più svariate forme e rappresentava l'inizio di una serie infinita di avventure. Noi correvamo su per le scale, facendo i gradini a due a due, come dei bambini di otto anni.
Il sole era ancora alto in cielo e faceva un caldo terribile. Sembrava l'ora di pranzo e invece erano le sei e mezza. Troppo tardi. Colpa del tempo perso a Barajas. Un po' per girare a caso tra i concessionari per cercare di affittare invano una macchina. Un po' per aspettare i nostri bagagli, arrivati a pezzi. Il mio compagno di dormite si era staccato dallo zaino e, non vedendolo arrivare, iniziavo a preoccuparmi. Ad Irons mancava addirittura tutta la tenda. Mike diceva “Si vede che non hai mai visto come caricano i bagagli sulle navi, altrimenti avresti legato meglio il sacco a pelo, Eddie...ma chi se ne frega... guarda quella là!”.
Arrivati a Gran Vìa entrammo senza pensarci troppo nel primo edificio con insegna “Hostal”, qualsiasi cosa fosse. Una coda interminabile alla reception non faceva ben sperare. Aspettiamo e speriamo, andiamo in giro a caso (con sto caldo e sti zaini) o iniziamo a chiamare altri ostelli da qua? L'entusiasmo di cinque minuti prima era finito e ci rendemmo conto di essere piuttosto stanchi. Mentre elaboravamo un piano d'attacco fummo avvicinati da Felix. Un tizio che mi ricordava un po' Cristiano Ronaldo e un po' il nostro amico Paulie. Insomma un calciatore. Sia chiaro che detto da me, cresciuto giocando a pallacanestro, non è un gran complimento, per quanto voglia bene a Mike, Jeff ed Irons. Per quanto voglia bene allo stesso Paulie, nonostante sia scomparso subito dopo il suo orale di maturità senza darmi la maglietta di Stone “Io ho finito...e voi?” da indossare dopo l'esame e sfoggiare davanti a professori e compagni. Maglietta che indossarono tutti, tranne me. Maglietta che Stone non ha mai più rivisto.
Un  calciatore per me è una fighetta, ha una cura maniacale del proprio aspetto, è un po' rissoso e un po' tamarro, preferisce fare gol a passare la palla, vuole sempre la copertina, non si distingue per intelligenza. Un calciatore è sempre facilmente circondato da ragazze e quindi un po' li invidio anche. Ok... i miei amici non sono affatto così, per nulla, e Paulie fa addirittura ingegneria.
Felix, nonostante il suo aspetto, sembrava simpatico. Era una specie di animatore e in tutto il casino che c’era in quella reception fu l’unico a cagarci. Penso sia anche l’unico spagnolo che in tutta la nostra vacanza si sforzò di parlare italiano. Se la cavava bene con l’inglese, qualità rara in uno spagnolo e comincio a pensare che non fosse affatto spagnolo. “Italiani? Pizza, spaghetti molto buono”. Noi conoscevamo bene lo stereotipo, continuavamo a ripetercelo. “Sì, italiani: pizza, spaghetti, mandolino, mafia!”. Risate generali.
Felix ci ha salvato. Se non fosse per lui probabilmente quella notte avremmo dormito in qualche piazza, cosa non gradita a nessuno. Ci regalò una cartina decente, ci indicò un ostello vicino dove avremmo trovato posto, ci permise di rimanere lì con gli zaini mentre andavamo a verificare, ci invitò alla “Tapas night”, una cena a base di piatti tipici, spettacolo di flamenco e ingresso in discoteca a soli 15 euro. Poteva anche essere una fregatura ma perché non fidarsi di quel ragazzo sorridente che ispirava simpatia a tutti?
(Roberto)


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