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0003 [MURO] 9 novembre 1989 venticinque anni dopo, circa, di Pietro Motisi

Creato il 09 novembre 2014 da Wilfingarchitettura @wilfing
"[...] Un racconto parallelo è il reportage di Pietro Motisi a Berlino, venticinque anni dopo la "domanda veloce con un effetto enorme". Un diario di viaggio ibrido, volutamente ambiguo nella narrazione, che intreccia riflessioni, citazioni, fotografie con pellicola, istantanee polaroid e immagini digitali.
Un racconto che v'invito a leggere e osservare. Un racconto che finisce con una foto digitale che incornicia una foto polaroid dove appare, sulla parete della stanza in cui ha vissuto, un manifesto con su scritto "Show you are not afraid" ossia "Non aver paura di mostrare". Senza punto esclamativo, né intimidazione, né evocazione. È la visione di una narrazione possibile nella Berlino di oggi." (Salvatore D'Agostino)

Qui puoi leggere la versione integrale.

La risposta arriva pronta e dinamica come le ore:

Inizia nel momento stesso in cui di esso comincia il pensiero.

Nuovi stimoli arrivano forti e immediati ma un insolito primaverile crepuscolo rimanda il desiderio stesso. A un domani che non tarderà, almeno per il momento.

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"La vera semplicità e nudità della vita dell'uomo nelle età primitive implicavano questo vantaggio, per lo meno: lasciavano l'uomo ospite della natura. Quando si era ristorato con cibo e con sonno, egli meditava nuovamente il suo viaggio." (da: Henry D. Thoreau, Walden ovvero vita nei boschi)

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Nel suo giorno la luce torna generosa a rivelare.

Il cammino comincia al primo mattino, la mente torna ad eccitarsi e comincia la ricerca.

Il centro, anche se rischioso luogo pregno di cliché, rappresenta un'ottima chance per cercare occhi nuovi.

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Fantastico trovarsi travolti da un tale fermento di ricostruzione.

Il nuovo è già un classico, per l'essenza propria del suo processo di realizzazione.

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Uno straordinario senso di quiete contraddistingue questa capitale.

Sia che si attraversi il centro, un parco o una periferia industriale ci si ritrova avvolti da questo regalo che è la possibilità di rivolgersi allo spazio e all' altro continuando a sentire il proprio respiro.

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0003 [MURO] 9 novembre 1989 venticinque anni dopo, circa, di Pietro Motisi

Ancora nuovo spazio torna a far risuonare il cammino. Suggerisce di non piantare i nostri piedi e ricordarci sempre del cielo.

0003 [MURO] 9 novembre 1989 venticinque anni dopo, circa, di Pietro Motisi

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0003 [MURO] 9 novembre 1989 venticinque anni dopo, circa, di Pietro Motisi

Il clima primaverile quasi imbarazza e aggredisce con le sue ombre nette. Ogni passo pare riposto dove qualcuno ha già pensato che ciò accadesse.Si lavora al crepuscolo.

0003 [MURO] 9 novembre 1989 venticinque anni dopo, circa, di Pietro Motisi

La fisiologia del cammino rallenta e il pensiero si sposta.

La luce perfetta è ormai arrivata e suggerisce nuovi luoghi e nuovi giochi.

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Probabilmente il picco massimo di questo viaggio. Esso offre moltissime possibilità, sono percepite e colte. Tutto però coincide con il massimo scotto da pagare. Lungi dal desistere ho le mie fotografie. Anche un ginocchio fuori uso.

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Il cammino è interrotto.

Tuttavia la stasi genera altro moto e diventa possibile così ripercorrere alcune vie. Si può senz'altro proiettare ed immaginare l'energia necessaria a lasciarsi attraversare da quelle che ormai rimangono le ultime visioni da fissare.

Al di la di facciate, grandi o piccole, tutte le azioni di potere che rendono grandi, piccole, memorabili, detestabili, coerenti, odorabili, desiderabili, percorribili le città; determinati incontri con l'essere umano recano in sé un'emozione che porta a pensare che si è tutti molto più vicini di ciò che vogliono farci credere.

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Con l'arrivo di marzo il rivolgimento è ad est.

Si recupera il tempo con lo spazio. La bicicletta è la compagna perfetta per asserire questo scopo.

Questo oriente si dilata e spersonalizza. La commistione di una natura sempre più presente e di grossi moduli abitativi ubriaca. Non si comprende con esattezza se si può desiderare più tornare a casa o perdersi nella macchia.

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La mente, evolutasi con l'uomo, ha una struttura che contiene virtù e vizi di questo percorso.

C'è una tendenza a rilassarsi, a non cercare quell'eccitazione, a non vedere.

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Il doppiare certi luoghi permettendosi così di chiudere nuovi cerchi, acquisire consapevolezza spaziale e trovare occhi nuovi sorprende e torna ad eccitare. Un sentimento ricorrente di appartenenza si può anche avvertire.

La sublimazione di ciò è toccata dall'aver non solo doppiato luoghi, ma addirittura sconosciuti. Mai in nessuna grande città questa esperienza era stata possibile.

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Come un "crescendo" in musica, la sorpresa di certo coglie anche il suo compositore nel momento in cui lo pensa e lo vive.

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Fissandone le visioni, queste, seppur forti sono tuttavia delle concentrazioni di energia utili alla memoria e alla condivisione. Ma per quanto l'arte possa esser grande, l'aver a che fare con il disagio della vita, nonostante tutto, rimane la base della sua origine.

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Il ritmo sorprende e lo spazio offre ancora grandi scambi. La luce è perfetta ed è bello ritrovarsi ancora una volta incapaci di abitudini accecanti.

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Cominciato col buio, tutto finisce all'alba.

"Più salivo in alto più il mio sguardo s'offuscava, e la più aspra conquista fu un'opera di buio; ma nella furia amorosa ciecamente m'avventai così in alto, così in alto che raggiunsi la preda." (Juan de la Cruz - La preda)

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Comincia a delinearsi ciò che, prendendo la luce di questi luoghi per scriverne un'immagine, va restituito in termini di energie.Relazionarsi al paesaggio non può mai essere un'azione avulsa dal contatto di chi vi abita. Essi spesso non dispongono di un filtro estetico attraverso cui suggerire le forme, ma di certo sono i detentori dell'etica attraverso la quale è possibile una lettura più vera.

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"È difficile cominciare qualcosa senza prendere nulla a prestito, ma forse questa è la soluzione più generosa per permettere al prossimo di interessarsi alle nostre imprese." (op. cit. Henry D. Thoreau )

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Dal 20 febbraio al 4 marzo il fotografo Pietro Motisi è stato a Berlino, in residenza artistica, per realizzare questo reportage per una mostra fotografica collettiva promossa e curata dal Goethe-Institut Palermo.


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