La possibilità di vedere questo riversaggio video si deve all’intuizione dello storico e critico dell’arte Eugenio Battisti* che, intorno la metà degli anni settanta, affascinato dall’organizzazione dei campus statunitensi chiese e ottenne di creare un Centro Audio Visivo nella nascente università di architettura calabrese, ma si deve anche alla flessibilità del neo formato di ripresa video U-Matic, il primo sistema di registrazione su nastro magnetico a cassetta; la U sintetizza graficamente le due bobine che trascinano il nastro.Il documento riversato in digitale, nella sua versione integrale, ci consente di ascoltare la descrizione dell’idea del progetto del Corviale dalla voce di uno dei suoi artefici principali l’architetto Mario Fiorentino.L’idea descritta s’inserisce nel dibattito del superamento degli schemi prettamente funzionalistici del movimento moderno e che negli anni sessanta fino all’ottanta in Italia vede contrapporsi movimenti di pensiero spesso antitetici.
di Isidoro Pennisi
Il testo qui presentato è la trascrizione di una ripresa video realizzata dal Centro Audio Visivo di ciò che, sino a quando nel 1982 non nacque l'Ateneo di Reggio Calabria, era lo IUSARC (Istituto Universitario Statale di Architettura). Una struttura Universitaria che aveva nello IUAV di Venezia il suo esatto omologo. Il Centro Audio Visivo, condotto da Celestino Soddu, nel contesto di una struttura universitaria di architettura posta nel meridione del Paese, aveva il compito di rendere culturalmente meno periferica la sede, attraverso una raccolta di materiale che un equipe appositamente predisposta e attrezzata andava a cogliere con le telecamere ed i microfoni lì dove avvenivano eventi distanti da Reggio Calabria ma importanti per la crescita culturale della sede e dei suoi studenti. Un materiale importante, raccolto nell'arco di circa dieci anni di attività, tra cui una serie di testimonianze come questo commento di Mario Fiorentino sul noto e discusso progetto di Corviale. Nel curarla e rileggerla, nello specifico, devo dire che ho trovato la conferma della superficialità con cui oggi trattiamo presente e passato e non solo della storia dell'Architettura. Un progetto, infatti, ha sempre un lato contingente, che ne sancisce la sua più o meno riuscita, ma ha anche un lato non contingente, in cui vengono messe alla prova metodologie e tecniche o affrontati temi inediti, che sono complessivamente la cifra che più dovrebbe interessare chi, come noi, continua ad occuparsi di architettura. Io credo che, in questo testo, vi sia esattamente un concentrato di questa cifra che, comunque la si pensi, è l'oggetto ed il lascito più importante di un qualsiasi progetto. Nello specifico, l’intervista fa parte di un materiale documentario prodotto in occasione della Mostra Architettura Italiana degli anni settanta, curata da Enrico Valeriani e Giovanna De Feo, ed esposta presso la Galleria di Arte Moderna di Roma e la Triennale di Milano nel 1981.
Mario Fiorentino
Parlare di Corviale senza il contributo di sollecitazioni o di domande particolari, crea sempre un certo imbarazzo, specialmente quando si deve parlare di una cosa che si conosce anche troppo. In effetti questo imbarazzo è dovuto al fatto che non si sa bene da che parte incominciare. Non si sa da che parte incominciare perché indubbiamente in Corviale, oltre a dei problemi evidentemente concreti come il rispondere ad un programma, ad una domanda, alla determinazione di alcune quantità, vi sono dei grandi problemi di carattere generale dell'architettura. Soprattutto nei rapporti che l'architettura ha con la città e con la storia. In questo progetto, secondo me, è presente uno sforzo di individuare una problematica di questo genere anche se, poi, c'è stato da parte nostra un grande rigore nel rispondere, tanto per iniziare, al programma del committente. Le cose che a me stanno più a cuore sono i problemi che, in senso positivo o in senso negativo - secondo come li si vuol vedere - sono posti da un progetto come quello del Corviale che, evidentemente, non si pone in termini banali di fronte alla realtà ma in termini problematici. Diciamo, allora, che analizzando l'avventura di questo progetto si può tentare di vedere, tanto per cominciare, quali sono i problemi che mi sembrano emergenti nel dibattito sulla città. Poi vi sono dei problemi di carattere organizzativo del progetto, che non sono mai un aspetto secondario e, in ultimo, dei problemi che riguardano il rapporto tra produzione, forma e architettura, che indubbiamente è, mi pare, uno dei temi di questo progetto.
A me pare che il discorso importante che pone il progetto è il rapporto con la città. Credo di poter affermare in maniera abbastanza categorica che un progetto come quello del Corviale non nasce casualmente a Roma. Questo lavoro è il tentativo di dare un interpretazione ai problemi che la città di Roma ha accumulato in secoli di storia e di riprendere alcune motivazioni di carattere generale che sono i problemi della sua architettura, della sua scala e della sua immagine o serie di immagini che hanno caratterizzato la sua storia. In questo senso il Corviale non è una “casa” più grande ma è un manufatto molto diverso dagli altri interventi di edilizia economica e popolare conosciuti, proprio perché si pone, a mio avviso e anche con una certa presunzione, il problema del rapporto con la città in termini che sono usuali alla cultura architettonica degli ultimi quindici anni, ma che secondo me non si rintracciano nell'edilizia economica e popolare corrente. La sua stessa scala, il suo proporsi con questa sua monumentalità e con questa sua prevaricazione sul paesaggio, sono delle cose non casuali per Roma, ma hanno dei ricordi molto precisi nella storia di questa città. Direi che le immagini che si possono ritrovare in questo rapporto con la storia intesa non come un rapporto pedante di un elenco di opere, ma proprio d'immagini in cui la città è stata costruita e del modo come è stata costruita, è un tema di questo progetto. Queste immagini e questi ricordi vanno in primo luogo ai grandi resti della Romanità presenti nella campagna romana. In effetti il Corviale si pone non nell'interno di un contesto estremamente articolato ma ai margini della città costruita, e in questo senso ha delle analogie con il paesaggio: con quello dell'architettura degli acquedotti o dei grandi manufatti, fino a ritrovare una sua scala e una sua analogia con i grandi manufatti barocchi della città, come San Michele o la Manica Lunga. E cioè quelle grandi dimensioni che, praticamente, la città molto piccola di allora riusciva a sopportare tranquillamente in una scala che per noi sembrerebbe oggi non gigantesca ma addirittura assurda. Il Corviale non fa il verso a questi manufatti, però non può essere indifferente a queste testimonianze.
Dopo questo discorso di carattere generale, allora, io credo che vanno ricordati, proprio in alcune immagini del Corviale, i rapporti con l'architettura di questa città. Vorrei dire che, in effetti, un aspetto singolare di questo edificio, se così si può chiamare, è proprio il rapporto tra partiture modulari ripetitive, monotone con i grandi elementi dell'architettura, come lo sono i grandi portali del Corviale. Un rapporto ancora più ricco quando tutto questo si relaziona agli episodi secondari del progetto, che sono praticamente incastrati nel grande manufatto oppure fanno parte del contesto dell'immagine di Corviale. Elementi sottesi in questa tessitura fondamentalmente anonima e ripetitiva. Anzi è proprio questa tessitura anonima e ripetitiva che mette in evidenza e in grande valore gli episodi singolari all'interno della sua tessitura. Per uscire dal generico si possono citare i cinque portali presenti nel progetto che sono come le porte di una città, o come i grandi portali dei palazzi romani che, evidentemente, sono sempre degli elementi costanti dell'architettura dal 500 in poi. Elementi che evidenziano non semplicemente un fatto di carattere funzionale, ma l'attenzione dell'osservatore ad alcuni punti dell'architettura su cui è costruito il contesto generale. Ho citato i portali perché sono la cosa più appariscente e più evidente. Ma lo sono anche, per esempio, i grandi episodi composti dai cinque blocchi dei condomini che sono evidenziati attraverso quella struttura e il sistema degli assi che rappresenta una specie di tessitura gigantesca di connessione tra il manufatto e il territorio che lo circonda. Il territorio che lo circonda è quello della campagna romana. La campagna romana, però, del versante ovest della città, che è molto diversa da quella del lato est. È' un sistema di colline parallelo all'andamento del mare, sulle cui creste esistono questi evidenti segni di una vegetazione composta da eucaliptus o da pini. Spesso grandi viali di pini che formano su queste creste delle emergenze morfologicamente molto significative, e di cui Corviale in certi termini riprende la motivazione. Non è un caso che il Corviale sta sulla cresta di una di queste colline e riprende alcune sollecitazioni del paesaggio circostante. Esiste poi un paesaggio più ravvicinato che è il contesto nel quale il Corviale vive, e che non è indifferente. Un paesaggio che comprende circa una sessantina di ettari, in cui il Corviale sta all'interno diventando un protagonista prepotente, che si pone in grande evidenza in rapporto a questo grande spazio vuoto che gli sta intorno.
Un altro elemento da ricordare, continuando, è un discorso più interno ai problemi dell'architettura, e cioè il rapporto tra l'architettura, la residenza e i servizi che fanno parte di un complesso edilizio di questo genere. In effetti noi siamo abituati, anche da esempi recenti, ad essere legati alla logica di derivazione funzionalista che distingue per parti molto distinte la residenza, i servizi e certe attrezzature. Una distinzione che si identifica con delle tipologie volumetriche molto chiaramente articolate. Nel Corviale c'è il tentativo di rendere omogenee queste parti che, in genere, vengono disarticolate in modo da fare di questo contesto, sia pure singolare, un pezzo di città. In questo senso i servizi di Corviale sono mescolati, se si può usare questo termine, con l'architettura della residenza e ne fanno parte in maniera strettissima e abbastanza alternativa rispetto agli altri interventi similari. Questo tentativo di avere sempre il rapporto con la città visto come elemento non solamente funzionale ma come elemento prevalentemente di carattere morfologico, è suggerito da una quantità di fatti accessori che, forse, non si notano facilmente a prima vista. Lo si noteranno quando evidentemente il Corviale sarà finalmente finito dopo una gestazione piuttosto complicata. Quando le si potranno notare sarà possibile vedere che nel progetto vi sono delle memorie della città di Roma che è fatta sì di monumenti singolari, ma anche di cose molto secondarie come obelischi, le fontane, il sistema del verde, il sistema di alcuni elementi figurativi particolarmente singolari in una città come Roma. Il Corviale ha consentito di introdurre all'interno della sua architettura alcuni elementi e segnali di riconoscimento che sono praticamente le grandi sculture che noi abbiamo messo nei cinque grandi ingressi di Corviale. La riconoscibilità dei luoghi nella città storica sono legati appunto a cose di questo genere, e il tentativo è stato quello di ricreare artificiosamente a tavolino, se vogliamo dire, con tutta l'artificiosità che il problema richiede, un processo di formazione spontanea della città storica che evidentemente nel caso specifico andava ricordato ma non ripetuto meccanicamente. Questa idea di Corviale che è stata identificata come una casa lunga un chilometro - banalizzandola al massimo, perché evidentemente su Corviale ci sono i partiti favorevoli e i partiti contrari - è stato un tentativo nel campo dell'edilizia pubblica di risolvere dei problemi della città in cui, ormai, si tende sempre più ad appiattire le soluzioni attraverso la pratica dello standard urbanistico o attraverso la pratica dello zoning. Una pratica che sta praticamente distruggendo le nostre città. Non è solo la speculazione edilizia, infatti, a compiere i maggiori danni alle nostre città ma anche un certo tipo di cultura urbanistica.
Io credo che valga la pena, a questo punto, di spendere qualche parola sull'argomento di organizzazione del progetto di Corviale. L'architettura è una cosa molto concreta che si misura anche in termini organizzativi e in termini di confronto, specialmente quando il consenso delle persone che hanno partecipato a questo progetto è così vasto (circa una trentina di persone) che comporta di per sé una Babele piuttosto rilevante di linguaggi, di aspettative e di ambizioni. La gestione progettuale di Corviale è stata molto complessa ed è durata circa due anni. In effetti la difficoltà maggiore di questo progetto, che si può accettare o rigettare ovviamente a piacimento ma direi non con leggerezza, è praticamente di mantenere il concetto unitario di base coerente nel tempo. Questo perché in una progettazione che dura così a lungo e a cui hanno contribuito più progettisti, evidentemente il pericolo maggiore è quello di arrivare ad una confusione di contributi che praticamente distruggono, come di solito avviene nei progetti, un'idea originaria. E non dico un idea bella o brutta, che è un discorso che mi interressa relativamente meno, ma un'idea coerente. E questo è stato evitato per il contributo di una minoranza di questi progettisti che ha creduto in questo progetto e che, soprattutto, se n'è occupata nel tempo. Perché un progetto di questo genere, che richiede due anni di progettazione e cinque di esecuzione, ad oggi, evidentemente rischia di essere distorto nel cammino della sua esecuzione.In ultimo vorrei ricordare un aspetto che mi pare importante: il rapporto tra progetto e produzione edilizia. Il discorso del sistema lineare di Corviale è una scelta evidentemente che si rifà ad una serie d'interessi di carattere morfologico e di richiami alla storia della città di Roma. Però, indubbiamente, il sistema lineare è anche una scelta tecnica e non semplicemente una scelta formale. Una scelta che presuppone la possibilità di organizzare un grande cantiere di dimensione rilevante attraverso un sistema di produzione industriale. Noi ci siamo trovati di fronte alla possibilità di aprirci a due alternative: che ciò potesse essere fatto attraverso un sistema di prefabbricazione in opera oppure attraverso un sistema di prefabbricazione in stabilimento. Queste due alternative andavano sviluppate entrambe in quanto dovevamo dare spazio ad Imprese che avrebbero fatto la migliore offerta optando per une delle due soluzioni. Questa possibilità di rispondere a due uscite possibili dal punto di vista tecnico del progetto, ha indubbiamente fatto perdere molto tempo. La scelta finale dell'Impresa che ha vinto l'appalto è stata quella di uno stabilimento di produzione di elementi che stava a circa cinque chilometri dal cantiere e ha portato come necessità di rifare tutto il progetto esecutivo adattandolo, sia pure lasciando fermi i presupposti del progetto, al sistema di stabilimento.
15 marzo 2012Intersezioni --->SQUOLACome usare WA---------------------------------------------------Cos'è WA
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