«Ci pensavo in questi giorni: i miei professori di disegno dal vero e di "ornato" non li ho mai visti disegnare. Ricordo che il professore di figura fumava e leggeva il giornale. Non li ho mai visti con una matita in mano». (Gipi)In un’intervista Junko kirimoto, fondatrice dello studio Alvisi Kirimoto + Partners con sede a Roma, mi raccontava:
«In Giappone i professionisti possono diventare professori universitari, quando sono invitati, senza rinunciare alla libera professione. Per i professionisti insegnare all'università è un vero onore (ovviamente sono pagati anche bene)».in Italia non ricordo casi, se non per corsi temporanei, di architetti chiamati a insegnare nelle università. Viceversa ci sono delle leggi che vietano ai ricercatori di esercitare la professione. Leggi create per evitare gli abusi ma che nella realtà espellono chi pratica il mestiere dell’architetto dall’insegnamento a favore di chi insegna un mestiere che non pratica.
Qualche giorno fa, l’Università di Genova, interpretando queste leggi, ha sospeso e imposto un risarcimento economico, all’architetto Gianluca Peluffo, tra i fondatori dello studio 5+1AA con sedi a Genova, Milano e Parigi, perché essendo ricercatore, non poteva fare l’’architetto.
Leggendo il provvedimento accademico su ‘Il Secolo XIX’ di Genova Giovanni Damiani ha scritto una riflessione sulla sua pagina facebook. Una riflessione estemporanea che l’autore mi ha autorizzato a pubblicare.(tra parentesi perché i media per rilanciare le notizie di architettura usano il termine ‘archistar’?)
di Giovanni Damianialcune piccole riflessioni che prescindono che Gianluca è un amico e una persona con cui mi è capitato di collaborare e di discutere del nostro mestiere un sacco di volte sempre con grande piacere.
L'università italiana messa come è non può più permettersi di rinunciare ai talenti che faticosamente emergono dalla mediocrità e dal pantano italiano. Punto e basta. Se un docente del tuo ateneo è socio di una delle più interessanti realtà a livello nazionale (e oltre, hanno una sede anche in Francia da diversi anni) che partendo dal nulla è diventata una società pesante come nome e fatturato in un momento di crisi e difficoltà come questo dovresti essere felice e orgoglioso di averlo nel tuo corpo docenti. Lo dico con amarezza estrema perché qui invece si fa di tutto troppo spesso per selezionare con il criterio del "non riusciva a trovare niente, bisogna dargli una mano, sono 15 anni che non riesce ad entrare" e Gianluca è uno dei pochissimi della generazione successiva ai grandi vecchi (mi rifiuto di dare del giovane ad una persona di quasi 50 anni che tiene famiglia e dirige una società che ha fondato che fattura milioni, sarebbe un insulto) che è riuscito ad entrare in qualche modo in università (ricercatore... nominato dopo i 40 anni...).
Cosa avrebbe dovuto fare, rinunciare ad incarichi professionali? licenziare 50 persone in tronco perché se no non poteva prendere una paga da neppure 2000 euro? qualcuno crede di poter rivendere ancora certi prodotti per caviale senza rendersi conto che dopo non aver offerto quasi nulla per 30 anni almeno tali prodotti stanno sul mercato al prezzo di una scatoletta di tonno (che è esattamente anche il valore economico che corrispondono nella gran parte dei casi). Io quando studiavo volevo assomigliare ai miei maestri, a modo mio s’intende, ma tendevo verso, perché stimavo quelle persone, perché vedevo nel loro stare al mondo un modo interessante di porsi dei problemi e per essere così leggevo, cercavo libri, disegnavo andavo in giro e credo che una persona di 20 anni che abbia talento e ambizione desideri pensarsi a 50 a capo di un grande studio che ha fondato e che fa progetti importanti di qua e di la per il mondo.
Per questo serve gente come Gianluca in università e per questo non servono tantissimi di quelli che invece ci stanno che non sono magari cattive persone, che sanno anche delle cose, ma che non sono di stimolo e modello per costruire una nuova classe dirigente. Quello di cui questo Paese ha bisogno e quello che l'Università è chiamata a fare. Perché anche se pare se lo siano dimenticato in molti quello è il compito dell'Università, non riuscire a laureare in tempo gente che non sa bene che fare o organizzare corsi per aprire scatole di sardine, anzi corsi per formare gente che spieghi la formula che serve ad aprire scatole di sardine, che se no diventa troppo pratico e sia mai che ci si sporchi nella realtà. A Gianluca la mia solidarietà non serve e sa benissimo già da solo che ha tutta la mia stima per mille motivi più nobili di questa fesseria, ma a questo Paese serve da matti che lui stia dentro un’aula.
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