Da qualche mese Ugo Rosa, quasi ogni giorno, scrive lettere – sul suo profilo facebook - alla sua amica F.B. sull'arroganza dell’architettura contemporanea che condanna all’iperattualità. Pubblico, con il consenso dell’autore, l’ultima lettera dedicata allo speciale della rivista Abitare sula biennale di architettura di Venezia.
Prima di leggere la lettera, due note a margine su due miti dell’architetto che legge e cerca la critica.
La prima: un architetto che fa il mestiere dell’architetto non deve avere come obbligo, tra i suoi requisiti, la lettura. Un buon architetto, se non può andare a vedere le architetture, legge i disegni, non ha bisogno di didascalie o scritti di supporto per imparare a progettare. Personalmente sogno libri di architettura senza parole, costituiti da solo disegni. Se è possibile non disegni accattivanti o da quadro da salotto buono e soprattutto senza foto ‘da messa in posa’ del fotografo di architettura. Libri da sfogliare, magari da ridisegnare.
La seconda: ‘critica’ è una parola delicatissima che ancora oggi per l’architettura viene rielaborata sui canoni d’inizio del novecento, quando alcuni bravi critici dell’arte utilizzarono il linguaggio dedicato alle opere d’arte per criticare le architetture. Da quel momento l’architettura diventa, per il nuovo critico di architettura, un’opera d’arte osservata come se fosse un oggetto. L’architettura, per sua natura, non è un’opera d’arte ed è sbagliato continuare a parafrasare, se non a scimmiottare, il linguaggio dei critici dell’arte per parlare di architettura. AAA cercasi un linguaggio specifico per la ‘critica’ di architettura.
Di seguito la lettera del 19 agosto 2014 di Ugo Rosa a F. B.
sfoglia Abitare Instant Biennale
di Ugo Rosa
Cara F.B.se vuoi avere un quadro del livello della riflessione italiana intorno all’architettura e dei suoi sfoghi editoriali sfoglia, ti prego, l’ultimo numero di Abitare dedicato alla Biennale di Venezia.Dire che si tratta di un prodotto che umilia i suoi redattori mi dispiace un pochino perché tra loro ci sono persone che tu stessa mi hai fatto conoscere e nei cui confronti non ho motivo di disistima, tuttavia è l’unico modo onesto per definirlo. Non vi trova posto una riflessione, non vi si annida il barlume di un’idea, non c’è neppure, propriamente, scrittura. Con brutale immediatezza vi è stenografata solo la stupidità di cui oramai è capace l’editoria di settore.
Non ci si può neppure indignare, proclamando che l’editore avrebbe dovuto vergognarsi di darlo alle stampe perché ho paura che fosse proprio questo ciò che l’amico desiderava (il suo, ahimè, target). Se uno di quei redattori avesse prodotto una riflessione critica qualsiasi, infatti, come avrebbe potuto trovare posto tra quei fogli? Dalla prima pagina all'ultima vi si trascinano penose descrizioni il cui unico scopo sembra quello di arrivare alle tremila battute di prammatica per giustificare i quattro soldi che si guadagnano con quella miserabile cartella (che, tanto, nessuno leggerà, visto che gli architetti, ormai, guardano solo le figure).
Vi sfilano i più triti luoghi comuni giornalistici reperibili tra le impolverate carpette della segreteria di redazione. Si comincia con “Il labirinto della modernità” e col “racconto di un mondo in profonda metamorfosi” si prosegue con “Il futuro è già cominciato” ci si accomoda in gondola per godersi i bagordi “La Mostra Internazionale di Architettura di Venezia è già di per sé un’occasione valida per una gita in Laguna. In più questa edizione è accompagnata da un nutrito calendario di spettacoli di danza e concerti…” per finire alla grande coi fuochi d’artificio “la fascinazione è forte già a partire dall'atrio al piano terreno” su un meraviglioso fondale dove tutto è “strepitoso” e “straordinario” tanto che sembra quasi di sognare e “l’effetto è quello dell’annullamento dello spazio-tempo, una sospensione che assomiglia molto al miraggio”.
Solo che questo non è un miraggio, è il deserto del Gobi dell’intelligenza critica. Attraversarlo non richiede solo forza d’animo, c’è bisogno di temerarietà e di una soglia del dolore assai elevata perché, in caso contrario, alla quarta pagina si comincia ad ululare come il malcapitato sotto i ferri del dentista immemore d’anestesia.
Un doloroso abbracciour
20 agosto 2014Intersezioni ---> SPECULAZIONECOMMENTA