Sì. Ti faccio vedere qualcosa. [...] Questo è un articolo sul trentesimo anniversario della morte del presidente Mao. Probabilmente scriverò qualcosa per far sapere che razza di criminale fosse. Sono fatti storici. Una nazione che non indaga in modo critico il proprio passato è una nazione senza vergogna. Dobbiamo fare qualcosa. [Apre un'altra immagine.] Questa è molto interessante, è la casa di mia madre in centro a Pechino. Ora Pechino è stata completamente rifatta. La facciata della casa di mia madre era di veri mattoni; un giorno siamo tornati a casa e abbiamo trovato tutto ridipinto. Allora ho scritto un post sul blog.
Ieri sulla pagina personale Youtube ha pubblicato il video di quell'inchiesta (è possibile leggere Ai Weiwei anche su Google+ e Twitter):
Per protestare contro questo fatto?
Sì, perché è davvero troppo. Questo è un articolo molto interessante. [Apre sul computer un articolo del suo blog.] In una sola notte, tutta Pechino è stata ridipinta. Ho scritto un lungo pezzo. Lo slogan della propaganda per le Olimpiadi dice: "Un solo mondo, un solo sogno". Nell'articolo scrivo di come abbiamo perduto le nostre radici, il nostro mondo, il nostro sogno. Proprio oggi mi hanno chiamato da una rivista dicendomi che vogliono pubblicare l'articolo perché gli è piaciuto molto. Mi hanno detto: "Possiamo togliere la parte politica?". Altrimenti sarebbe impossibile pubblicarlo. Ho risposto: "Ok, fate come volete, non mi interessa". [Mostra una foto.] Questo muro è stato costruito in mattoni. Vedi cos'hanno fatto? Ci hanno messo il cemento. È incredibile! È una proprietà privata e nemmeno si preoccupano di comunicare in anticipo i cambiamenti. Nell'arco di una sola giornata Pechino ha cambiato faccia. Hanno dipinto tutto.
Una rapidità impressionante.
Già. È pazzesco. Questa foto è incredibile. È la mia casa. Ora è diventata così. Era di veri mattoni. Hanno sostituito i mattoni originali con del cemento e poi l'hanno ridipinta. E non si tratta solo della mia casa, succederà a tutta la città. La stupidità regna sovrana e nessuno scrive niente a proposito.
Quindi scrivi ciò che gli altri non scrivono?
Ma sì. Mi chiedo, cosa c'è che non va in questo mondo? Tutti a osannare cose assurde. Ho scritto un post in cui parlavo di questo, e ho scattato foto per documentare come sia avvenuto il tutto. Quando sono andato a casa ho chiesto a mia madre: "Ma perché li hai lasciati fare?". E lei: "È successo a tutti. Cosa possiamo fare? Hanno detto che è meglio così". È come mettere un dente d'oro a un topo. Perché hanno voluto fare una cosa simile? Tutti questi muri finti, è pazzesco. La città vecchia è scomparsa in una notte. Tutte le porte sono così, tutte dipinte in questo modo, e anche le finestre. È una pazzia, è casa mia. Visto che ci hanno modificato le porte, noi le togliamo.
Ho tolto un pezzo, ma un pezzo l'ho lasciato. Quindi adesso è così.
È diventata un'opera, la protesta. Se rimuovi del tutto la porta non rimane più nessuna traccia, nessuna memoria. È molto vicina al mio lavoro, questa sostituzione.
Un'opera che tutti possono vedere e toccare. È molto divertente.
Sarebbe fantastico poterla esporre, organizzare una mostra.
Durante il periodo della mostra, la gente, da Pechino potrebbe andare a vederla e sorvegliarla quotidianamente. Il titolo potrebbe essere il nome del mio blog. Magari possiamo lavorarci insieme. Forse bisognerà tradurre qualcosa in inglese. Potremmo inserire qualche articolo in inglese sulla città, la cultura, la vita, la politica, l'ambiente, cose personali.
[Intervista del 31 dicembre 2008]
Quando ho lasciato la Svizzera tanti anni fa, alla fine dell'adolescenza, i miei genitori hanno preso l'abitudine di ritagliare alcuni articoli dal giornale del loro piccolo paesino svizzero, per darmeli alla fine dell'anno. Era sempre una pratica interessante, perché ci permetteva di constatare quali fossero le notizie che, dal mondo globale dell'arte, arrivavano fino lì. Quand'ero piccolo, e poi negli anni ottanta, si parlava molto di Joseph Beuys, della sua "scultura sociale" e di altri ambiziosi progetti, come l'Ultima cena di Andy Warhol. Negli ultimi due anni, però, le sole notizie che arrivavano erano i valori battuti nelle aste. L'unica eccezione è Ai Weiwei, non solo per il progetto presentato all'ultima edizione di Documenta, di cui si è parlato ben al di là dei confini del mondo dell'arte, ma soprattutto per il suo blog. Prima di cominciare la maratona, un signore del pubblico ti si è avvicinato e ti ha detto che era molto sorpreso che il blog non fosse ancora stato chiuso. Ho sempre visto il tuo blog come una "scultura sociale" del ventunesimo secolo; ti vorrei quindi chiedere come hai cominciato, come lo gestisci quotidianamente e come ti pare stia funzionando nel momento attuale.
Il mio blog non è molto diverso da quello di chiunque altro. Ciò che lo contraddistingue è forse la mia attenzione costante ad alcuni temi specifici, a cui io sono particolarmente interessato. Sono temi legati in prevalenza alla questione della libertà di espressione per gli artisti, e alle modalità di espressione dei diritti personali. In una società come quella cinese, qualunque discorso che tocchi i diritti e la libertà di espressione diventa politico, è inevitabile. Quindi, ovviamente, io stesso sono diventato una figura politica. Non ci vedo niente di male, ci è dato di vivere in un momento simile e dobbiamo affrontare i nostri problemi a viso aperto. La ragione precisa per cui il mio blog è sopravvissuto fino a oggi è qualcosa che non sono in grado di sapere. Credo che il pericolo provenga sempre da fonti a noi sconosciute, nel tempo e nello spazio. Dunque non posso fare nessuna ipotesi.
Ci puoi fare qualche esempio di post recenti sul tuo blog? Mi ricordo che quando sono venuto in Cina l'ultima volta avevi protestato contro il fatto che il governo avesse ridipinto la porta della casa di tua madre, eri andato là e avevi rimesso su la vecchia porta. Sono curioso di sapere cosa stia succedendo ora.
Possiamo prendere in considerazione un paio di esempi, brevemente. Quest'anno è stato, senza dubbio, il più ricco di avvenimenti per la Cina. All'inizio dell'anno abbiamo avuto le tempeste di neve, le manifestazioni di Wengan, poi la protesta dei tibetani, il terremoto del Sichuan e infine le Olimpiadi. C'è poi un'altra vicenda che, ovviamente, ho seguito con particolare interesse, quella di Yang Jia. Grazie all'attenzione dei blog, questo caso è diventato pubblico, facendo sì che molte persone si interessassero alla revisione critica del sistema giudiziario cinese e sollevassero dubbi sulla legittimità delle procedure. L'esito è stato infelice purtroppo, ma le attuali procedure non potevano che portare a questo risultato. Le ceneri di Yang Jia non sono state ancora rese a sua madre, ed è passato un mese dall'esecuzione. La polizia ha fatto sparire la madre in un istituto per malati di mente, sostenendo che soffriva di disturbi psichici e assegnandole un nome falso, Liu Yalin. Tutto questo è successo a Pechino, durante e dopo le Olimpiadi. È incredibile che un fatto del genere sia avvenuto in Cina. Abbiamo sempre pensato che il Partito comunista cinese fosse corretto, che in Cina non potessero accadere cose simili, ci sembrava semplicemente impossibile. Ma ormai ne ho sentite molte di storie come questa, di gente che fa appello ad autorità superiori o di dissidenti che vengono internati in manicomi. Non avrei mai osato immaginarlo.
Più recentemente, ti sei rivolto a un altro pubblico, quello che ha subito i danni dello scandalo del latte contaminato, nel 2008; mi piacerebbe molto che ci parlassi dell'oggetto che hai portato qui per il Minimarathon Shop. Mi pare che abbia un significato particolare.
I responsabili dello spazio mi hanno detto che dovevo portare qualcosa. Allora ho comprato su internet una confezione di latte in polvere Sanlu. L'ho presa su Taobao, un sito di vendita on-line, e sembra che sia un prodotto destinato agli adulti. Il proprietario lasciava intendere di averne solo dieci sacchetti, e che non poteva venderne più di quattro. Così il prezzo è schizzato: un tipo scaltro, questo venditore, sa fare affari; è molto interessante. [Il pubblico ride.] E poi stamattina sulla prima pagina del Beijing News c'era scritto che i due presunti colpevoli sono stati processati nella città di Shijiazhuang. Uno di loro è un autista. Perfino in un caso come questo, che ha colpito più di duecentomila bambini e che ha seriamente minato la credibilità dell'intera società, al governo non è stata attribuita alcuna responsabilità. La colpa ricade su un autista. C'è da morire dal ridere.
Tornando al tuo blog, nel nostro ultimo incontro, quando ti ho chiesto se fossi ottimista, mi hai risposto che l'esistenza di internet ti rendeva estremamente ottimista, che internet era la cosa migliore che potesse capitare perché, in qualche modo, creava una rottura con il vecchio sistema di valori e, al tempo stesso, ne introduceva uno nuovo. Finora il mondo dell'arte non si è servito di internet tanto quanto il mondo della musica, nel quale internet è parte integrante del processo di promozione dei dischi o della produzione di suoni in generale. Si potrebbe addirittura dire che il mondo dell'arte ha tenuto un atteggiamento più difensivo nei confronti del web. Mi chiedevo se potessi parlarci un po', al di là del blog, di come vedi il futuro dell'arte e di internet, e dirci cosa pensi dell'ipotesi delle gallerie on-line: ti sembra una via percorribile?
Sì, scusa, finora ho parlato solo di politica. Io stesso mi trovo decisamente cinico. Ma visto che mi avevi posto quelle domande, dovevo rispondere. Ora veniamo alla domanda sul futuro dell'arte. Penso che l'arte non avrà nessun tipo di futuro se non riuscirà a adattarsi alla tecnologia e alla vita di oggi. Tutti quei quadri e quelle sculture del passato non sono che vecchissimi ricordi, che possono interessare a chi è legato al passato. Ma credo che, in questa nuova era, siano avvenuti enormi cambiamenti nell'arte, proprio grazie alle possibilità introdotte dalle tecnologie e dai nuovi mezzi di comunicazione digitali. Cambiamenti che continueranno su una scala ancora più vasta e, in futuro, in modo ancora più aggressivo. Sono convinto che, dato che questi nuovi metodi di comunicazione e produzione porteranno maggior piacere, tutte quelle scuole pallose come l'Accademia centrale di belle arti di Pechino o l'Accademia cinese d'arte di Hangzhou non avranno più motivo di esistere. I loro pessimi insegnanti intingono i pennelli in colori osceni, che utilizzano per dipingere quadri terrificanti, i quali poi ottengono quotazioni altissime nelle case d'asta. Mi sembra molto umiliante, un parametro di inciviltà degno di un'epoca tutt'altro che illuminata. Ma credo che questi tempi stiano per finire.
[Intervista del Maggio 2009]
Possiamo parlare dei tuoi disegni, del loro rapporto con le tue installazioni e le tue opere architettoniche? Ho pensato che potesse essere interessante pubblicarne una serie in questo catalogo, per darne un'idea.
L'idea di partenza è sempre seguita da un disegno, che però spesso non conservo; la maggior parte di questi disegni la butto via. Ne ho ancora alcuni, di progetti architettonici o installazioni, e anche qualche modello. Abbiamo tutti i disegni delle grandi installazioni, ma a volte utilizzo i modelli al posto dei disegni. Alcuni disegni sono stati realizzati addirittura dopo il progetto. Ovvio, qualche schizzo l'abbiamo fatto prima, ma alcuni anche dopo. Per ogni installazione facciamo moltissimi disegni al computer. Una persona sola ci impiegherebbe più di un anno a fare tutti i disegni, perché il procedimento è molto complicato. Trovo molto interessanti i disegni al computer, perché sono precisi e dettagliati. Ho fatto un libro di frammenti di tutti i miei disegni.
Quindi esiste un libro dei tuoi disegni?
Solo di un progetto: Fragments (Frammenti, 2005). Contiene più di cento disegni. L'installazione è composta da centosettantaquattro elementi, di ogni elemento vi sono disegni della vista frontale e delle sezioni. Chiunque, utilizzando questi disegni, potrebbe riprodurre l'oggetto alla perfezione.
Cioè, potrebbe essere usato come un manuale?
Ci sono due tipi di disegni, a mano e al computer. Tu continui a disegnare a mano?
Sì, perché nel disegno a mano c'è più sentimento, è una specie di classico. Non si può eliminare. Tantissimi artisti apprezzano questa qualità. Ogni volta che si crea un progetto, occorre fare diversi disegni per discuterne con l'équipe. Anche per illustrare un progetto ancora in fase di definizione sono necessari i disegni. Sono riuscito a trovarne alcuni da pubblicare. Mi pare una buona idea, perché in genere è sempre il prodotto finale che interessa di più alla gente.
Più che il procedimento sottostante?
Sì, soprattutto più dell'origine dell'idea.
Dunque il disegno è una delle attività a cui ti dedichi quotidianamente?
No, faccio il blog. Il blog per me è come il disegno. Leggo le email, scrivo, fotografo. Una volta disegnavo molto. Per parecchi mesi ho disegnato alla stazione dei treni. Ne ho un'infinità di quei disegni.
Di quelli fatti alla stazione?
Sì, alla stazione di Pechino, alla fine degli anni settanta, anche prima di cominciare l'università: era un modo per esercitarmi. Ho disegnato perfino allo zoo.
Li hai ancora quei tuoi primi disegni?
Sì, forse alcuni. Mia madre ne ha buttati via un po' - ne ha riempito parecchi sacchi della spazzatura - ma forse riesco a ritrovare alcuni dei primi disegni.
È affascinante quello che hai detto del blog, l'idea che possa essere paragonato all'atto di disegnare.
Il blog è il disegno di oggi. Qualsiasi cosa io dica o scriva sul blog può essere considerata parte del mio lavoro. Fornisce la maggior quantità possibile di informazioni: mostra interamente il mio ambiente.
Non ti vedo mai senza la tua macchina fotografica, la usi di continuo per scattare le foto che quotidianamente pubblichi sul blog. [..]
Nei primi post ho dichiarato che l'obiettivo del blog era l'esperienza stessa, senza bisogno di uno scopo particolare. Ora che abbiamo questa tecnologia la si può usare direttamente, anche, fino a un certo punto, senza pensarci troppo, senza doverne necessariamente estrarre un significato. È qualcosa che solo oggi è possibile. Se fosse avvenuto prima, non avremmo visto i disegni di Leonardo da Vinci o di Degas. Avrebbero avuto tutti la macchina fotografica. Credo che il mio blog sia il più ricco di immagini in assoluto; a livello internazionale, nessun altro pubblica così tante foto ogni giorno.
Da cento a cinquecento al giorno.
Abbiamo scattato centinaia di migliaia di foto per il blog.
Ti ricordi il tuo primo post?
Sì, era solo una frase, qualcosa del tipo: "Abbiamo bisogno di uno scopo per esprimerci, ma la nostra espressione ha già in sé il suo scopo". Un po' come l'idea che, per imparare a stare a galla, ci si debba buttare in acqua.
Quindi era solo questa frase, senza immagini?
Il primo post non conteneva nessuna immagine. All'inizio si esita, si vaglia attentamente, si pensa.
Quella prima frase è davvero importante, una sorta di motto. Era scritta con caratteri grandi?
Sì, si fa fatica a capire come e perché si debba comunicare così con gli altri computer. Ci si domanda quale sia il modo migliore per rendere pubblica, attraverso le tecnologie cibernetiche, questa realtà virtuale. È strano, all'inizio. È come quando si getta qualcosa in un fiume: pur sparendo immediatamente alla vista, continua a esistere nell'acqua, e il volume stesso del fiume subisce delle modifiche a seconda di quanti oggetti vi vengano lanciati dentro. Mi pare che il primo giorno del mio blog sia stato il 19 novembre, ormai quasi tre anni fa. Ho già pubblicato più di duecento articoli, interviste e scritti, recensioni e commenti sull'arte, la cultura, la politica, ritagli di giornale e così via. È stato in assoluto il regalo più interessante che abbia mai ricevuto; per me, ma forse addirittura per la Cina, perché viviamo in una società che non solo non incoraggia l'espressione delle proprie idee, ma spesso la punisce, come è successo a due generazioni di scrittori. La gente ha paura a mettere qualsiasi cosa per iscritto; qualsiasi parola scritta può venire utilizzata come prova di colpevolezza. Ecco perché gli intellettuali cinesi sono così cauti ora.