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Creato il 02 aprile 2015 da Malvino
Do per scontato che Massimo D’Alema sia persona moralmente irreprensibile, proprio perciò non mi capacito del perché sia incazzato come una bestia per la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche in cui si fa il suo nome. C’è una cooperativa che ha acquistato cinquecento copie di un suo libro e duemila bottiglie del suo vino? Bene, mi pare non ci sia nulla di male, dunque perché gli dà fastidio che si sappia? Un buon libro e un buon vino non smettono d’essere tali se a comprarli sia stata una cooperativa oggi indagata per questo o quel reato, né chi ha scritto quel libro e prodotto quel vino ha da rimproverarsi nulla se ad acquistarli sia stato chi per questo o quel reato dovesse eventualmente essere condannato. Diciamo che a far nascere l’odioso sospetto che quegli acquisti non fossero motivati dalla qualità dei prodotti, che qui voglio dare per scontato sia indiscutibile, quanto piuttosto da una sorta di disobbligo clientelare, è solo ciò che Francesco Simone, responsabile delle relazioni istituzionali della cooperativa indagata, afferma in una delle telefonate intercettate, quando, quasi certamente millantandone la protezione, testualmente dice: «D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi e ci ha dato delle cose». La frase prova che quelle «cose» siano state date in cambio dell’acquisto delle copie del libro e delle bottiglie di vino, o che si trattasse di favori illeciti per il solo fatto che ad esse sia stata allegata l’immagine del «mettere le mani nella merda»? A me non pare, e tuttavia comprendo che la frase possa prestarsi a una lettura errata, soprattutto da chi intenda mettere in discussione l’indiscutibile rettitudine di Massimo D’Alema, il quale, dunque, prima di querelare chi voglia tessere ingiuste insinuazioni su quella frase, dovrebbe querelare Francesco Simone. L’ha fatto? Può darsi mi sia sfuggito, ma non ne ho notizia. 

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