L’Alieno Mangia-Scrittori era arrivato per Natale, portando, finalmente, silenzio. Si era stagliato tra le luminarie verso sera, come una massa iridiscente, scricchiolando sulla neve che aveva ghiacciato durante il giorno. Non aveva idea, l’Alieno Mangia-Scrittori, di che cosa fosse il Natale, né tantomeno del fatto che a Natale un buon sessanta per cento del pianeta Terra fosse preso da una follia collettiva dai risvolti variegati. Confuso dal caos e da una tesa atmosfera di fretta e gentilezze, aveva vagato per le vie della città, ondeggiando e singhiozzando: il buio attuttiva appena lo splendore forzato di finestre e tetti, di gallerie e vetrine. L’Alieno Mangia-Scrittori ci aveva messo un po’, a riacquistare lucidità ed efficienza: liberatosi quindi dallo stordimento, si era messo all’opera, respirando l’aria chimica della città. In una sola notte, ne avrebbe divorati a decine. Inutili, pedanti, prolissi scrittori, fabbriche viventi di parole asettiche, caute, al vetriolo, erotiche: mangiarli era per lui una soddisfazione enorme, e allo stesso tempo un dolore da mozzare il fiato; gli si piantavano sempre a metà strada, tra gola ed esofago, come si rifiutassero di venire ingoiati. L’Alieno Mangia-Scrittori allora doveva spingere e spingere, finchè loro non lasciavano la presa, finchè non andavano giù.