Anche se assai ridotta, la possibilità di sopravvivere ad un bombardamento a tappeto, anche estremamente intenso e prolungato, non è mai prossima allo zero come quando le ogive liberano sarin o nervino. Giusto, dunque, che l’uso di un gas neurotossico, soprattutto se ai danni di civili inermi, trovi condanna unanimemente più severa del caso in cui la strage sia compiuta con mezzi che non sottraggano alle vittime una pur limitatissima via di scampo. Mille volte più odioso, convengo anch’io. E tuttavia occorre dire che la morte da inalazione di gas neurotossici è estremamente rapida e praticamente indolore, come dimostrano le immagini delle vittime, sui cui volti è assente ogni traccia di sofferenza. Come nel caso dei curdi gasati da Saddam Hussein nel 1988, anche stavolta, le foto della carneficina consumatasi due settimane fa alla periferia di Damasco mostrano vittime che sui volti hanno espressione di dormienti: niente a che vedere con le facce mostruosamente deformate dalla paura e dal dolore che riscontriamo su altri cadaveri. Mi auguro che non si giudichino maliziosi gli esempi, ma sono i primi che vi vengono in mente: le foto dei giapponesi morti nelle settimane successive al bombardamento di Hiroshima, quelle dei vietnamiti fritti dal napalm nel terribile biennio 1963-64, quelle dei giustiziati sulla sedia elettrica dal 1890 (Stato di New York) al 2013 (Stato della Virginia) – chiedo – non sono oggettivamente più sconvolgenti? Le foto che da mesi e mesi giungono dalla Siria, e ci mostrano corpi straziati, e volti sui quali sono impressi i segni di una morte atroce – pare che dall’inizio della guerra civile ad oggi i morti siano stati 93.000 secondo alcuni, 110.000 secondo altri, 200.000 secondo altri ancora – sono meno terribili di quelle che ci mostrano i 1300 gasati nei sobborghi di Ein Tarma, Zamalka e Moadamyeh? No, ma sono questi ultimi a porre infine la questione di un intervento armato per fermare il massacro. Cioè, per meglio dire, per tentare di fermarlo.Ora, però, sorge un problema. Alcuni giorni fa, DaleGavlak, una giornalista dell’Associated Press, ha reso noto quanto le avevano rivelato dei ribelli insediati alla periferia Damasco, che si sono dichiarati responsabili della strage del 21 agosto: si è trattato di un errore – le hanno detto – non sapevano che stessero sganciando sui civili bombe al gas sarin, erano ordigni arrivati dall’Arabia Saudita e non avevano capito di cosa si trattasse. Se un’azione punitiva è necessaria, e solo ora, perché solo ora si è fatto ricorso a gas letali – questa la tesi dell’amministrazione Usa – chi punire? I ribelli? L’Arabia Saudita? Macché. Sebbene al momento la notizia della Gavlak non abbia trovato smentita, si punirà Bashar al-Asad. Ora, solo ora. Fino ad ora non era necessario, adesso sì. È possibile una posizione più idiota? Sì, perché non c’è mai fondo al peggio. Ad essere contrari all’intervento armato in Siria è l’Italia, che fino a ieri, pur di essere fedele agli Usa, non se n’è perso uno, neanche quando i morti non cadevano gasati. E a che cazzo servono quei costosissimi F35 se basta digiunare con Bergoglio per risolvere i problemi?
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