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Nuovamente il nostro paese incarna agli occhi del mondo un modello di ignominia senza poter nemmeno invocare l’alibi del dominio totalitario.
Il degrado è ormai tale che viene finalmente al pettine il vero problema: perché tanti italiani non reagiscono e si mostrano incapaci di un sussulto di dignità? Perché una società accetta di essere guidata da una classe dirigente al di sotto degli standard minimi di decenza e competenza?
Ci hanno provato in molti a rispondere.
Sicuramente il berlusconismo si basa su un sistema di potere complesso e radicato che ha indebolito le istituzioni repubblicane sul piano materiale e sul piano simbolico. Ne ha giovato il cinismo della borghesia italiana, per tradizione indifferente alla cosa pubblica, e ne ha patito il polverizzarsi della cosiddetta società civile, l’opinione pubblica, e gli stessi partiti di massa, ridotti a proiezioni virtuali di ristrette oligarchie dirigenti. Un processo avvenuto in soli vent’anni perché non è stato contrastato dalla controparte politica affascinata dalla rappresentazione della modernità propagandata dalla destra.
Sondaggi ed elezioni dimostrano che la maggioranza (relativa) degli italiani non considera decisive le gravi imputazioni pendenti sul suo capo e approva quanto fatto dai governi da lui presieduti.
Davvero spieghiamo tutto con le clientele e col voto di scambio? O con l’istupidimento televisivo? Tutti corrotti, dunque? Tutti sedotti dalle spericolate imprese erotiche di un attempato califfo? Tutti consapevolmente complici e intenzionati a dare man forte alla liquidazione dello Stato di diritto, della Costituzione, dello Statuto dei lavoratori, del welfare ecc. ? Sarebbe inverosimile.
Ma c’è un’altra possibilità, non meno inquietante, che va presa in considerazione. Forse anche la sintonia che così facilmente si stabilisce tra Berlusconi e tante brave persone deriva dalla loro mancata abitudine (e a lungo andare dall’incapacità) di giudicare, di attivare la propria coscienza per assumersi le proprie personali responsabilità. Chi non intrattiene il dialogo con se stesso perde l’attitudine a distinguere il bene dal male. Non è in grado di farsi un’idea di ciò che è lecito fare e di ciò che è invece inaccettabile. E non conosce argini perché non dispone di criteri.
L’incertain regard salta una settimana per ritornare il 10 febbraio con una cronaca quotidiana della 61° edizione del Festival di Berlino.
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