Un
lettore mi ha chiesto: «Perché
lei evita sempre di entrare nel merito delle questioni economiche?».
Alla domanda ho risposto in modo elusivo: «Perché
implicano una dichiarazione di fede».
Me ne sono subito pentito, ma ho rimosso. Poi mi è capitata sotto
gli occhi l’intervista
che Antonio Martino ha concesso a Sandro Iacometti (Libero,
3.7.2015) e mi ci sono specchiato di quel tanto che qui mi consente
di riparare, riproducendola.
Professor
Antonio Martino, perché siamo arrivati a questa situazione con la
Grecia, di chi è la colpa?
«La
responsabilità fondamentale è dell’Europa. Dagli alti ideali del
processo di unificazione economica, partito proprio in Italia grazie
anche a mio padre, del cui lavoro sono molto orgoglioso, si è
passati ad un meccanismo con cui redistribuire reddito da un Paese
all’altro. Fuori dai denti, per dare fregature ad alcuni Stati e
vantaggi ad altri».
Ma
ora come si risolve?
«La
parola spread è inglese,ma non ho mai sentito un americano che si
preoccupasse dello spread fra il tasso di interesse californiano e
quello texano.
Perché
a uno è mai venuto in mente che se la California non riesce a
collocare i titoli di Stato i texani li debbano comprare. La
California fallisce e quelli che hanno i titoli se ne fanno una
ragione».
Quindi
la Grecia dovrebbe fallire?
«Quello
che vale per il governo federale americano da oltre due secoli perché
non dovrebbe valere per l’Europa? Se la Grecia non può onorare i
suoi debiti deve fallire, i titoli diventano carta straccia e quelli
che li hanno comprati subiscono una perdita in conto capitale, del
resto hanno lucrato sugli alti tassi di interesse per molto tempo.
Vuol dire che gli è andata male, hanno fatto l’investimento
sbagliato».
Però
ci sono gli aiuti pubblici da restituire...
«E’
stato sbagliato, insensato e demenziale darglieli. Si rende conto che
i protagonisti di questo psicodramma sono tre persone che nessuno ha
eletto, una delle quali è a capo di una istituzione che avrebbe
dovuto essere abolita nel 1967? La signora Lagarde del Fondo
monetario internazionale non ha ragione di mettere bocca. L’Fmi è
stato creato nel 1944 a Bretton Woods con lo scopo di finanziare i
Paesi in deficit per evitare che svalutassero la loro moneta. Quando
nel 1967 venne sciolto il Consorzio dell’oro e la convertibilità
dei dollari in oro smise di essere pensabile, il Fondo avrebbe dovuto
essere abolito. Invece fu mantenuto in vita, malgrado non serva
assolutamente a niente tranne che a distribuire laute prebende a
quelli che ci lavorano».
E
i soldi che ha messo l’Italia, che fine fanno?
«Non
dobbiamo più dare un euro a nessuno».
Ma
quelli già dati?
«Niente,
quelli sono persi».
Se
la Grecia fallisce non rischia di saltare anche l’euro?
«Luigi
Einaudi riteneva che la moneta unica avrebbe impedito agli Stati di
pagare le spese pubbliche facendo stampare denaro alle banche
centrali e dando vita alla più iniqua di tutte le imposte che è
l’inflazione. Ma quell’idea è stata tradita, perché quello che
sta facendo Mario Draghi con il QE altro non è che monetizzare il
debito degli Stati membri, una cosa non prevista dai trattati».
Molti
sostengono che se non ci fosse stata la Bce andava tutto all’aria...
«Molti
sbagliano. Il QE produrrà i suoi effetti tra un anno e mezzo o due e
la sua utilità è ancora lungi dall’essere provata. Il lavoro
della Bce è stato superfluo e potenzialmente pericoloso perché
potrebbe far partire un processo inflazionistico difficile da
controllare».
Atene
avrà pure qualche responsabilità...
«I
Paesi europei devono capire che non si può avere contemporaneamente
sviluppo economico, alta spesa pubblica e pareggio di bilancio. I
greci inoltre sono abituati a vivere a spese degli altri, il problema
è che gli altri prima o poi finiscono».