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1 Maggio: 100 sogni morti sul lavoro

Creato il 01 maggio 2012 da Martinaframmartino

1 Maggio: 100 sogni morti sul lavoro

Un breve articolo:

http://www.ilgiorno.it/milano/cultura/2012/04/21/701085-Milano-evento-morti-sul-lavoro-benvenuto.shtml

Il comunicato stampa dell’installazione:

Dal mondo dell’advertising, ideando campagne sociali fondate sui valori etici della salute, del lavoro, dell’identità e della ricerca, Gianfranco Angelico Benvenuto cavalca quel sottile sconfinamento che fonda l’intreccio fra estetizzazione della vita e pervasività dell’arte. Affondando nell’esistenza quotidiana collettivamente condivisa, aprendosi a relazioni con situazioni e contesti diversi, la sua creatività e la sua poetica, espressi con la fotografia e l’installazione (Controbiennale delle Casalinghe, 2005, provocazione virtualmente inserita in internet nei più grandi musei), si ergono a veri e propri tracciati della società contemporanea. Per narrare microstorie individuali capaci di contenere macrostorie di gruppo, o per raccontare situazioni sociali entro le quali individuare singoli profili identitari. Appellandosi alla critica sociale, unita all’estro poetico (Angeli senza ali, 2002, campagna per l’incentivazione della ricerca sulle cellule staminali), così come al registro dell’ironia e del paradosso (Uomini in vendita nel frigorifero del supermercato, 2007), l’artista friulano trasforma ogni sua riflessione e creazione in evento provocatorio, capace di smuovere le coscienze collettive e di animare l’opinione pubblica (Lascia il bere perché ti beve il cervello, 2009, contro l’abuso dell’alcol). Perché la sua provocazione non è mai scioccante e fine a sé stessa, bensì radicata nell’elogio della normalità, dell’imperfezione (dal 1984 Il Calendario delle casalinghe che, cacciando le top model dal piedistallo, ha creato un vero e proprio fenomeno di costume in mezza Europa), entro la quale ognuno di noi riconosce almeno una parte della propria esistenza. Il monumento installazione ai morti sul lavoro nasce da questo percorso, come una sorta di iperbole di un lavoro precedente: la Storia del futuro non vissuto da Gabriele Simeoni (2003), racconto per immagini confluito in una mostra itinerante all’interno dei cantieri edili. È la storia di un giovane muratore, schiacciato da una lastra di cemento. Di lui è rimasta solo la tuta da lavoro. Una tuta vuota, che di fotografia in fotografia si erge a fantomatico protagonista di un presente che non c’è stato, del quotidiano di una vita mancata. È lo spettro che grida un’assenza. Un’assenza che nella reiterazione proposta in questo esercito di tute si muta in forte presenza. Perché la corporeità tridimensionale degli abiti da lavoro che, riempiti solo di vento, simulano una marcia collettiva, un cammino però privo dei colori della speranza del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, ma così imperativo da urlare la loro presenza. Il ricordo di chi sul lavoro ha perso la vita, ma anche di chi è morto perché il lavoro non ce l’ha più o non l’ha trovato. Un ricordo che queste tute-fantasma traducono in affermazione, perché il lavoro è motore d’identità, di civiltà, il lavoro è necessario per esserci.



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