Quei pochi “fortunati” che un lavoro ce l’hanno e che possono “festeggiarlo” restandosene a casa, al riparo della cassaintegrazione, “sopravvivono” alla crisi con stipendi da fame, dimezzati dall’euro, falcidiati dal caro vita e depredati da una tassazione senza precedenti. Del resto i “soliti noti”, ovvero coloro nelle cui tasche qualsiasi governo va a mettere le mani a botta sicura, sono o non sono sempre loro, le buste paga del Belpaese!?
Per milioni e milioni di disoccupati, invece, “primo maggio” è tutto l’anno, dal momento che a casa ci restano per 365 giorni!
Per altri, che non ce l'hanno fatta, è la disperazione, il dramma, la tragedia di una vita spezzata dal suicidio!
E allora sù coi festeggiamenti, battiam, battiam le mani a Cgil, Cisl e Uil che dopo anni di lotte e rivendicazioni sindacali sulle spalle dei lavoratori, si sono calate le brache davanti allo spread, alla moneta unica, alla globalizzazione, alla Troika, al precariato, alla flessibilità, ai licenziamenti, al rispetto delle norme sulla sicurezza e alla precarietà di un posto di lavoro da accettare a qualsiasi costo e a qualsiasi condizione, pur di sopravvivere!
Evviva la mobilità! Evviva il precariato! Evviva la flessibilità! Evviva l’abbassamento del costo del lavoro a spese dei lavoratori, s’intende, per rilanciare la produttività e far ingrassare chi da sempre è campato sul sudore della classe lavoratrice.
Ma oggi che cosa hanno da festeggiare Cgil, Cisl, Uil? Il Lavoro è morto! Il Sindacato pure. E più che un concerto Rock, ad un funerale si converrebbe intonare un requiem!