Continua la serie di interviste “10 domande a…”. Incontri con designer ad “alto tasso di creatività” dove ognuno risponde alle domande di Luca Trombetta in modo originale, a volte ironico, a volte poetico, chiudendo con una ”ricetta” personale, in esclusiva per i lettori di desperate_design.
1.Com’è stato il tuo approccio iniziale al design? E come ti definisci?
Inizialmente un approccio molto confusionario, più verso la creatività in genere che al design; poi, lentamente, ho provato sempre più interesse ad affrontare il rapporto uomo-oggetto e le relazioni emotive ed affettive tra essi.
2.Raccontati in 3 oggetti – non necessariamente progettati da te
Citè – 1930, Jean Prouvé per Vitra
Leg splint – 1942, Charles e Ray Eames per Evans Products, Molded Plywood Division
Algue – 2004, Ronan e Erwan Bouroullec per Vitra
3.Definisci ”design” (es.un approccio più intelligente alle cose? forma e funzione? estetica di livello?)
Non abbiamo bisogno di nuovi oggetti; forse abbiamo bisogno di vivere diversamente lo spazio che ci circonda e tutto ciò che lo riempie. Un po’ refrattario alla parola design, che ormai identifico sempre più come definizione merceologica, lo vedo semplicemente come un progetto di qualità, filologicamente corretto, che faccia emergere un’eccellenza; uno dei requisiti per me fondamentali è uno sguardo laterale sulle cose, un punto di vista differente per allontanarsi dall’abitudine.
4.Il grande “maestro” che ha influenzato la tua opera – modelli a cui ispirarsi
Non ho un unico Grande Maestro, da bravo bulimico prendo e assimilo a destra e a manca… I Grandi Maestri sono fonte d’ispirazione, una solida conoscenza da cui attingere: da Achille Castiglioni lo sguardo sulle cose, da Jean Prouvé e Alberto Meda il lato tecnico, da Frei Otto la sperimentazione, senza dimenticare Sottsass pensatore, Buckminster Fuller, H.J. Wegner, Rei Kawakubo, Dino Gavina, Adriano Olivetti, Issey Miyake, Tapio Wirkkala…
5.Come reinventare nuovamente forme e archetipi molto radicati (es. la sedia- la caffettiera) ?
Mangiamo, sediamo, vestiamo e compiamo la maggior parte delle azioni giornaliere come i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri avi; ma lo facciamo in un mondo contemporaneo, mutato ed evoluto. A mio avviso si può pensare nuovamente oggetti della tradizione focalizzando l’attenzione sulle esperienze quotidiane, le innovazioni tecnologiche, la velocità con cui viviamo e tutti quegli usi e consuetudini che hanno notevolmente modificato il nostro percepire, fare, essere.
6.Il tuo approccio al progetto: forme, materiali, colori, tecnologie che prediligi
Quando non sono vincolato da un briefing iniziale o dalle capacità produttive del cliente preferisco dedicarmi all’oggetto finale focalizzando la funzione, come lo si percepisce, le emozioni che trasmette; in un secondo momento, continuando a modificare e approfondire il progetto, individuo i materiali, le finiture e le tecnologie migliori per poterlo realizzare. Altre volte gioco con i materiali: i miei preferiti sono quelli dal forte impatto emotivo, che non invecchiano ma acquistano il fascino del tempo trascorso, materiali per oggetti a cui affezionarsi. Altre volte ancora una tecnologia produttiva vincolante mi invoglia a giocare con essa, cercando di capire come piegarla a ottenere nuove tipologie di prodotti.
7.Design ecosostenibile: un’utopia? qual’è il percorso da seguire?
Vivo il design ecosostenibile come un’utopia per molti, una realtà precaria per pochi; è uno sforzo di continuo miglioramento per perfezionare un equilibrio instabile, raggiungibile solo controllando ogni aspetto della vita del prodotto, dal progetto alla produzione, dalla distribuzione allo smaltimento. Sono convinto che non si raggiunga l’obiettivo producendo oggetti con materiali naturali se poi li si trasporta per il mondo. Il progetto ecosostenibile è un ragionamento complesso che mi coinvolge continuamente in una ricerca progettuale che ad oggi è senza un’unica soluzione.
8.Tutela del made in Italy o produzione globalizzata? pro e contro
A mio avviso è fondamentale tutelare l’eccellenza ovunque essa sia. In Italia sono presenti moltissimi distretti produttivi, alcuni con elevate caratteristiche qualitative da proteggere e promuovere, altri, purtroppo, strutturati sulla copia: le recenti modifiche al codice della proprietà industriale hanno evidenziato che anche in Italia esistono realtà da cambiare profondamente, aziende che devono evolversi e garantire una produzione di qualità. Siamo abituati a produrre, importare e consumare cibi, oggetti e cultura prodotti ovunque nel mondo, ed è ormai anacronistico proteggere il territorio in quanto tale. Semplificando, condivido il pensiero di Patrizio Bertelli che in una recente intervista ipotizzava un’etichetta “made in Prada” nel caso in cui sia assente una specificità produttiva legata al territorio.
9.Il progetto dei sogni non ancora realizzato
… ancora troppi i progetti da realizzare per desiderarne uno solo!!!
10.Ricordando gli insegnamenti di Munari (anche il cibo è design) – una tua ricetta/progetto
PEARÀ DEL GIORNO DOPO
Ingredienti: midollo di bue, burro, brodo di carne, pane molto molto vecchio grattugiato e tostato, pepe, tanto pepe, ancora pepe, olio d’oliva, pentola di coccio, cucchiaio di legno, fiamma molto bassa.
Nessuna dose o tempo di cottura, preferisco l’improvvisazione e l’esperienza, anche perché i segreti di cucina vanno custoditi gelosamente…
Sciogliere il midollo nel burro, quando soffriggono aggiungere il pane grattugiato, amalgamare bene e quando il pane ha assorbito gli altri ingredienti aggiungere piano piano il brodo, poi il pepe. Poi ancora pepe. Molto pepe. Far sobbollire a lungo. La salsa dovrà risultare densa, omogenea e caldissima. Da bravi veronesi potete gustarla appena pronta sul bollito, oppure aspettare il giorno dopo, scaldarla, aspettare che si raggrumi ben bene per poi sternderla sul pane.
Buona degustazione!
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