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The whispering star di Sion Sono con Mejumi Kagurazaka, Kenji Endo, Yuto Ikeda, Kouko Mori Giappone, 2015 genere, fantascienza durata, 100’
Nell’immaginario cinematografico occidentale, normalmente, l’umanità-a-rischio-estinzione è sempre un punto di arrivo della narrazione. In “The whispering star”, invece, si parte da un’umanità ridotta all’osso e da una popolazione per l’80% composta da robot, tra i quali troviamo la protagonista - androide supportata da intelligenza artificiale - Suzuki Yoko, il cui compito è consegnare pacchi, vagando da una galassia all’altra, ai pochi umani rimasti.
Partendo dal presupposto che il film in sé appare slegato, le varie sequenze, poco coese anche a causa di un ritmo drammaturgico blando, non riescono a dare uniformità alla pellicola pur mettendo in mostra aspetti tutt’altro che scontati. A partire dalla messa in scena, dove la composizione fantascientifica si fonde ad un gusto vintage - il computer di bordo, ad esempio, ha l’aspetto di una radio anni ’20; o ancora l’astronave realizzata a forma di graziosa casetta tradizionale giapponese - amplificando la sensazione data dal trovarsi in una realtà post-umana; ad aggiungersi a questo discorso ci sono la scelta del bianco e nero - incomprensibili i cinque secondi di colore inseriti nel mezzo della narrazione - e la rappresentazione dei pianeti abitati dagli uomini, che fa rifermento alla decadenza industriale - tra queste innumerevoli copie di Detroit, vengono mostrate insegne malmesse di famosi marchi, tra i quali la Sony -.
Al netto di una restituzione poetica dell’essere umano - che rinuncia al teletrasporto perché ancorato al concetto di spazio e tempo, ai negativi di una pellicola fotografica o ad un mozzicone di sigaretta - “The whispering star” proietta ciò che stiamo vivendo in un presente/futuro dove la tecnica ha vinto e dell’umanità è rimasta solo l’ombra. Antonio Romagnoli
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