Ouragan, l'odissee d'un vent/Hurricane, A Wind Odissey
di Cyril Barbacon, Jaqueline Farmer
Francia, 2015
genere, documentario
durata, 85'
"Enough about you, let's talk about life for a while/
The conflicts, the craziness and the sound of pretenses
falling all around... all around".
- A.Morissette -
Tra
le pieghe di un concetto allo stesso tempo scomodo e cogente come
quello della Fine (più volte ricordato altrove), s'annida una delle
varianti il cui peso viene spesso ridimensionato a favore di una più
subdola quanto perversamente compiaciuta soluzione antropica: il disastro naturale definitivo.
Proprio
tale spauracchio, tutt'altro che irrealistico, serpeggia qua e la' e
affiora - a tratti - tra le immagini che spiano lo splendore
impenetrabile di una primordiale possanza, catturato dal terzetto
anglo-francese autore di questo "Hurricane, a wind odyssey", sulle
tracce del percorso fisico-geografico segnato dal cosiddetto uragano atlantico:
dalle origini sotto forma di pigra brezza a lambire, in un giorno
d'agosto, le pianure del Senegal; in crescita rapida lungo il transito
oceanico, fino a raggiungere le dimensioni e la potenza - nonché la
statura simbolica - di un fenomeno meteorologico di categoria 4, con venti superiori ai 250 km/h (e un occhio centrale
azzurro tenue immerso in un'atarassia tutta sua ad una pressione tra
gli 880 e i 920 mbar), con le conseguenze sconvolgenti immaginabili, in
specie per ciò che attiene gl'insediamenti umani.
Le
inerzie stabilite nel corso di milioni di anni secondo uno schema tanto
all'apparenza brutale quanto nel profondo insostituibile e -
paradossalmente - fragile nel possibile sfasamento delle sue variabili,
si rincorrono in sequenze che alternano spesso un ansioso stato di
quiete ad una sorta d'ineluttabilità catastrofica la cui spinta
fondamentale all'incessante ripristino di un punto di equilibrio - entro
cui, date certe condizioni stabilizzate ma fatalmente destinate
al decadimento, se ne instaurano senza indugi di nuove, allo scopo di
promuovere comunque una rigenerazione (piccoli crostacei sopravvissuti
al passaggio del nume, per dire, riguadagnano, furtivi ma decisi,
il sentiero dell'acqua) - nella nostra contemporaneità, caratterizzata
in via preponderante dalla proliferazione delle attività della specie sapiens a
cui, banalmente, corrisponde una costrizione dell'ambito vitale di ogni
altro organismo, sembra sempre più virare, per l'anomala interazione
delle spinte in campo, verso la manifestazione periodica di brandelli di apocalisse anticipata,
nei confronti della quale ci si e' disposti oramai persino con una
certa svagata apatia. Non si spiegherebbe altrimenti la costanza - molto
più affine, qui, alla stoltezza che alla coerenza - con cui vengono
ripristinate, a fronte di quelli che allo stato attuale possono essere
considerati veri e propri avvertimenti (l'incidenza generale
degli uragani è in costante aumento, così come la dilatazione degli
estremi dell'intervallo della loro stagione e la frequenza dei fenomeni
più violenti), le inaffidabili consuetudini di partenza. La massa atlantica
che devasta Porto Rico, s'abbatte "come un mietitore" su parte del
territorio insulare cubano, recupera energia e travolge la zona costiera
degli Stati Uniti meridionali (Louisiana), in altre parole, apre di
certo la strada ad un cambiamento significativo degli eco-sistemi
interessati (nella foresta portoricana - El Yunque - lo sfoltimento di
alberi ad alto fusto consente l'esposizione diretta al sole di varietà
vegetali rimaste in latenza per decenni) ma, come con chiarezza
mostrato, lascia pressoché inerte l'animale umano il quale, o resta -
comprensibilmente - attonito di fronte alla devastazione,
predisponendosi, però, di fatto, all'ennesima, identica, strategia di ricostruzione, o accumula dati e statistiche, nella vaga prospettiva di stabilire un criterio affidabile di prevedibilità.
Poggiato,
come detto, sul doppio binario dell'attesa e della valutazione delle
conseguenze, "Hurricane..." propone, in aggiunta, "il dio delle
Tempeste" come vero e proprio protagonista della vicenda, soggetto che
parla di sè, spiega i propri intenti, adduce motivazioni, ammonisce. Se
l'idea è interessante (per quanto non nuova) - modulata, nel caso, nei
toni di una suadente voce femminile - da un punto di vista mirato a
sottolineare la concretezza vivente di un'epifania naturale,
parte della sua realizzazione lo è meno, concertata com'è sui ritmi di
una sorta di poeticismo arcadico e sentenzioso (peraltro ricorrente nel
documentario naturalistico francese) che, espediente antico ma sempre
inefficace, tenta di esorcizzare avvicinandola una forza che non ha la minima possibilità di controllare. Nemmeno, poi, ci fosse ancora chissà quanto tempo...
(Come spesso accade, non determinante il 3D).
TFK
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