10minuticon Franco Fracassi

Creato il 28 febbraio 2013 da Intervistato @intervistato
Franco Fracassi, regista di The Summit - i tre giorni della vergogna, ci ha concesso un'intervista la scorsa settimana, durante la quale abbiamo parlato del documentario e delle ragioni dietro la sua nascita.

Innanzitutto abbiamo chiesto a Franco che cosa sia The Summit e come è nata l'idea di fare un documentario: ci si era resi conto che in realtà inchieste approfondite sull'argomento non sono mai state fatte. Tutti i processi celebrati si sono occupati di un solo episodio, ma non c'è mai stato un processo ai fatti del G8 presi nella loro interezza. Nemmeno il Parlamento se n'è occupato, e i giornalisti hanno fatto qualche inchiesta o reportage, ma non sufficientemente approfonditi. In più Fracassi e Lauria avevano gli elementi di novità di partenza da poter raccontare per far capire alla gente ciò che è realmente accaduto in quei giorni.
Fra questi il fatto che loro trattano il G8 come un evento internazionale, e non italiano: dal punto di vista dell'ordine pubblico è stato coperto da una regia internazionale messa in atto già un anno e mezzo prima del G8, con forze dell'ordine che per tutto quel tempo si sono addestrate e preparate per quei giorni. Anche i manifestanti erano in buona parte stranieri. In più ci sono novità sul caso Giuliani, sui black bloc, sull'ordine pubblico in piazza e gli evento susseguitesi in quei giorni a Genova.
Il movimento no global dopo il G8 si è disintegrato, anche se non sono spariti tutti: si son continuati a fare forum internazionali e manifestazioni, ma sicuramente non è più la stessa cosa. Quanto alle colpe, si può dire che sono sia delle forze dell'ordine che dei manifestanti, anche se di livello molto diverso. Una parte delle persone che stavano in piazza sono conniventi a quello che è successo nei pestaggi, mentre il resto delle persone hanno semplicemente reagito in maniera violenta alle violenze della polizia. Si è trattato di una reazione, pur sbagliata, ma la bravura di chi ha innescato e architettato gli eventi è stato l'aver saputo cogliere nel fallo queste persone e far sì che reagissero.
Il movimento no global nel suo insieme si faceva portatore di istanze con lo scopo di segnalare al mondo la non sostenibilità del sistema economico: con il senno del poi si può dire che avevano ragione, e che la crisi che in questo momento si sta vivendo a livello globale altro non è che il frutto delle decisioni prese in quei giorni a Genova.
Secondo Franco c'è stata una precisa strategia per delegittimare il movimento, perché a Genova si è combattuta la battaglia finale di uno scontro tra due modi di vedere il futuro, una battaglia in cui non ci sarebbero stati prigionieri, ma uno dei due modelli sarebbe semplicemente deceduto. Ha prevalso la visione finanziaria e mercantilista della globalizzazione, a discapito di quella sostenibile.
Come spesso accade nei movimenti molto variegati, si lasciava paradossalmente troppa democrazia interna: va sottolineata la responsabilità di chi in quel periodo non è stato in grado di gestirlo, rendendolo in alcuni momenti troppo anarchico e facilmente penetrabile dall'esterno. Quando a Genova si è trattato di fare fronte unito, si è sfaldato, le componenti esterne non sono state emarginate e non è stato approntato alcun tipo di servizio d'ordine. E' stato come andare a combattere armati di coltellini da tasca contro i carri armati.
Vi invito a visionare l'intervista integrale, ben più ricca di questa mia brevissima sintesi.

Buona visione!

Maria Petrescu | @sednonsatiata

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