L’Undici, una rivista online che leggo spesso ha proposto recentemente un post dal titolo 11 motivi per odiare i viaggi. Si tratta di un contributo provocatorio e ironico, che parte dal presupposto che “I viaggi sono soprattutto uno status symbol: “viaggiare” is the new mi son fatto il macchinone. E’ vero, questo punto di vista è molto fastidioso; per fortuna non conosco praticamente nessuno che affronti bagagli e itinerari con questo spirito. Non dubito che ce ne siano di persone così, ma credo che non siano la maggioranza dei viaggiatori! In ogni caso non è certo il modo in cui viaggio io ad essere uno status symbol… (o meglio è simbolo dello stato di una che non c’ha una lira – aspettate la lettera H di Hostel in Alfabeto Berlinese e capirete di cosa parlo). Poche frottole, non c’è bisogno di cercare giustificazioni; se uno non ama viaggiare non ci sono undici motivi, ce ne è uno solo: è perché sta bene sul divano di casa sua e gli piace così. Tuttavia il post mi ha suggerito un “esercizio” da fare un questo Ferragosto casalingo, utile a controbilanciare un tesi così argomentata:
11 motivi per amare i viaggi
Meglio gli scalini del Wat Arun che una montagna di panni da stirare
1) Viaggiare rilassa e riposa anche quando stanca e stressa. Sembra strano eppure è così. Quello che veramente ci consuma è la routine, il tran tran. Se siamo fuori casa non importa quanto pesano i bagagli, quanti scali dobbiamo fare, quando chilometri a piedi maciniamo. Siamo lontani dalla monotonia, dagli automatismi logoranti, così il nostro cervello e il nostro sistema nervoso, si ricaricano.
2) Viaggiare aguzza l’ingegno e quella che in aziendalese si chiama capacità di problem solving. Ci si scontra ogni giorno con l’imprevisto: un cartello in una lingua sconosciuta, una prenotazione volatilizzata, un bancomat che non viene accettato, una strada diversa da come è disegnata sulla cartina, una scritta strana accanto al tuo treno sul tabellone degli orari… Che vorrà dire? soppresso? in ritardo? prenotazione obbligatoria? carro bestiame? Chi lo sa… Dobbiamo scoprirlo.
La stazione ferroviaria di Udaipur, in India. Uno a caso dei molti posti del mondo in cui capitare di tutto… In bocca al lupo!
3) Solo viaggiando si possono conoscere dal vivo le molte cucine che altrimenti assaggiamo solo nei ristoranti etnici. Così, oltre a scoprire nuovi gusti, toccare con mano l’esperienza di sopravvivere anche senza le tagliatelle di nonna, impariamo a giudicare meglio la ristorazione che abbiamo sotto casa.
Street food thailandese buonissimo. Mai saputo cos’era, cosa conteneva, come si chiamava e come ritrovarlo.
4) Viaggiando abbiamo l’occasione di sfatare i pregiudizi negativi sugli italiani: non perdiamola!
5) In viaggio puoi comprare borse, collane, ciabattine, forcine per capelli, portamonete, e monili che altre non hanno. “Che bello, dove l’hai preso quello?” “A Bangkok , a Portobello, sulla spiaggia di Malibù, da un rigattiere a Les Halles = Non l’avrai uguale mai!“
6) Solo viaggiando possiamo davvero praticare altre lingue. Si può andare in Inghilterra… ma anche conversare in inglese con un indiano o un thailandese può essere un ottimo esercizio. Non capiremo la loro pronuncia e loro non capiranno la nostra, ci saranno equivochi (in caso di tassisti anche destinazioni sbagliate) pioggia di sorrisini e segni di assenso generico tipici di chi non sta capendo. Ma il vostro inglese (o francese, o spagnolo) ne uscirà rinforzato.
7) In molti paesi esteri la vita quotidiana costa meno che in Italia. E non sto parlando necessariamente del Vietnam o del Tagikistan. Provate a mangiare fuori casa, con un budget di 5 euro e vedete cosa recuperate a Berlino e cosa a Bologna…tanto per fare un esempio.
Abbondante piatto di riso con verdure, germogli di soja e minispringroll. All’ inbiss cinese “Gluck” in Graefestrasse – Berlin Kreuzberg. 3.80 + birra al più vicino Spätverkauf 1,30 = 5,10 euro
Piccolo gatto, grande zaino a Pakbeng in Laos
8) La vita in viaggio educa alla semplicità e all’essenziale. Per quanto possiate essere bravi nel fare la valigia, non potete portare via la casa. Dunque si vede cosa veramente serve e di quanto superfluo ci circondiamo.
9) Viaggiando, e non necessariamente troppo lontano, tocchiamo con mano come il nostro paese (con tutto ciò che contiene, tradizioni, stili di vita, cultura) non sia il migliore, né il peggiore e sicuramente non l’unico possibile. Questo ci aiuta poi, quando torniamo a casa, a prendere le misure a quello che ci circonda, a giudicarlo con più metri. Qualcuno obietterà che son cose che si imparano anche leggendo e istruendosi. Certo, ma è sempre la differenza tra toccare una cosa o sentirsela descrivere.
Questa mamma ha deciso di allenarsi e poi correre la maratona di Honolulu. Nessuno le teneva il pupo? E quale è il problema?
10) In viaggio possiamo incontrare (più facilmente che restando a casa) altri viaggiatori con stili di vita diversi, che spostano l’asticella della nostra comprensione. All’estero scopriamo che famiglie con uno o più bambini piccoli si incamminano dei canyon e spostano coi mezzi pubblici (non si limitano a vacanzeggiare in riviera perché Dove vuoi andare coi bambini??), donne e ragazze di tutto il mondo viaggiano da sole senza problemi; le coppie gay non le nota nessuno…
11) Solo allontanandoci possiamo apprezzare davvero il ritorno a casa. Quanto è spaziosa la nostra doccia. Quando né troppo duro né troppo molle il nostro materasso. Quanto morbido il pelo del nostro gatto. Quanto rassicurante la nostra quotidianità. “Il posto più bello è quello dal quale si può andare via”, ha detto qualcuno. Viaggiare fa sì che casa nostra diventi il posto più bello del mondo tutte le volte che vogliamo.
Paharganj è un quartiere di New Delhi. Vivetelo e dormiteci tre notti e adorerete tornare a casa..
PS: A parte questl l’Undici propone moltissimi contributi sul tema viaggio (Qui la raccolta per tag). Spesso sono interessanti e leggerli fa venire molta più voglia di partire che di restare!