Come sempre arriviamo dopo tutti gli altri con la classifica dell’anno, un pò per pigrizia, un pò perchè ci piace lasciar decantare per bene i vari ascolti e rifletterci con la dovuta calma, prima di decidere. Infine comunque, eccoci. Il bilancio conclusivo vede un prevalente successo dei grandi ritorni, poche ma interessanti novità, una rivincita del cantautorato femminile e la mancanza di un vero capolavoro a fare da capofila. Nella fattispecie, questa è la “top 11″ (in via eccezionale) che consegnamo ai posteri come lascito dell’ultimo periodo di rivoluzione terrestre.
Foo Fighters | Wasting Light
L’album che piú di tutti ha risposto alla mia voglia di concretezza durante il 2011. Canzoni che arrivano dritte alla pancia senza bisogno di decantazioni e, perfette per una tarda primavera fatta di troppi treni all’alba. Sempre a causa di un treno (e dell’organizazione “a Catso”) mi perdo il loro concerto nella landa desolata di FieraMilano, ma non c’é problema, la mia attenzione inizia a concentrarsi su qualcosa che 9 mesi dopo sarà Giuditta. Piú concreto di così.
Pj Harvey – Let England shake
Alla fine, nonostante le trombette che suonano la carica nell’overdubbing di “The Glorious Land” che mi provocano ancora orrore tutte le volte che le sento, resta l’album del 2011 che ho ascoltato di più e mi ha convinto di più. Un bel ritorno per la Polly Jane.
I Cani | Il sorprendente album d’esordio de i Cani
Una volta tanto i testi prevalgono sulla musica. Vinicio Capossela, Dente o i Verdena avrebbero infatti meritato di più a livello compositivo, ma il ritratto sociologico tracciato da I Cani è così azzeccato, dissacrante ed ironico da valergli questa posizione. Un fenomeno nato sul web e arrivato nel giro di pochi mesi, alle soglie del mainstream. Facendo di colpo sembrare vecchio tutto il resto.
Black Keys – El camino
Ok, niente di sconvolgentemente (esiste questo avverbio?) nuovo sotto il cielo, ma comunque vale i megabyte che occupa nell’iPod. E stavolta i BK hanno fatto il botto per davvero, tutto esaurito per la loro data milanese tra qualche giorno.
Lykke Li | Wounded Rhymes
Per il secondo album la cantante svedese decide di spostarsi a Los Angeles e svolta decisamente in positivo, consacrandosi come fascinosa reginetta dell’indie-pop. Non abbandona le sue radici, ma si apre al mainstream con stile e grazie ad ottime intuizioni melodiche. Una voce che incanta e, nonostante vari mesi di airplay radiofonico, riesce a non stancare.
Wilco | The Whole love
É stato l’album Instagram dell’anno. Così caldo e analogico da meritarsi l’ascolto su un grammofono portatile, altro che mp3… C’é un pezzo in particolare “One Sunday Morning” che ha avuto il merito di trasformare in domenica mattina tanti lunedí pregni di sudarelle da riunione. Onore a Tweedy e i suoi per aver steso un sottile strato di velluto sopra le parole asettiche (condivisioni, allineamenti, smarcamenti, etc) che popolano spesso le giornate. Calore nella city.
Decemberists | The King is Dead
Sul genere folk genuino ho apprezzato molto anche Iron & Wine. Poi grazie alla voce di Colin Meloy hanno prevalso i Decemberists. Semplicità quasi spiazzante, tradizione, begli arrangiamenti e tutto quel che serve per farti desiderare di essere un backpackers solitario a spasso nell’Oregon. E l’armonica a bocca spacca ancora.
Black Lips | Arabian Mountain
Tra i mille gruppi “black qualcosa”, quello piú cazzone (sono in grado di sorvolare le Alpi con il potere del rock & roll!). Ad un ascolto distratto sono i Ramones. Ad un ascolto attento sono i Ramones. Non serve neanche avventurarsi in paragoni dodecafonici o avantgardistici. Sono punk e siccome sono prodotti da Mark Ronson, piacciono alle fi*he. Perció non fateli mancare nel vs lettore. Da mostrare con finto distacco alla “freschezza” seduta vicino a voi in tram.
Mogwai | Hardcore Will Never Day But You Will
L’accoppiata disco/concerto dell’anno, senza dubbio. Chi sente il bisogno di voce, arrangiamenti o cori quando si trova davanti ad un muro di chitarre avvolgente e stratificato come quello sprigionato dalla band di Glasgow? In cuffia ti fanno viaggiare a un metro d’altezza, dal vivo ti ipnotizzano i timpani. Totali.
Esclusi eccellenti da questa lista, ma comunque meritevoli di essere ricordati: Iron&Wine, Gomez, Feist, J Mascis, Beirut, Battles, Flaming Lips/Lightning Bolt, Horrors e Noel Gallagher.
E adesso passiamo all’ascolto, questa volta nostalgicamente sotto forma di cassettina: