Magazine Cinema
(12 years a slave)
di Steve McQueen (Usa, 2012)
con Chiwetel Ejiofor, Lupita Nyong'o, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti, Brad Pitt
durata: 134 min.
★★☆☆☆
Se questo è il film che con ogni probabilità farà da asso pigliatutto alla prossima notte degli oscar, due sono le considerazioni da fare: la prima, ormai è chiaro, è che la presidenza Obama ha definitivamente sdoganato un genere, lo schiavo-movie, e l'Academy non aspettava altro che una pellicola dura, solenne e sontuosa per la definitiva consacrazione. Gli era andata male l'anno scorso con il prolisso e verboso Lincoln, questa potrebbe essere la volta buona. La seconda, strettamente collegata alla prima, è che l'America si dimostra ancora una volta una nazione storicamente giovane e poco incline ad accettare il proprio passato, e questo film superficiale e ricattatorio, dispiace dirlo, non fa altro che confermare i limiti che (quasi) tutte le pellicole americane denotano in sede di analisi storica, ovvero una certa coda di paglia nel riconoscere gli errori e le atrocità perpetrate dai propri antenati...
Intendiamoci, 12 anni schiavo è un film esteticamente bellissimo: costumi, scene e fotografia sono notevoli. Una confezione impeccabile per un lungometraggio che però si dimostra falso e poco attendibile fin dalle prime battute. Steve McQueen è un regista di colore e può darsi che le sue buone intenzioni e l'innegabile trasporto personale nel trattare l'argomento lo abbiano portato a un'eccessiva caratterizzazione dei personaggi e dei ruoli (un po' come ha fatto Lee Daniels con The Butler, altro 'film a tema'). Ne esce fuori un film stereotipato e semplicistico, dove tutti i 'buoni' (i neri) sono carne da macello e tutti i 'cattivi' (i bianchi) sono spietati assassini livorosi e assetati di sangue, oltre che mentalmente instabili e perfino sessualmente repressi... Un ritratto portato all'eccesso che finisce per creare un problema ideologico importante: vedendo 12 anni schiavo, infatti, sembra quasi che la schiavitù fosse la conseguenza di una deriva mentale della razza wasp, mentre invece sappiamo bene che si trattava di una questione essenzialmente economica e legata al sistema sociale dell'epoca: gli schiavi erano indispensabili per l'economia degli stati del sud e costituivano un'enorme forza lavoro a titolo gratuito per i grandi proprietari terrieri. Abolire la schiavitù avrebbe significato la bancarotta per molti di loro, e questa fu la vera causa della guerra di secessione che si sarebbe scatenata di lì a poco.
Ma di tutto questo nel film di McQueen non c'è traccia: la storia (vera) di Solomon Northup, musicista di colore rapito dai negrieri nella Washington del 1841 e costretto alla schiavitù per dodici lunghi anni, assomiglia più a uno sceneggiato televisivo piuttosto che a un pamphlet sulla libertà e i diritti umani. La vicenda si dipana in modo lineare e senza sussulti, con scene e situazioni assolutamente convenzionali in cui fatichiamo davvero a riconoscere la regìa virtuosa che avevamo ammirato in Hunger e Shame. Questo è il principale difetto del film, aldilà dell'aspetto politico: 12 anni schiavo è una pellicola didascalica e ordinaria, sembra quasi studiata a tavolino per essere proiettata nelle scuole, senza sussulti e colpi di scena, oltre a una rappresentazione della violenza assolutamente gratuita e sensazionalistica: le numerose scene di pestaggi e torture finiscono più per schifare che indignare, colpendo più allo stomaco che al cuore. Viene il sospetto che siano state inserite più per catturare l'attenzione degli spettatori piuttosto che per effettive esigenze artistiche.
12 anni schiavo è candidato a ben nove oscar, e molte nomination (soprattutto film e regìa) ci paiono francamente esagerate, comprese quelle agli attori: il protagonista Chiwetel Ejiofor ha praticamente la stessa espressione per tutto il film, mentre il 'tedesco' Fassbender non ci pare troppo a suo agio nel ruolo... il suo personaggio più che a un latifondista del sud assomiglia a quello del gerarca nazista spietato e impotente di Schindler's List (che aveva il volto di Ralph Fiennes) con tanto di giovane schiava immolata a soddisfare le sue pulsioni sessuali (interpretata dalla sconosciuta Lupita Nyong'o, la più brava di tutte). Una grossa delusione, insomma, per una pellicola cui tutti riponevamo grandi aspettative. Con la speranza che McQueen riesca a svincolarsi prima possibile dalle logiche produttive (e commerciali) degli Studios per tornare a girare storie meno ambiziose e certamente più consone alle sue corde. Tradotto: caro Steve, ora che ti sei riempito il portafoglio, torna a fare cinema sul serio...
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