Nell'America di fine '800 un uomo nero libero viene ingannato e venduto come schiavo.
RECENSIONE
Dopo la parentesi di Shame, incentrato sull'ossessione del sesso, McQueen torna al tema della violenza, già esplorato nel suo esordio Hunger, incentrato sulle inaudite violenze subite dal dissidente politico Bobby Sands. Ancora violenze gratuite non giustificabili eppure tristemente accadute: siamo nell'America schiavista di fine Ottocento, periodo che ultimamente ha ispirato pellicole fortunate come Django Unchained e Lincoln, e la storia è quella di un uomo nero libero, ingannato e venduto come schiavo. La camera di McQueen si sofferma ancora una volta sui corpi, questa volta martoriati, dei protagonisti e indugia sulle loro sofferenze con piani sequenza che vogliono restituire tutto l'orrore. Confermandosi regista di grande impatto visivo ed emotivo, McQueen si mostra più sicuro e deciso come sceneggiatore in rapporto ai film precedenti, ma il Premio Oscar come miglior film dell'anno è in ogni caso esagerato. Resta comunque uno di quei film necessari per ricordarci quanto disumano possa essere l'essere umano. VOTO: 7,5