Sono contento che questa recensione venga pubblicata dopo l’assegnazione dell’Oscar 2014 come Miglior Film a 12 anni schiavo. Sono felice perché l’opinione che sto per esprimere va esattamente nella direzione opposta rispetto alla scelta fatta dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Mi sento come Sgarbi che per fare il picco d’ascolti è disposto a perdere la dignità sbraitando come un matto. Solo che a differenza sua, quello che sto per dire lo penso veramente.
La farò breve. 12 anni schiavo, diretto da Steve McQueen, racconta la storia vera, cominciata nel 1841, di Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), violinista di colore che vive da uomo libero con moglie e figli. Ingannato da due agenti di spettacolo, l’uomo viene ridotto in schiavitù e venduto per lavorare nelle piantagioni di cotone del Sud. Nel corso dei lunghi 12 anni che seguono, gran parte dei quali trascorsi come schiavo di Edwin Epps (Michael Fassbender), Solomon non perde mai la speranza di ricongiungersi alla sua famiglia e di riconquistare la libertà.
Il cast è molto ricco, oltre che valido, come testimoniato dall’Oscar per la migliore attrice non protagonista a Lupita Nyong’o che interpreta la giovane schiava Patsey, oggetto delle attenzioni morbose di Edwin Epps.
A me però il film non ha fatto impazzire e soprattutto non gli avrei assegnato la statuetta come miglior film del 2014. E sostanzialmente perché BASTA BASTA E BASTA sono PIENA! (cit.)
Sono PIENO dei film con Michael Fassbender, che tutti trovano un bravissimo attore (e fin qui ci posso stare) ma soprattutto un sex symbol (e qui dico il mio fermissimo no).
Sono PIENO dei film che vedono la partecipazione di Benedict Cumberbach, come se fosse ormai l’unico attore disponibile sul mercato. Con la sua faccia da alieno, tipicamente inglese, che qualcuno ha il coraggio anche in questo caso di trovare sexy.
Sono anche PIENO delle storie che riguardano lo schiavismo negli Stati Uniti e la discriminazione razziale che è senza dubbio un tema importante (“Anche io ho tanti amici schiavi, però…”), ma che ultimamente ha appassionato fin troppo gli sceneggiatori di Hollywood. È un po’ come quando a distanza di pochi mesi uscivano solo film su Biancaneve. A questo punto preferivo The Butler.
Dichiarata la mia pienezza, torniamo al film. Ovviamente non me la sento di affermare che sia un film brutto. L’impressione (personalissima) che ho avuto è che fosse un prodotto ben confezionato che tuttavia non fa gridare al capolavoro. Anzi, in molti passaggi l’ho trovato piuttosto lento e quasi noioso. Per non parlare del finale e della figura di Brad Pitt che ho sinceramente trovato imbarazzanti.
La mia idea è che un film per essere veramente bellissimo debba essere originale e spiccare o dal punto di vista della storia che viene raccontata o, in alternativa, nel modo di comunicarla. In questo caso 12 anni schiavo non rientra né nella prima, né nella seconda fattispecie.
Siccome da martedì sera, giorno del passaggio in tv de La grande bellezza, siamo ufficialmente un popolo di Santi, poeti, navigatori, CT della Nazionale e anche critici cinematografici, sono curioso di leggere che cosa ne pensate.
CHIPS e CHEAP: CHEAP sono le storie, le tematiche e gli attori triti e ritriti; CHIPS è la presenza di Betty Applewhite di Desperate Housewives, aka Alfre Woodward, una delle mie attrici preferite.
Livello di SHAZAMMABILITÀ: media. Dal punto di vista musicale, gli afro-americani hanno inventato tutto ciò che più mi piace.
Livello di BONAGGINE DEL CAST: media. Lo dico solo perché so che là fuori ci sono fan degli attori di 12 anni schiavo.
Quanto dura / quanto sarebbe dovuto durare: 134 minuti / 100 minuti. Un po’ too much.
Mi devo fermare dopo i titoli di coda per vedere la SCENA NASCOSTA o posso andare direttamente a casa? No. È un film impegnato, non aspettatevi i bloopers con gli attori che ridono nelle scene in cui prendono le frustate.
GIUDIZIO COMPLESSIVO: 3 Anne Praderio su cinque.
Il post 12 anni schiavo (del cinema), scritto da Signor Ponza, appartiene al blog Così è (se vi pare).