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Prima di prendere posto al cinema, sapevo che 12 anni schiavo era il favorito all'Oscar e che stava riscuotendo un grande successo. Ma non avevo letto recensioni o commenti che potessero influire sulla mia visione. Il risultato è stato davvero gratificante. 134 minuti con gli occhi sbarrati sullo schermo. Un turbine di brividi e anche qualche lacrima. (Ah, l'ho visto in lingua originale, quindi l'ho potuto apprezzare mggiormente).
Ispirato ad una storia vera, questo film ribalta gli standard sulla schiavitù a cui il cinema mi aveva abituato, ponendo al centro della storia un nero (Solomon Northup) nato libero, con moglie, figli e un bel po' di soldi che gli permettono di vivere una vita agiata, ma che improvvisamente si ritrova ad essere imprigionato per 12 anni, reso schiavo e sfruttato, violentato, deturpato della propria dignità. Nella prima parte, l'alternarsi delle sequenze in cui Solomon è schiavo e quelle in cui è ancora libero, ci aiuta a entrare ancora di più all'interno di questo dramma. Un attimo prima stai salutando tua moglie e i tuoi due figli che partono per qualche settimana, e l'attimo dopo sei bloccato da catene e trattato come un animale per numerosi anni a venire.
Questo è il primo lavoro di Steve McQueen che vedo, non so negli altri, ma qua ha davvero dato tanto, ma proprio tanto: una regia, perfetta in ogni inquadratura, che ci accompagna in questo viaggio infernale al fianco di Solomon, e con lui condividiamo tutto, gioria, dolore, violenza, disperazione.
È una crudeltà immane quella che il regista ci mostra, non risparmiandoci scene davvero al limite, come il momento in cui la giovane Patsy viene frustata fino ad avere la schiena totalmente distrutta (al cinema la signora fianco a me si è coperta gli occhi).
Non voglio dilungarmi ancora di più sulla regia, perché rischierei di essere ripetitivo, avete capito che la promuovo a pieni voti, voglio soltanto ricordare il primo piano su Solomon della durata di quasi 1 minuto, per me il momento top del film: un primo piano troppo potente; negli occhi di Solomon, nell'interpretazione splendida di Chiwetel Ejiofor, si legge tutto ciò che ha passato nei precedenti 12 anni, tutta la disperazione, l'angoscia, che ora si trasformano in incredulità per la prospettiva di essere finalmente liberato. Uno sguardo che dice tutto, e fa commuovere.
Voglio poi sottolineare la differenza abissale fra i due padroni a cui Solomon si trova a dover rendere conto nei suoi anni di schiavitù: William Ford (Benedict Cumberbatch) è un padrone "dal cuore d'oro", se così si può dire, perché, anche se è immorale schiavizzare un essere umano, almeno lui dimostra una certa pietà, sensibilità, e aiuto nei confronti dei suoi lavoratori.
L'altro padrone è Edwin Epps (Michael Fassbender), crudele, spietato, alcolizzato, cinico, a cui importa solo il suo cotone e il potersi divertire come meglio crede, e come divertimento ama frustare gli schiavi.
Le mentalità che questi due figure incarnano sono molto diverse: da un lato abbiamo il "bianco" che vede nella schiavitù solo un aspetto economico, un modo per migliorare i suoi affari, senza aver bisogno di essere, con gli schiavi, più crudele di quello che non sia già tenendoli di fatto prigionieri; dall'altro c'è Epps, che incarna la follia e l'inspiegabile razzismo radicato in molte persone di quel periodo, uno che odia a prescidere.
Il film, forse, paga di un abbassamento del ritmo tra la 2' e la 3' parte, ma è abbastanza congeniale alla storia: ritmo veloce, con tocchi di colonna sonora molto prorompenti, nella 1' parte, quando Solomon viene rapito e venduto come schiavo, e una parte più lenta per sottolineare di più la sofferenza del lavoro e lo sfruttamento dei neri. Il fatto del ritmo per me non ha pesato molto, e piano piano si viene trascinati verso il finale, che è stato sorprendente: non strappalacrime, con tutti vissero felici e contenti, abbracci e pianti, no. Un finale tranquillo, condensato in una scena, quando Solomon fa finalmente ritorno dalla sua famiglia, ma che dà comunque i brividi.
Son passati 12 anni. Non li vede da 12 anni. Entra in casa come se fosse un estraneo, un ospite. Chiede perdono. Ma non c'è nulla per cui debba sentirsi in colpa. La sua famiglia è ancora lì, dopo 12 anni. Ma per 12 anni è comunque rimasta nel suo cuore. Come se fossero stati ogni giorno con lui, in ogni frustata, in ogni lacrima versata.
Classico film da Oscar. Perfetto nel complesso. Scenografie, costumi, fotografia, regia, sceneggiatura, interpretazioni. Una vera bomba.
Vorrei fare un caloroso applauso al magnifico cast, soffermandomi soprattutto sulle prove di Lupita Nyong'o, davvero una performance da brividi, bravissima, me la ricorderò da ora in avanti, e ovviamente di Michael Fassbender, un MOSTRO, fa davvero paura da quanto è bravo.
Curiosità: non sapevo chi avesse scritto le Musiche, così quando ho sentito le prime note ho subito pensato al tema di Inception. Poi nei titoli di coda ho letto il nome di Hans Zimmer. Ah, ecco.