L'UNICEF combatte da sempre la piaga del lavoro minorile, che mette a rischio la salute mentale e fisica dei minori e li condanna ad una vita senza svago né istruzione. Questa agenzia delle Nazioni Unite, fondata l'11 dicembre 1946 fa una distinzione tra child labour - sfruttamento economico in condizioni nocive per il benessere psico-fisico del bambino - e children's work, una forma di attività economica più leggera e tale da non pregiudicare l'istruzione e la salute del minore.
Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, in tutto il mondo ci sono 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni che sono costretti a lavorare; fra questi 120 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni che lavorano a tempo pieno, moltissimi quelli che svolgono attività pericolose. Secondo queste statistiche le vittime delle peggiori forme di sfruttamento (lavoro forzato, prostituzione, produzione di materiale pornografico, arruolamento nei conflitti armati) sono 8 milioni. Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta ma non mancano casi anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
Tra le peggiori forme di lavoro minorile rientra anche il lavoro di strada, ovvero l'impiego di tutti quei bambini che, cercano di sopravvivere vivendo come mendicanti o raccogliendo rifiuti da riciclare, vendendo cibo e bevande o vittime dello sfruttamento sessuale.
Nei dossier dell'ILO e Save the Children si legge che il lavoro minorile è presente anche in Italia e riguarda almeno 340.000 minori sotto i 16 anni, di cui 28.000 coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza, salute e ai limiti dello sfruttamento.