Magazine Ecologia e Ambiente

12/08/2014 - Un Ambiente che aiuti la crescita

Creato il 12 agosto 2014 da Orizzontenergia

Galletti: sul Sistri si cambia, gara europea per un nuovo sistema tecnologicamente adatto
Giorgio Santilli
Un’innovazione profonda per il Sistri «con la scelta di un nuovo gestore dal 2016 e una riflessione su ulteriori semplificazioni da introdurre subito», le norme per far partire le bonifiche «e soprattutto le piccole bonifiche», i 350 milioni per il piano di efficientamento energetico di scuole ed edifici pubblici, il piano per il dissesto idrogeologico, il recepimento delle direttive europee sugli scarichi a mare «senza andare oltre le prescrizioni che vi sono contenute», i chiarimenti sul perimetro di azione del consorzio obbligatorio per il polietilene, lo sblocco delle risorse dei Riva per finanziare il piano ambientale dell’Ilva: sono tutte misure «per uscire dalla trappola della green economy e dimostrare che con l’ambiente si può fare sviluppo, aiutando le imprese ad andare verso la strada ormai inevitabile di una crescita rispettosa dell’ambiente». Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, è convinto che con la conversione del decreto legge competitività si sia imboccata la strada giusta per un rapporto nuovo fra ambiente, impresa e crescita.

Ministro Galletti, in che senso bisogna uscire dalla trappola della green economy?

Avanza la consapevolezza in tutti, famiglie e aziende, che non abbiamo futuro senza rispetto per l’ambiente. L’ambiente non è una riserva di qualcuno, oggi è un elemento determinante per raggiungere gli obiettivi della crescita e dell’occupazione.

Basta con l’idea che molte imprese inquinano e poche fanno un’attività ambientalmente virtuosa?

Il nostro ruolo è spingere sempre più imprese al rispetto dell’ambiente, nel loro interesse e nell’interesse del Paese. Ma, ripeto, è una consapevolezza che si va facendo strada. Da parte nostra, dobbiamo semplificare le norme per favorire questo cambiamento culturale e per consentire alle imprese di andare più rapidamente in questa direzione. Io non sono e non sarò il ministro del "no": semmai posso aiutare i miei colleghi dello Sviluppo economico, dell’Agricoltura e delle Infrastrutture a raggiungere i loro obiettivi. La mia impressione è che se vogliamo tornare a crescere, non dobbiamo sbagliare nulla delle politiche ambientali. C’è una forte sensibilità europea su questo tema.

Il decreto competitività va già in questa direzione?

È un primo passo importante in questa direzione. Prendo ad esempio i 350 milioni per il piano di efficientamento economico di scuole ed edifici pubblici: facciamo politica ambientale perché risparmiamo energiaenergia
Fisicamente parlando, l'energia è definita come la capacità di un corpo di compiere lavoro e le forme in cui essa può presentarsi sono molteplici a livello macroscopico o a livello atomico. L'unità di misura derivata del Sistema Internazionale è il joule (simbolo J)
, facciamo spending review cominciando a ridurre una bolletta energetica pubblica che è di 5 miliardi e si può tagliare rapidamente del 40%, favoriamo la riconversione di imprese piccole verso un’attività non particolarmente complessa, ma che ha certamente un futuro.

Ci fa un esempio di come coniugare rispetto dell’ambiente e semplificazione?

C’è tutto il tema del recepimento delle direttive Ue. È un grosso tema perché noi abbiamo molte procedure di infrazione e la linea del governo è di chiuderle. E questo decreto già lo fa.

Qual è la sua linea?

Le direttive in campo ambientale vanno recepite perché corrispondono anche a nostri obiettivi. Dobbiamo farlo però rispettando i limiti previsti nelle direttive senza porre limiti più stringenti. Per due ragioni: la prima è che quei limiti hanno una base scientifica e rispondono già a un criterio di prudenza; la seconda è che se poniamo limiti più stringenti rinunciamo a svolgere certe attività in Italia perché i nostri concorrenti saranno più concorrenziali. Quindi la linea è: recepiamo le direttive perché fanno bene all’ambiente e contribuiscono a orientare la produzione delle imprese all’ambiente, ma non andiamo oltre i parametri previsti, altrimenti assumeremmo la decisione, tutta politica, di rinunciare a certe attività.

Parliamo del Sistri. Lei ha introdotto un elemento di grande novità con il decreto competitività. Ce lo spiega?

Dico anzitutto che io condivido in pieno l’obiettivo di una piena tracciabilità dei rifiuti, soprattutto pericolosi, perché arriva dalle direttive Ue e perché in un Paese come il nostro, che ha la Terra dei fuochi, non si può fare diversamente. Questo obiettivo va centrato con un sistema tecnologicamente adatto a perseguirlo: l’attuale contratto non ci garantisce in pieno su questo punto. Quindi abbiamo deciso di chiuderlo a fine 2015 e intanto di avviare una nuova gara pubblica europea per scegliere il sistema più adatto tecnologicamente.

Intanto il 1° gennaio 2015 il Sistri diventa obbligatorio per le imprese. Ha in mente altre modifiche per semplificare?

Anzitutto diciamo che abbiamo già semplificato eliminando l’obbligo per le imprese con meno di dieci addetti. Ora abbiamo in corso una riflessione per capire se un’ulteriore semplificazione sia possibile. Semplificare è però anche qui un obiettivo strategico.

Anche per le bonifiche avete introdotto novità rilevanti sul piano delle semplificazioni.

Abbiamo velocizzato le procedure per i privati che decidono di intervenire senza intaccare la sicurezza ambientale. Questo avrà un grande impatto soprattutto per le piccole bonifiche. In sostanza abbiamo spostato le competenze del ministero dell’Ambiente alla fine del periodo, con verifiche ex post. Partiamo dal presupposto che gli imprenditori non sono inquinatori e garantiamo che possono fare tutto senza autorizzazione se restano nella fascia di massima caratterizzazione, se accettano, cioè, i parametri più rigorosi possibili. Dovranno invece chiedere le autorizzazioni se scelgono parametri meno rigorosi dei massimi.

Infine c’è l’Ilva.

Andiamo sempre sulla stessa linea. Abbiamo dato la possibilità al commissario Gnudi di sottoscrivere il prestito ponte e anche di accedere ai fondi sequestrati ai Riva per finanziare il piano ambientale. Ilva avrà ancora un futuro industriale se porrà rimedio ai danni ambientali che ha creato.


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