126. Per essere vivo

Creato il 10 settembre 2011 da Fabry2010

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Quando vedrete l’abominio della desolazione posto là dove non dovrebbe – il lettore faccia bene attenzione – allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti; chi è sulla terrazza non scenda per entrare a prendere qualcosa nella casa; e chi è andato in campagna non torni indietro a prendere il mantello.
- Ha salutato tutti: che cosa vorrà dirci?
- Shime’on, ho paura, sembra che tutto stia finendo.
Il locale è grezzo: tavolacci in legno, arazzi sdruciti appesi alla parete.
- Non insistere, Ismail. Hanno detto solo che mi avvertiranno poco prima.
- In ogni caso, Avigail, non ti mettere nei guai.
L’ulivo sembra una sequoia: quanti secoli d’ingiustizie avrà dovuto sopportare?
- Lui è così: ha bisogno di tenerci sulla corda.
- Yehouda, dove sei stato in questi giorni?
I profeti, nei quadretti, sono tristi.
- Myriam, Yehochoua è preoccupato: io avvertirei la polizia.
- E’ inutile, Chochana: se hanno deciso di ucciderlo, la polizia è con loro.
Guai a quelle che in quei giorni saranno in cinta o allatteranno! Pregate affinché ciò non avvenga d’inverno, poiché quei giorni saranno una tale tribolazione, quale non vi fu mai dal principio della creazione sino a ora, né vi sarà giammai.
- Sono stato a pregare, per capire come muoverci.
- Con quale risultato?
Forse, più che una sequoia, è un vecchio dai capelli bianchi e inamidati, che ne ha viste troppe per illudersi di nuovo.
- Salvare qualcuno non vuol dire mettersi nei guai: e io lo salverò.
- Ascolta, Avigail, sai che ti amo: non posso lasciarti commettere pazzie.
Un gruppo di ragazzi si passa di mano in mano le foto di un’uscita precedente.
- Sembra un destino irrevocabile, Myriam: allora è tutto scritto?
- E’ scritto per chi legge la storia da un’altra angolazione.
La luce, al di là della finestra, è un corpo di donna addormentato.
- E’ il momento di agire, di rischiare tutto; il mondo non si cambia senza una spinta, una provocazione.
- Tu che suggerisci?
No, è un tappo di sughero che dovrà saltare per celebrare un’epoca diversa che comincia.
- Pazzia è non vivere, rinchiudersi in un’idea di sicurezza che ti consuma giorno dopo giorno.
- In fondo sei la stessa, Avigail: sempre sul filo del rasoio.
Ce n’è uno che guarda verso il basso: a che starà pensando? Cosa si pensa prima di morire?
- Qual è l’angolazione giusta per leggere la storia?
La linea della schiena, la curva delle natiche, il bianco affusolato dei polpacci.
- Di non tirarci indietro.
Nei festeggiamenti c’è sempre un velo di tristezza.
- E’ vero: per essere vivo, devi prima accettare di morire.



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